ALPINISMO IN APPENNINO CENTRALE – IL GRAN SASSO
Parte prima – dal 1573 al 1940
Di Massimo Marcheggiani
Massimo Marcheggiani, classe 1952, Accademico e profondo conoscitore delle vicende e dell’ambiente del Gran Sasso, sulle cui pareti ha tracciato e ripetuto innumerevoli itinerari, fissa in queste pagine la storia alpinistica di questo importante Gruppo montuoso.
Oltre cinque secoli fa.
Abruzzo, terra di mare e soprattutto di montagna.
Entroterra scarsamente popolato, villaggi spesso isolati nelle campagne e figuriamoci sulle montagne.
Vita dura, fatta di pastorizia e agricoltura, pecore a milioni e boschi infiniti. Praticamente poco altro. Villaggi molto spesso “nascosti” sulle montagne agli occhi di briganti e razziatori di ogni bene che la terra dà.
Il Corno Piccolo da Nord con i sottostanti ripidi Prati di TivoTeramo e Aquila (oggi L'Aquila) ambedue città di antica storia sono i due centri principali divisi tra loro da una grande catena di montagne ma uniti dal reciproco scambio di merci. Un mercato ambulante che vede l'attraversamento della grande montagna che li divide. Merci portate a dorso di muli, asini o sulle spalle, fatiche bestiali in cambio di soldi. Fatiche bestiali perché la montagna la attraversano al Passo della Portella, e chi sa dove sta si renderà conto di cosa significasse.
Aquila nel 1500 ha una posizione strategica per svariati motivi, principalmente militari. Un Capitano, ingegnere militare bolognese esperto in fortificazioni, vi risiede da tempo per conto di Margherita D'Austria figlia dell'imperatore Carlo V.
Ora, con tutto il rispetto per Balmat e Paccard e sperando che non se la prendano a male, 213 anni prima della loro salita alla massima vetta del Monte Bianco qualcuno fece dell'alpinismo non sulle alte vette alpine, ma bensì in Italia centrale, ed esattamente su una montagna appenninica.
Il “Capitano” Francesco De Marchi, di ben 69 anni, per motivi immagino strategici e di opportunità militare salì, nell'agosto del 1573, la più alta vetta dell'intera catena appenninica. Assoldati due cacciatori di camosci oltre che pastori nel villaggio dell'attuale Assergi e in compagnia di due altri amici, probabili militari anch'essi, risalgono a cavallo (i militari) fin dove possibile, poi necessariamente a piedi superano l'angusto e ripido Passo della Portella per poi scendere all'attuale Campo Pericoli. Oltre questo, il gruppo sale lungo desolate e assolate pietraie, ripide rocce e infine, non sappiamo esattamente per dove, il Capitano Francesco De Marchi diventa il primo salitore della massima vetta appenninica: Il Gran Sasso D'Italia, allora semplicemente chiamato dai villici abruzzesi Monte Corno, a 2912 metri sul mare. Il Capitano incide a scalpello il suo nome, ormai invisibile, a suggello della sua salita e annota che si trova più in alto di qualsiasi altra montagna che lo circonda, che volteggiano in aria aquile, sparvieri e falconi. Annota la presenza sotto i loro piedi di una grande e ripida distesa di neve (il ghiacciaio del Calderone) e di una infinita e immensa pianura con massiccia presenza di pecore (Campo Imperatore). Non ultimo scrive che non lontano “Con somma maraviglia” si vede il mare (Adriatico). A cosa possa essere servito in seguito aver scalato la montagna non ci è dato sapere, rimane però il fascino di poter pensare cosa possano aver provato, il Capitano e i suoi seguaci, a superare il limite dei luoghi dove la vita aveva senso e logica.
Un salto di centinaia di anni, durante il quale la parte alta della montagna ricade nel suo naturale oblio fatto di camosci e rari cacciatori ad eccezione di altre sporadiche presenze “alpinistiche” (Tra i pochi Orazio Delfico e Pasquale De Virgilis, seconda meta del '700) ci porta oltre la metà del 1800, quando l'interesse per la salita delle vette è diventata ormai moda, facilitata da “villici” o “guide cosiddette” al soldo di borghesi in cerca di prestigio tanto sulla catena alpina quanto in Appennino dove il massimo interesse è per i 2912 metri del Gran Sasso e le sue numerose cime circostanti.
Il Corno Grande visto dalla piana di Campo Imperatore
I britannici, che tanto si distinguono sulle Alpi, vengono a conoscenza di questa montagna dalla quale al mattino si vede distintamente il mare Adriatico. Il primo anglosassone a visitare la massima vetta appenninica è nientemeno che Douglas Freshfield, già autore di diverse salite ed esplorazioni in Asia. Nella primavera del 1875 dopo un lungo pellegrinare insieme alla sua guida francese Francois Devouassoud tra le Alpi Apuane e interminabili viaggi in treno, in diligenze e calessi arrivano al microscopico villaggio di Casale San Nicola, esattamente ai piedi del versante orientale della montagna e ad appena 660 m. sul mare. Vengono ospitati dal canonico del paese da cui attingono informazioni sulla grande montagna. Dal villaggio, salendo in parte di notte si avviano lungo il fianco destro della grande montagna sovrastati dall'immensa muraglia del cosiddetto (oggi) Paretone.
Tra chiazze di neve e numerosi camosci entrano nel grande Vallone delle Cornacchie, rasentano per intero la verticale parete Est del Corno Piccolo e, ancora più in alto, lungo una scoscesa cresta rocciosa nella tarda primavera del 1875 ed in sole sei ore l'intraprendente Freshfield e il fido Devouassoud toccano la vetta Occidentale del Gran Sasso, oltre 2000 metri dal loro punto di partenza, senza tracce di sentiero e pendii nevosi scalinati dalla brava Guida. Ammirano il mare Adriatico, le articolate pareti, il sottostante ghiacciaio del Calderone: “Il Grande Corno è una vera montagna” dice l'inglese al francese. Dopo una dovuta pausa, in sole due ore e più veloci dei camosci fanno ritorno a Casale San Nicola.
Il Gran Sasso diventa sempre più meta ambita, il CAI di L'Aquila ospita nel 1875 il congresso nazionale del sodalizio e la sempre più intensa frequentazione della montagna porterà in seguito alla costruzione del primo rifugio nella conca di Campo Pericoli ad opera del CAI di Roma, intitolato poi a Giuseppe Garibaldi nel 1886. La scelta logistica si rivelerà in seguito fortemente infelice poiché il rifugio nella stagione invernale viene costantemente e completamente sommerso dalla neve.
Il 1880 vede la prima salita invernale del Corno Grande. E' gennaio e due “nomi illustri” si avventurano salendo dal villaggio di Assergi, sotto il versante sud della montagna. Di solito si saliva con l'ausilio di muli e cavalli fin dove possibile, ma l'inverno questo non lo permette di certo. Due giovanissimi cugini del primo ministro e fondatore del CAI Quintino Sella, Corradino e Gaudenzio Sella accompagnati da “presunte guide” locali tra cui Giovanni Acitelli (diversi itinerari oggi portano il suo nome) si inerpicano lungo i ripidi pendii innevati e ghiacciati. Della comitiva uno solo, Corradino, è attrezzato di piccozza e grossolani ramponi mentre gli altri si arrangiano come possono e le “guide” si affidano ai loro famosi “clienti”. Lungo quella che oggi è la via normale del Gran Sasso, tutti arrivano in vetta. I Sella restano stupiti e ammirati alla vista del mare Adriatico, cosa mai vista da nessun'altra montagna da loro salita e ammirano, data la giornata fredda e tersa, la Maiella, i monti Sibillini, il Velino, il lontano Terminillo e non ultima l'immensa, bianca distesa di Campo Imperatore.
Da sin. Vetta Orientale, Vetta Centrale, Torrione Cambi e parte della Vetta Occidentale; la prima traversata è del 1910 Venti ore dopo aver lasciato Assergi la piccola comitiva vi fa ritorno ed in seguito non mancheranno di scrivere elogi sulla bellezza della montagna accompagnate da critiche benevole sulla inadeguata preparazione delle guide, incapaci di affrontare la montagna d'inverno.
Numerose altre cime piuttosto semplici del massiccio abruzzese vengono salite e risalite; scalare montagne, anche se riguarda ancora una umanità più che benestante, si diffonde sempre più, per moda o ambizione personale ma comunque sia è un'umanità che cresce, si confronta e tecnicamente evolve. Una sola di queste montagne resiste ancora inviolata, ormai ambita data la sua forma ardita: ovunque la si guardi spaventa gli alpinisti dell'epoca. Ripide e insormontabili pareti ed erti e angusti canaloni sono l'ostacolo da superare. Si chiama Corno Piccolo ed è la più bella vetta rocciosa del Gran Sasso. Dalle forme eleganti e una roccia formidabile è tutt'ora la montagna più frequentata dagli scalatori e dagli escursionisti esperti.
Sulle montagne della catena alpina si parla già di quarto e quinto grado di difficoltà, mentre al Gran Sasso si è ancora a livello di escursioni, lunghe e complicate ma pur sempre escursioni. I primi un po’ più intraprendenti sono il già noto Giovanni Acitelli di Assergi ed Enrico Abbate, romano e segretario della sezione CAI capitolina. Abbate con Acitelli come guida sono dunque i primi a osare e riuscire nell'impresa. Salgono dal versante Nord. Dal villaggio di Pietracamela con i muli raggiungono la località Prati di Tivo: da qui a piedi salgono gli interminabili e ripidissimi pendii erbosi che dai Prati portano alle prime rocce levigate della parete Nord. Lungo un profondo e roccioso canale escono in alto su una grande comba di detriti ed erba sottostante la vetta. Da qui i due piegano decisamente verso Ovest raggiungendo una facile cresta e lungo questa la vetta. Abbate relaziona la salita e parla di secondo grado, ma a prescindere dalla difficoltà apre, e con lui Acitelli, le porte all'alpinismo di avventura. Giornata lunghissima quella del romano e dell'abruzzese: saliti appunto dai Prati di Tivo i due scendono dalla vetta di 2655m. non sappiamo esattamente come, lungo la profonda Valle dei Ginepri, poi seguono in discesa la valle Maone e fanno ritorno a Pietracamela lungo il fosso del Rio Arno, immagino stravolti di stanchezza. Fare ancora oggi un giro del genere risulta infinito e presuppone grandissima resistenza anche se non ci sono più segreti di orientamento. I fianchi “difficili” quindi cominciano a capitolare; il protagonista principale è Giovanni Acitelli. Nel 1892 insieme a Orlando Gualerzi sale l'inviolata vetta Centrale del Corno Grande con astuta arrampicata. Sempre con Gualerzi, Abbate e C. Gavini compie la prima invernale del Corno Piccolo nonostante la scarsa attrezzatura ed esperienza. Ancora Acitelli con Gualerzi, Gavina e V. Ribaudi salgono d'estate la parete Sud della vetta massima del Corno Grande lungo la via chiamata “direttissima”, ad oggi la più frequentata in assoluto da chi vuole usare oltre i piedi anche le mani. L'inverno successivo vede ancora l'immancabile guida di Assergi accompagnare Gualerzi e E.Scifoni nella prima invernale alla Vetta Orientale, seconda cima più alta del massiccio. E' ormai la fine dell'800 e le guide abruzzesi lavorano molto con i signori, sopratutto romani. Vista la massiccia frequentazione della montagna e la illogica ubicazione del rifugio Garibaldi, la sezione di Roma si adopera di nuovo per la costruzione di un rifugio costruendolo sullo spartiacque tra Campo Imperatore e Campo Pericoli. Il nuovo rifugio eretto nel 1908 e dedicato al Duca degli Abruzzi è in posizione diametralmente opposta al Garibaldi: posizione molto panoramica sulla cresta della Portella ma di contro esposto a violenti venti tipici del Gran Sasso e totale assenza di acqua.
Le quattro vette del Corno Grande e il ghiacciaio del CalderoneI primi 20/30 anni del '900 vedono diverse interessanti realizzazioni. Nel 1910 due austriaci danno un altro notevole impulso alla ricerca di itinerari sempre più complessi. I due alpinisti d'oltralpe Schmidt e Riebeling compiono la lunga e articolata traversata delle tre vette del Corno Grande: passata la notte al rifugio Garibaldi raggiungono la vetta Occidentale, da questa percorrono l'articolato filo di cresta in discesa che li porta alla Forchetta del Calderone, poi tramite un marcato camino sembra che salgano in vetta al Torrione Centrale (oggi T. Cambi, ma di questa loro salita non si ha assoluta certezza) scalano poi la Vetta Centrale, ne discendono il breve fianco Est e per finire sono sulla vetta Orientale a 2903 m. Questa traversata in continuo sali-scendi è ancora oggi una stupenda, panoramica e tutt'altro che banale ascensione che, volendo, si può integrare e completare con la salita del Torrione Cambi quasi sempre evitato lungo un tipico “terrazzo” sospeso sopra il ghiacciaio del Calderone. Di norma non la si percorre quasi mai dall'Occidentale alla Orientale bensì al contrario, percorso molto più logico e sicuro. La traversata, di difficoltà medio bassa, necessita però di intuito nella scelta del percorso, sapersi muovere su roccia anche friabile e stabilità meteorologica.
Quasi in risposta agli austriaci la guida Francesco Acitelli insieme al romano Paolo Haas sale l'infinito canalone che porta oggi il loro nome. Questa salita inizia dalla isolata e remota Valle dell'Inferno e con un percorso non difficile e molto evidente conduce, dopo 1200 metri di salita sulla Vetta Orientale. La vetta ancora inviolata (?) del Torrione Cambi viene salita nel' '14 dalla Guida F. Acitelli con A. Allevi e E. Gallina. In questi anni la SUCAI di Roma torna ad una sua continua presenza sulla montagna, firmando diverse prime salite ormai senza, o quasi, l'appoggio delle guide. Nell'immediato dopoguerra 15/18 i romani C. Chiaraviglio e E. Berthelet salgono per primi l'articolata cresta Sud del Corno Piccolo, altro magnifico itinerario costantemente sospeso sulla precipite parete Est. Fa in seguito furore la salita della più grande, isolata e selvaggia parete dell'intero massiccio del Gran Sasso e di tutto l'Appennino Centrale, oggi conosciuto come “Il Paretone”.
La splendida cresta Nord Est del Corno Piccolo salita da Jannetta e Bonacossa l’1 novembre 1923Un giovane e intraprendente romano (di adozione) si distingue su tutti decretando la stagione dell'alpinismo senza guide anche su grandi itinerari. Nel '19 Enrico Jannetta, ex tenente degli alpini, apre una nuova via sul Torrione Cambi alzando ancora, anche se modesto, il livello di difficoltà. Nell'estate del '22 prende forma però la sua più importante impresa alpinistica dell'epoca; Enrico Jannetta, insieme a cinque coetanei parte in corriera da Roma fino ad Assergi. Il gruppo dei sei ragazzi attraversa il massiccio del Gran Sasso e dopo quattro giorni dalla partenza raggiunge infine con tende, coperte, cibo e materiale alpinistico la base della immensa parete Est della vetta Orientale. Qui c'è un piccolo corso d'acqua e si fermano per riposare un giorno intero. All'alba del sesto giorno i sei giovani e coraggiosi ragazzi, legati in due cordate da tre affrontano un terreno vasto e ricco di incognite tra canalini, pendii erbosi, placche di roccia a volte friabile e a volte ottima. Scalano ricchi di coraggio e determinazione; la parete è immensa e isolatissima. Un lungo traverso obliquo verso destra con sulla testa gli immensi strapiombi della Farfalla (oggi e non allora chiamata così) porta i ragazzi alla base di slanciati ed evidentissimi pilastri. Li evitano ovviamente continuando nell’interminabile obliquo verso destra da dove, dopo infinite 14 ore di arrampicata e 1500 metri di parete sotto il sedere, escono finalmente in cima alla vetta Orientale. E' un fulmine a ciel sereno perché mai prima di allora si era osato tanto. La via Jannetta al Paretone, con i suoi 1500 metri di sviluppo ancora oggi viene ripetuta ma mai frequentemente. E' senza dubbio, a prescindere dalla bassa difficoltà, un ingaggio di tutto rispetto.
Il Paretone del Gran Sasso e la via Jannetta del 1922L'instancabile Enrico Jannetta nello stesso anno è il primo a superare la impervia e ripida parete Est del Corno Piccolo. L'anno seguente, insieme al conte piemontese Aldo Bonacossa apre una lunga via sulla cresta Nord e il giorno seguente l'articolata cresta Ovest della stessa montagna. Un altro importantissimo merito di Jannetta è la precedente scoperta e valorizzazione della palestra di arrampicata del Monte Morra sui monti Lucretili non particolarmente lontani dalla capitale e che in seguito e per quasi 60 anni sarà il riferimento maggiore per intere generazioni di scalatori, in grandissima parte romani.
Gli Aquilotti del Gran Sasso nel 1925E' dell'estate del 1925 la prima solitaria, e forse la prima in assoluto di un certo rilievo, della traversata delle tre (o quattro?) vette del Corno Grande da parte di Giuseppe Bavona che desta un interesse generale, tanto che in seguito ci saranno altre diverse solitarie della bellissima traversata. Oltre lo specifico Corno Grande e Corno Piccolo c'è un’ altra imponente ma secondaria parete che attira gli sguardi di altri due giovani scalatori. Sono Alberto Herron e Piero Franchetti a superare per primi nel 1927 la grande bastionata del Pizzo Intermesoli, che si innalza ripida dalle pendici della tranquilla e amena Valle Maone. I due superano una profonda e lunga spaccatura che divide il secondo dal terzo Pilastro. La via oggi pressoché ignorata termina, come tutte le successive vie aperte in seguito, su dei ripidi prati e rocce friabili sottostanti la vetta.
La montagna, che aveva già visto alcune salite invernali inaugurate dai due cugini Sella, desta nuovamente interesse. Va detto che fino ad allora le salite erano state piuttosto semplici, risalendo vie normali e quindi pendii o semplici e larghi canaloni. E' nell'inverno del 1929 che finalmente si tenta una scalata tecnicamente più impegnativa, dando il via ad un alpinismo molto più avventuroso di quanto non sia stato fatto precedentemente.
Mario Cambi e Paolo Cichetti durante l’invernale alla cresta Sud del Corno Piccolo, 12 Febbraio 1929Due ragazzi poco più che ventenni, ma già tra i più bravi e intraprendenti della SUCAI di Roma, Mario Cambi e Paolo Cichetti partono dalla capitale in corriera arrivando ad Assergi il giorno stesso del funerale della nota guida alpina Giovanni Acitelli. L'8 febbraio si avviano quindi verso la montagna già abbondantemente coperta di neve ( l'inverno 1928/1929 verrà censito come uno dei più freddi e nevosi del secolo) nonostante una meteo incerta, e arrivano, probabilmente superando il Passo della Portella, al rifugio Garibaldi. Questo è sommerso di neve e lo trovano oltretutto con la porta aperta; l'interno è invaso di neve. Manca una pala e non riescono a liberare la porta, il camino non funziona e non riescono ad accendere nemmeno un po' di fuoco. Passano la notte come se stessero all'aperto. Il 9, a giorno già avanzato, si avviano lungo pendii colmi di neve verso la Sella dei due Corni superando il Passo del Cannone. Nonostante il forte ritardo sulla ipotetica tabella di marcia Cambi e Cichetti non demordono e dalla sella attaccano le rocce della via Chiaraviglio – Bertelhet. Questa, facile d'estate è letteralmente trasformata e la salita risulta difficilissima e penosa. I due ragazzi stanno inanellando errori su errori. Nel frattempo perdono uno zaino, uno dei due (Cambi) non ha più guanti ma nonostante tutto continuano verso la vetta. Solo poco prima del tramonto, ancora lontani dalla meta decidono di arrendersi. Riescono a tornare alla sella che è già notte. Oggi noi ci chiediamo perché, invece che tornare al rifugio, lontanissimo e stremati e mezzi congelati, non siano scesi per il facile Vallone delle Cornacchie e senza difficoltà alcuna raggiungere l'albergo in costruzione a sole un paio d'ore di cammino e qui trovare rifugio per poi scendere facilmente a Pietracamela.
No, invece dopo aver cercato e recuperato lo zaino perso risalgono faticosamente al Passo del Cannone, attraversano la Conca degli Invalidi e infine a notte fonda il Garibaldi. Tutto con la neve oltre le ginocchia. Togliendo gli scarponi realizzano di avere ambedue avanzati stati di congelamento ai piedi e Cambi ad una mano. Il 10 restano fermi, non riescono a calzare gli scarponi e fuori si è scatenata una tormenta che accumula neve su neve. L11 febbraio non cambia nulla e restano fermi, senza ormai cibo e infreddoliti fino alle ossa. Il 12 non hanno più alternativa: scavano con le mani un pertugio per uscire dal rifugio letteralmente sommerso dalla neve e tentano disperatamente di scendere a Pietracamela. La marcia è assolutamente penosa, Mario Cambi non ce la fa più, si ferma e muore di stenti tra le braccia del suo amico Cichetti non può fare altro che provare a salvarsi, continua la sua disperata discesa ma è arrivato alla fine di ogni più piccola risorsa fisica. Crolla nella neve fonda anche lui, nel bosco a ormai due soli chilometri dal piccolo paese. Le ricerche dei due si avviano quanto prima ma senza esito. Cichetti viene ritrovato intorno al 20 Febbraio. Il corpo di Mario Cambi verrà invece ritrovato molto più in alto, soltanto nel mese di aprile. La ricostruzione di questo primo, tragico e drammatico evento si è resa possibile grazie ad alcuni scritti che i due sfortunati ragazzi hanno lasciato nel rifugio Garibaldi, scritti che fanno pensare avessero ormai sentore della loro imminente fine.
L'alpinismo in Abruzzo e in centro Italia in quegli anni viveva di una notevole inferiorità sia tecnica che culturale in confronto all'enorme e intraprendente movimento che cresceva sulle Alpi dove italiani, tedeschi, austriaci e francesi si rincorrevano e sfidavano nella soluzione di già grandi problemi. Basti pensare al sesto grado della via di Solleder e Lettenbauer sulla immensa parete nord Ovest del Civetta salita nel 1925 confrontandola con quanto scritto sopra, dove il quarto o il quinto grado non si sapeva ancora cosa fossero. Per quanto riguarda invece l'alpinismo invernale degli anni a seguire aprirò un capitolo a parte.
Corriere in partenza da Isola del Gran Sasso. Sullo sfondo la parete ECi pensano alpinisti aquilani a colmare, anche se con l'evidente ritardo, il gap tecnico ormai in continua evoluzione sulle Alpi quando le “grandi” scalate al Gran Sasso erano ancora limitate alla salita di Jannetta al Paretone e oggettivamente poco altro. I fratelli Domenico e Dario D'Armi, insieme a Manlio Sartorelli nell'estate del 1931 salgono in due giorni la lunga e imponente cresta Nord della vetta Orientale, che con i suoi 1150 metri fa da spartiacque tra il Paretone e il vasto Vallone delle Cornacchie; salgono dalla base superando un ostico camino con un breve tunnel, oltre una marcata cengia (cengia dei fiori oggi) seguono la non lineare cresta con problemi di orientamento, fatta di muri, creste, camini di roccia mai particolarmente solida ma innalzano improvvisamente il livello tecnico fino al quarto grado, con un verticale muro che sfiora il quinto. Domenico D'Armi era senz'altro il migliore tra gli alpinisti abruzzesi ormai molto presenti sulla grande montagna, mentre i romani, forse memori della precedente tragedia sono di nuovo quasi assenti. Domenico, detto “Mimì” D'Armi sembra quasi scatenarsi nel realizzare prime salite e ad affrontare difficoltà senza timori reverenziali.
La Punta dei due e sullo spigolo la via di Gervasutti Bruno Marsili, futuro medico condotto di Pietracamela (poi medico in alcune spedizioni abruzzesi in Himalaya negli anni dopo la guerra) e D'Armi aprono una elegante via su un evidente torrione chiamato in seguito Punta dei Due in loro onore. Ancora D'Armi nel '33 apre con Antonio Giancola lo spigolo Sud Sud Est della vetta occidentale (oggi ripetutissimo) con un passaggio che fa pensare ad un ipotetico sesto grado, cosi come nella salita della via dei Pulpiti alla Vetta Centrale aperta dagli stessi nel '34 con difficoltà complessive maggiori rispetto allo spigolo, sfiora o raggiunge il fatidico sesto grado. A introdurre ufficialmente questo mitico grado è nientemeno che “il Fortissimo” Giusto Gervasutti che insieme al conte Bonacossa sale l'aereo spigolo della Punta dei Due. A tale proposito va detto che il passaggio più duro della via dei Pulpiti non è affatto inferiore al sesto grado di Gervasutti.
Se dal versante aquilano D'Armi ha il suo da fare, di contro dal piccolo paese di Pietracamela non stanno certo con le mani in mano. Già nel 1925 l'allora medico condotto e alpinista Ernesto Sivitilli fonda, diversi anni prima dei Ragni di Lecco e degli Scoiattoli di Cortina, il gruppo “Aquilotti del Gran Sasso” riunendo intorno a se alcuni ragazzi del paese e li introduce all'alpinismo. In uno sperduto villaggio lontano da tutto e tutti Sivitilli porta una ventata di rinnovamento sportivo e culturale. Tra gli “Aquilotti” i più intraprendenti si chiamano Bruno Marsili, Antonio Giancola, Antonio Panza che apriranno importanti itinerari, ancora oggi ripetuti per logica ed estetica.
Nel massiccio del Gran Sasso, verso il termine della catena orientale troneggia il Monte Camicia. Con la sua tetra e friabile parete Nord sovrasta il paese di Castelli, da sempre antagonista di Pietracamela. Era opinione comune che la vasta e repulsiva parete in questione fosse impossibile. A mettere in discussione “l'impossibile” ci pensa l'intraprendente Bruno Marsili con il forte Antonio Panza. Nel mese di ottobre del '34 i due affrontano decisi la parete. Un dedalo di canalini, balze rocciose miste ad erba, pilastrini di dubbia tenuta e tanti sfasciumi creano difficoltà non tanto di grado quanto di intuito e attenzione, la roccia friabile non garantirebbe affatto la tenuta di un volo. Marsili e Panza superano infine un facile canale sotto una fastidiosa pioggia ma dopo 2000 metri di arrampicata giungono finalmente in vetta. Non sia mai!!! I pochi scalatori di Castelli e paesani vari non vogliono assolutamente credere che i due di Pietracamela possano aver superato l'immensa parete, non è possibile! In paese vengono addirittura derisi e presi per sbruffoni. Anche a Teramo in ambiente CAI nessuno crede a Marsili e Panza. Toccati nell'orgoglio abruzzese il 15 di agosto del '36 Marsili e Panza si portano di nuovo sotto la Nord con tanto di testimoni. I due “Aquilotti” scalano di nuovo l'intera parete e a conferma e dispetto dei castellani, lasciano un evidente drappo rosso molto in alto. La prova inconfutabile della loro impresa, che verrà ripetuta per la prima volta soltanto 31 anni dopo dai forti ascolani Francesco Bachetti e Giuseppe Fanesi.
Pochissimi anni dopo, il 10 giugno del 1940 da un balcone di Piazza Venezia a Roma un uomo al potere porta l'Italia intera in una devastante guerra e l'alpinismo viene momentaneamente messo da parte.
Foto Archivio M. Marcheggiani
Convegno Nazionale CAAI – Genova 8 ottobre 2022
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Elenco degli interventi
0:00 - Saluto del Presidente Gruppo Occidentale, Fulvio Scotto
5:00 - Saluto del Sindaco di Genova, Marco Bucci
9:40 - Saluto del Presidente Generale CAAI, Mauro Penasa
L’ALPINISMO NIZZARDO, DALLA COSTA AZZURRA ALLE MARITTIME E OLTRE
19:50 - Dal De Cessole a Patrick Berhault – relatore Fulvio Scotto
33:40 - Intervento di Jean Gounand
45:25 - Il dopo Berhault – relatore Matteo Faganello
55:45 - Intervento di Stephane Benoist
PROFETI IN PATRIA, GLI ALPINISTI CUNEESI SULLE MONTAGNE DI CASA
1:04:20 - Relatore Michele Perotti
1:23:20 - Intervento di Cege Ravaschietto
LUPI DI MARE AMMALIATI DAI MONTI, L’ALPINISMO GENOVESE/LIGURE
1:32:50 - Relatore – Alessandro Gogna
2:10:20 - Relatore – Andrea Parodi
UNA PARETE TUTTA PER SÉ, APPUNTI DI ALPINISMO FEMMINILE
2:26:55 - Relatrice Linda Cottino
2:32:00 - Interventi di Betty Caserini e Alice Arata
ALPINISMO E ARRAMPICATA SPORTIVA
3:06:30 - Relatore Giovannino Massari
3:32:25 - Intervento di Matteo Gambaro
DAL GHIACCIO D’OC ALLA MODERNA SCALATA SU MISTO
3:47:30 - Piolet traction sulle montagne cuneesi – relatore Anselmo Giolitti
4:15:15 - Intervento di Massimo Piras
4:24:45 - Il Mercantour e le Alpi Apuane – relatore Matteo Faganello
4:49:50 - Intervento di Massimo Piras
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di Marco Conti - CAAI Gruppo Occidentale
Compito non semplice riassumere in quattro parole la lunga, quanto interessantissima giornata di sabato 8 ottobre, che ha caratterizzato il Convegno Nazionale del CAAI, nella splendida e sontuosa cornice del Palazzo Ducale di Genova, incastonato tra l’elegante Piazza Matteotti e la spettacolare Piazza De Ferrari, nel centro di una Genova pullulante di gente e di turisti in una veste più che mai estiva .
Gounand, Scotto, Faganello e Benoist - foto CalviSala meravigliosamente accogliente ed ovviamente al completo per una carrellata infinita di interventi, temi e personaggi dalle caratteristiche e dal temperamento più svariati.
Dalle parole di presentazione ed accoglenza del sindaco di Genova Marco Bucci, lui stesso con precedenti alpinistici quali uno Sperone della Brenva, all’attenta analisi introduttiva del Presidente Generale del CAAI, Mauro Penasa. Fra i tanti punti toccati, Penasa ha evidenziato l’attuale e piuttosto preoccupante situazione in cui si trova in particolare il nostro Gruppo, quello Occidentale per intenderci, all’interno del quale l’età media dei componenti è oramai attestata da tempo sopra i 60 anni, con scarsa partecipazione dei giovani, vuoi per il mancato interesse al sodalizio, vuoi per una lamentata scarsa apertura verso l’esterno e soprattutto verso le nuove generazioni. Questa realtà era già emersa ed era stata messa in evidenza nella precedente ed animata Assemblea di Gruppo tenutasi in Val Varaita lo scorso autunno, nata e voluta a seguito anche di un animato e combattuto “scontro” epistolare nell’estate precedente fra alcuni componenti del Gruppo.
Il convegno è poi entrato nel vivo del tema, con un excursus ampio e dettagliato, avviato dal nostro presidente di Gruppo Fulvio Scotto, che nel breve tempo disponibile, ha ripercorso la più pura e antica storia dell’alpinismo e dell’arrampicata sulle Alpi del Sud , narrando ed appoggiandosi ai ricordi di Gounand (intervenuto fra gli ospiti stranieri ) con tutto o quasi il panorama “nizzardo”. Sono seguite le imperdibili testimonianze storiche di Gogna con i nomi più rappresentativi del panorama ligure (Calcagno, Vaccari, Montagna, Villaggio, per citarne alcuni). La parola è poi passata ad Andrea Parodi, profondissimo conoscitore delle Alpi del Sud, con una carrellata infinita di luoghi e prime salite, fino alle generazioni più recenti. L’analisi attenta e allo stesso tempo più leggera e scanzonata dell’alpinismo cuneese è stata fatta dalla guida Michele Perotti con la testimonianza di uno dei suoi maggiori protagonisti di sempre: “Cege ” Ravaschietto.
foto N. Villani
Misto nel Mercantour - Foto Faganello
Giova Massari
Splendida e quanto mai eccezionale la parentesi “nizzarda” con la testimonianza diretta e le incredibili realizzazioni di Stéphane Benoist a rappresentarne i vertici dell’alpinismo non solo nizzardo ma direi internazionale (basti citare la sua candidatura a due Piolet d’Or e la vittoria nel 2014 per comprenderne lo spessore). Benoist ha chiaramente descritto con parole e immagini alcuni dei suoi innumerevoli exploit, dapprima sulle Alpi e poi sulle montagne più recondite del pianeta, sempre in stile alpino ed estremamente leggero, testimoniando ai presenti che la strada maestra per il grande alpinismo è tutt’altro che finita; spetta solo alle nuove generazioni perseguirne gli intenti nel pieno rispetto di un’etica rigorosa e rispettosa verso la storia e le nuove tecnologie a disposizione.
Misto nel Gruppo del Mercantour -foto Faganello
La Fenice
"Cege" Ravaschietto
Il folto pubblico presente al Convegno
Sergio Savio
betty e alice
Si è poi “scesi” si fa per dire, alle strutture di valle ed al mondo dell’arrampicata moderna di alto livello con la storia e l’evoluzione della stessa nelle parole di un sempre innamorato “Giova” Massari, che ha evidenziato le interazioni tra alpinismo classico e arrampicata/alpinismo sportivo, fino ad arrivare alle ultimissime realizzazioni raccontate da Matteo Gambaro, dalle gare alle multipich di altissimo livello.
Non poteva mancare la parentesi tutta al “femminile” con la testimonianza di due splendide protagoniste dell’alpinismo italiano, la guida alpina Betty Caserini e la collega Alice Arata fresca di promozione; lungi dalla definizione, oramai considerabile sessista di “alpinismo femminile “come sottolineato un po’ polemicamente da una brillantissima Linda Cottino, relatrice per questo capitolo del convegno.
Apuane d'inverno - foto Faganello
Infine la lunga, cavalcata “piccozze alla mano” fra le più interessanti goulotte e cascate delle Alpi meridionali, dal Monviso al Mar Ligure e giù fino alle Apuane, con gli interventi di Anselmo Giolitti, Massimo Piras e un brillantissimo Matteo Faganello, con le ultime e interessantissime realizzazioni nella zona del Mercantor, ai più misconosciute.
Sono poi scorsi fra un intervento e l’altro un apprezzato cortometraggio del filmaker (e speriamo futuro accademico) Gabriele Canu, girato durante l’apertura di una via nuova di misto assai impegnativa sulla citatissima parete nord-est dello Scarason, insieme ad Alice Arata e al suo compagno Pietro Godani, ed un secondo video di un altro ben noto filmaker, Alessandro Beltrame, sulla scelta professionale come Guida Alpina di Betty Caserini.
Il Convegno ha poi avuto un’appendice dopo cena, con la proiezione del film-tetimonianza “Cristobal Colon” su Gianni Calcagno in presenza della figlia Camilla. La serata si è arricchita con la presenza in sala del sempre prestigioso Kurt Diemberger (con un’intervista realizzata in diretta dal giornalista Ferruccio Repetti) che, da partecipante alla spedizione, ne aveva fatto le riprese filmate, un testimone assoluto dell’alpinismo più tradizionale in questi ultimi 50 anni.
Che dire per concludere? Banale, persino un po’ scontato ringraziare in primis tutti i partecipanti, quelli arrivati dai gruppi più lontani, centrali e orientali.. ma soprattutto un grazie al nostro presidente Fulvio Scotto per la mole di lavoro portata a termine dopo una lunghissima, interminabile maratona.
Vorrei chiudere con le parole di un caro amico, nonché presidente di una sezione CAI del cuneese, a riprova che lo sforzo di un convegno, quando ricco di contenuti vale sempre “la candela”…anzi!
“…Io da umile frequentatore di montagna e presidente della sezione Cai di M*……., ho avuto l'onore di partecipare al convegno dove ho imparato in poche ore più di quanto conoscessi di storia di alpinismo e di alpinisti…”
Grazie a tutti e grazie anche ad una bellissima Genova.
MontagnaTV - Convegno CAAI a Genova
Linda Cottino e Fulvio Scotto con Alice e Betty
Piazza de Ferrari - foto M. Conti
Michel Dufranc
Asta e Dragonet - foto N. Villani
All’inizio di ottobre è stata rimossa la radio di emergenza istallata nel Bivacco Canzio nel 2017 a seguito di un accordo sottoscritto tra CAAI e FMS (Fondazione Montagna Sicura) nell’ambito del Programma Italia-Francia ALCOTRA 2014-2020.
Al termine del periodo contrattuale di manutenzione si è optato per la rimozione anche in considerazione del non utilizzo nel periodo di sperimentazione e della ottima copertura di telefonia mobile della zona.
Il Bivacco Canzio (Col des Grandes Jorasses 3.810 mt)
2017 -Installazione della radio presso l'ex Bivacco della Fourche
Analoga apparecchiatura trasmittente era stata collocata sempre nel 2017 al Bivacco della Fourche, ora non più esistente (vedi).
VAL GRANDE IN VERTICALE 2022
Luca Enrico traccia un consuntivo della sesta edizione – 3 e 4 settembre 2022
Ph archivio F.lli EnricoIl sesto raduno Val Grande in Verticale si è concluso domenica 4 settembre con la consueta estrazione dei premi che ogni anno gli sponsor ci donano. E in linea con le passate edizioni è stato uno dei momenti più belli e aggreganti, la fortuna magari non ha sempre baciato gli arrampicatori incalliti, con la vincita dei premi più tecnici ed ambiti, ma in fondo il divertimento sta anche nell’attendere con il fiato sospeso l’estrazione del biglietto di turno scoprendo poi di aver vinto un salame o un pezzo di toma, cosa per altro, a ben vedere, tutt’altro che male. Certo non tutti possono avere la fortuna del penultimo iscritto al raduno, a estrazione già peraltro iniziata: alla fine si è vinto uno dei premi più belli, la corda singola da 80m.
Prima di parlare di numeri e attività legate all’evento vale la pena soffermarsi su due aspetti importanti che hanno caratterizzato questa edizione e che sono legati entrambi in qualche modo con il nostro sodalizio: il coinvolgimento dei giovani nell’organizzazione e il ruolo dell’Accademico stesso nel Gruppo Valli di Lanzo in Verticale, organizzatore ufficiale della manifestazione.
Quest’anno abbiamo voluto e siamo riusciti a creare una bella squadra di giovani, alcuni residenti in valle, per l’organizzazione operativa durante l’evento. Tutto è filato alla perfezione, è stato uno dei raduni con l’organizzazione migliore, dove con grande responsabilità le persone si sono suddivise i compiti, dal montaggio e smontaggio delle aree di ritrovo, al presidio del punto di iscrizione e alla creazione dei pacchi raduno fino ad arrivare al momento dell’estrazione finale.
Prova di arrampicata per bambini (Ph archivio F.lli Enrico)
Tavolo registrazioni/merende (Ph archivio F.lli Enrico)
Tutti hanno lavorato per la causa senza anteporre, come purtroppo era avvenuto in passato con alcuni personaggi, le proprie ambizioni personali alla buona riuscita del raduno. Ma la cosa davvero importante è che gli stessi giovani sono quelli che si sono appassionati alle chiodature e richiodature in valle, venendo diverse volte con me e mio fratello e chiedendoci poi anche il materiale per riattrezzare ad esempio le soste di una famosa via di Sea.
Tra un turno e l’altro alcuni hanno anche arrampicato con il nostro socio Luciano Peirano, uno dei pochi accademici, insieme ai sempre presenti Franco Carbonero, Fabrizio Ferrari, Ugo Manera ed Alberto Rampini (spero di non aver dimenticato qualcuno), ad aver preso parte al raduno. Un vero peccato questo perché è in queste occasioni che sul campo si potrebbe dimostrare lo spirito accademico, cercando di trasmetterlo a quei giovani di cui tanto sentiamo la mancanza nel nostro sodalizio senza però di fatto fare mai nulla per attirarli. Una piccola nota polemica che vuole però essere uno spunto di riflessione per quanti ancora credono che l’Accademico debba continuare ad esistere, visto che oltretutto quest’anno l’ospite d’onore era Leonardo Gheza, uno tra i più promettenti alpinisti italiani che, nonostante la giovane età, è già accademico. Uno dei pochi purtroppo.
Registrazione al meeting (Ph archivio F.lli Enrico)
Tanto più che, e qui veniamo al secondo degli aspetti peculiari di questa edizione, l’Accademico è diventato il “principale azionista” del Gruppo Valli di Lanzo in Verticale. Da quest’anno infatti il gruppo si appoggia formalmente al nostro sodalizio. Un’operazione di “cambio societario” che io e mio fratello abbiamo fortemente voluto trasferendo la gestione del Gruppo dalle sezioni del CAI al nostro CAAI, in quanto abbiamo ritenuto che questo fosse l’unico modo per mettere al riparo lo spirito del raduno, preservando quello originario che consiste nel promuovere l’arrampicata favorendo il ripristino delle tante vie presenti in Val Grande e in Sea in particolare. Un particolare grazie va al nostro presidente Mauro Penasa e ad Alberto Rampini che hanno creduto in questo progetto che negli anni ha consentito di ridare vita a un vallone che, per tipologia e quantità di vie, è quasi unico, almeno nelle nostre Alpi Occidentali.
Venendo alla sesta edizione si può dire che, benchè il meteo sabato non ci abbia aiutati, la domenica ci siamo ripresi bene. Direi che in questa giornata c’è stato ancora più movimento rispetto all’anno scorso anche se globalmente c’è stata una lieve contrazione delle iscrizioni, proprio dovute al fatto che il tempo di sabato ha scoraggiato molti a salire. Si scalava ugualmente ma purtroppo quando le previsioni portano possibili piovaschi molti preferiscono non rischiare. La preserata a Cantoira in compagnia di Leonardo è andata molto bene, è stata una proiezione semplice, senza quell’autocelebrazione in cui troppo spesso noi alpinisti abbiamo il vizio di cadere. Un incontro con questo bravo giovane alpinista molto informale, quasi famigliare direi, tanto che tutti in sala si sono sentiti coinvolti da quei racconti, anche chi di alpinismo non ne pratica e forse manco sapeva dov’erano quelle guglie e pareti impossibili salite dal nostro ospite.
Sulla Parete dei Titani (Ph archivio Chiara Paoli)
Sulla Via dell'addio alla Parete dei Titani (Ph archivio Chiara Paoli)
Il meteo ci ha graziato, a dispetto delle previsioni, il sabato sera lasciando svolgere, sul campanile di Chialamberto, lo spettacolo di danza scalata a cura dell’associazione “Evoluzionaria Vertical Dance”. Magari qualcuno potrà obiettare che poco c’entra con l’alpinismo duro e puro fatto di fatica, sofferenza e pericolo però poco importa, non è certo questo lo scopo del Val Grande in Verticale e questa serata ha visto un nutrito pubblico, circa 300 persone, tutte col naso all’insù a riminare quella danza acrobatica.
Per le attività più “arrampicatorie” e “di montagna” come sempre il corso trad della Scuola Nazionale di Alpinismo Giusto Gervasutti ha avuto un grande successo così come le due giornate di prova scalata per bambini (sabato, col tempo che davano, ci siamo quasi stupiti di vederne comunque così tanti) e la prova scalata per adulti neofiti, novità di quest’anno, partita un po’ in sordina ma che ha poi visto diversi iscritti dell’ultima ora. A tal proposito dobbiamo ringraziare le scuole di alpinismo che hanno permesso queste belle iniziative: la Scuola di Alpinismo Giovanile Lavesi, la Scuola di Alpinismo Ribaldone e la Scuola di Alpinismo Grosso. Senza dimenticare tutta la parte escursionistica realizzata grazie alla Scuola di Escursionismo Mentigazzi di Torino e al gruppo escursionistico del Cai Uget e Cai Lanzo. Un grazie quindi a tutti gli istruttori ed accompagnatori che hanno dedicato il proprio tempo libero per rendere vivo e ricco di iniziative il raduno.
E poi non possono mancare i ringraziamenti agli sponsor: alla Camp con Stefano Dalla Gasperina, a La Sportiva con Umbro Tessiore e sua figlia, a Ferrino, Edelrid, Grivel, Ortovox (un ringraziamento particolare va al nostro socio Giovanni Pagnoncelli che lavorando per Ortovox sono diversi anni che ci supporta), Wild Country, Mountain Sicks e Bshop, alle palestre di arrampicata Bside, Escape, Boulder Bar, Sasp, Cus Climbing, alla Libreria della Montagna, ai negozi, ristoranti, alberghi e B&B, a tutto lo staff di Cesarin e del Savoia. Un grazie particolare va anche ai comuni e ai loro sindaci e a Leo Gheza, nonché all’associazione Evoluzionaria Vertical Dance.
Su Nonna Ace all' Antro Nero (Ph archivio Chiara Paoli)
Lo Staff di Vallidilanzoinverticale 2022 (Ph archivio F.lli Enrico)
Luca Enrico (a sin) e Matteo Enrico (a dx) assieme a Leo Gheza, ospite dell'evento
La premiazione (Ph archivio F.lli Enrico)
Sala affollata per la proiezione di Matteo Gheza (Ph archivio A. Rampini)
Breefing agli allievi del Corso Trad (Ph archivio A. Rampini)
La serata di danza-arrampicata (Ph archivio A. Rampini)
LE ALPI SUD OCCIDENTALI – Protagonisti e proposte di alpinismo
GENOVA Palazzo Ducale Sabato 8 ottobre 2022
CONVEGNO NAZIONALE DEL Club Alpino Accademico Italiano
Un mondo alpinistico spesso poco conosciuto ma di grande fascino ed impegno raccontato in immagini dai protagonisti di ieri e di oggi.
Oltre la storia, tante proposte di itinerari estivi ed invernali a tutti i livelli nelle Alpi del Sud.
Intervengono Matteo Faganello, Fulvio Scotto, Jean Gounand, Shephane Benoist, Michele Perotti, Sergio Savio, Cege Ravaschietto, Alessandro Gogna, Andrea Parodi, Linda Cottino, Alice Arata, Betty Caserini, Giovannino Massari, Matteo Gambaro, Anselmo Giolitti, Guido Ghigo, Massimo Piras
Tra le manifestazioni a latere del Convegno si segnala la straordinaria esposizione RUBENS A GENOVA presso il Palazzo Ducale
Scarica il depliant Rubens -Parte 1
Scarica il depliant Rubens - Parte 2
Argentera
Asta e Dragonet Alpi Marittime Valle Gesso f. N Villani
I personaggi, le salite e l'ambiente delle Alpi del Sud presentati da alcuni dei protagonisti e contestualizzati da storici dll'Alpinismo.
Cege Ravaschietto, uno dei protagonisti dell'alpinismo cuneese
Betty caserini via Eterni Peter Pan a Rocca la Meja
Anselmo Giolitti su L2 di Benvenuto Mister X (Ph O. Davit)
Guido Ghigo anni 80 sullo sperone N Guglia del Dragonet
Cima dell'Armusso Gruppo del Marguareis
Cima dell'Armusso, nel camino della Via di Gianni Comino
Diretta Dufranc Chandelle Cayre di Prefouns
Corno Stella foto Nanni Villani
Corno Stella Spigolo Superiore
G. Massari su Moby Dick a Monte Cucco
il Monviso dalla parete W del Bric Camosciera
G.Massari su Orologio senza tempo a P.Figari
Il Triangolo della Caprera Vallone di Vallanta
Jacopo Ramero Rocca la Meja via Aldila' di etica e morale
Lago delle Portette foto Nanni Villani
Lo Scarason Alpi Liguri
Lorenzo Cavanna sulle placche di Torna a settembre a Valcuca
Luca Bianco sulla Diretta allo Scarason foto A.Prette
M.Cocito 1 rip. di Stelle e tempeste al Dado di Vallanta
M.Faganello in apertura su Papas en fuite
Monte Matto versante Cabrera
Monviso G.C.Grassi al bivacco Villata
Pelvo dElva e Bric Camosciera
Prima Torre di Tablasses
Sulla via Calcagno Gogna al Tablasses
Scalata plaisir alla Cima di Nasta
Sergio Savio foto E. Galliano
Terza Torre di Tablasses
Tramonto sulla Serra dellArgentera f. N.Villani
Il 25 agosto avevamo pubblicato sulla nostra pagina Facebook la notizia, ancora da confermare nei suoi contorni, di una frana che aveva interessato poche ore prima il nostro Bivacco Alberico e Borgna al Col de la Fourche, nel Gruppo del Monte Bianco.
A seguito delle verifiche sul posto, dobbiamo purtroppo confermare che la struttura è stata completamente travolta dal movimento franoso, precipitando sul ghiacciaio sottostante. In base alle verifiche effettuate dal Soccorso Alpino Valdostano nessuna persona è rimasta coinvolta.
Il bivacco Alberico e Borgna
L'aerea posizione del bivacco. Sullo sfondo il Dente del Gigante e le Grandes Jorasses Sono state informate le autorità locali, le associazioni alpinistiche e i mezzi di comunicazione, che tra ieri e oggi hanno dato ampio risalto alla notizia. E’ importante che gli alpinisti diretti al versante Brenva del Monte Bianco sappiano che non si può più contare su questa struttura come base di partenza per le ascensioni o come ricovero di emergenza.
Il bivacco, posizionato al Col de la Fourche a 3.675 mt sulla cresta sud-est del Mont Maudit (massiccio del Monte Bianco), ricordava i due alpinisti torinesi Corrado Alberico e Luigi Borgna travolti da una valanga nel 1934. Venne costruito nel 1935, interamente rifatto nel 1985 e lavori di manutenzione straordinaria si sono succediti nel tempo. L’ultimo intervento risale all’ottobre 2018, quando venne anche posizionata una web cam che ci ha fornito per anni stupende immagini della Brenva aggiornate in tempo reale. Nel 2017 era anche stata installata una apparecchiatura radio di emergenza.
Lavori di amnutenzione
La cresta sulla quale sorgeva il bivacco è ormai soggetta ad una instabilità crescente a causa delle elevate temperature che hanno minato il collante glaciale che cementava le rocce, per cui non sarà facile pensare ad una ricostruzione in posizione sicura. Al momento continuano i crolli di materiale.
La perdita di questa struttura è dolorosa per tutti e ci riporta alla mente pagine gloriose della storia dell’alpinismo (qui avvenne ad esempio l’incontro tra le cordate Bonatti e Mazead nel 1961 alla vigilia del tragico tentativo al Pilone Centrale del Freney) ma ci deve anche far riflettere sui mutamenti climatici che producono effetti devastanti sull’ambiente. Qui ne abbiamo una piccola manifestazione e la montagna del futuro sarà diversa da quella che abbiamo conosciuto fino ad ora.
a cura di Alberto Rampini - Foto Archivio Carlo Barbolini
Installata radio e webcam
Le fantastiche immagini fornite dalla webcam
Il bacino della Brenva dal Bivacco della Fourche
ETTORE CASTIGLIONI Giusto dell’Umanità: la commemorazione al Rifugio Brentei
a cura di Alberto Rampini - Foto A. Rampini e F. Leardi
Sergio Martini consegna la targa a Luca Leonardi gestore del Rifugio Brentei
Ettore Castiglioni (1908-1944), forte alpinista Accademico e figura di altissimo profilo umano e sociale, è stato commemorato domenica 21 agosto al Rifugio Brentei.
Su iniziativa di un gruppo di associazioni e alpinisti con il patrocinio della pro-loco di Ruffrè, paese natale di Castiglioni, e del CAAI, una targa ricordo è stata affidata al gestore del Brentei Luca Leonardi. La targa rimarrà esposta in rifugio per alcuni mesi, per essere poi trasferita in altra location legata alla vita di Castiglioni in una specie di pellegrinaggio della memoria. E’ stata chiamata appunto “targa erratica”.
La foto d'epoca che accompagna la targa erratica
Un momento della manifestazione
Si è iniziato con il Rifugio Brentei, ha spiegato Paolo Vita, uno dei coordinatori dell’iniziativa, perché per diversi anni nel Gruppo di Brenta Castiglioni esplorò le pareti e aprì diverse vie nuove assieme a Bruno Detassis, gestore per oltre mezzo secolo del Brentei. La testimonianza di quanto sia stato benvoluto Ettore Castiglioni sono un sentiero attrezzato e il bivacco sulla cima del Crozzon che da tempo portano il suo nome.
Gli Accademici presenti alla manifestazione assieme a Luca Leonardi e Paolo VitaPresso la chiesetta del Brentei hanno portato la loro testimonianza i rappresentanti di varie associazioni, Sezioni CAI e SAT e numerosi alpinisti. Il CAAI era rappresentato da Francesco Leardi, presidente del Gruppo Orientale, Alberto Rampini ex Presidente Generale, Edoardo Covi, Sergio Martini e Franco Sartori.
Oltre che scalatore, Castiglioni fu anche uno dei primi compilatori di guide alpinistiche moderne, tra le quali quelle della collana TCI-CAI Guide dei Monti d’Italia “Pale di San Martino, Gruppo dei Feruc, Alpi Feltrine”, “Odle, Sella, Marmolada”, “Dolomiti di Brenta” e “Alpi Carniche”.
La biografia di Ettore Castiglioni è estremamente interessante e propone diversi motivi di riflessione, dal perseguimento determinato dei propri ideali di vita e delle proprie passioni, all’impegno in campo alpinistico e culturale e per finire all’impegno civico e sociale, tanto forte e sentito da causarne la prematura scomparsa a soli 36 anni.
Durante la Seconda Guerra Mondiale operò attivamente in favore delle persone ingiustamente perseguitate in Italia e aiutò ad espatriare clandestinamente in Svizzera centinaia di ebrei e avversari politici, finendo più volte imprigionato e trovando infine la morte sul Ghiacciaio del Forno nel tentativo di riacquistare la propria libertà.
Per questa sua attività venne riconosciuto Giusto dell'Umanità dal Comune di Milano nel 2017.
Ed è questo forse l’insegnamento di più grande attualità che ci viene da questo straordinario personaggio:
fare in modo che l’impegno alpinistico non distolga del tutto la nostra attenzione dal mondo circostante e le doti di coraggio, forza e determinazione che guidano nelle scalate vengano impegnate anche in nobili attività di carattere civico ed umanitario.
Il Rifugio Brentei con il Crozzon di Brenta e la Cima Tosa
Bruno Detassis dall'interno del Brentei osserva il Crozzon e ricorda le tante imprese compiute con l'inseparabile Ettore Castiglioni
Le storiche pareti di Sea
VAL GRANDE IN VERTICALE 2022
Sabato 3 e domenica 4 Settembre
a cura di A. Rampini
Puntuale all’appuntamento la sesta edizione di questo imperdibile meeting di arrampicata, trad prevalentemente, ma con ampio spazio e possibilità anche per l’arrampicata sportiva.
Il CAAI partecipa all’organizzazione dell’evento sia come Associazione sia con propri soci, in primis i fratelli Luca e Matteo Enrico, organizzatori entusiasti ed instancabili. Le altre associazioni partecipanti sono Il Gruppo Valli di Lanzo in Verticale, le Sezioni CAI Torino e CAI Uget.
La formula è la stessa delle precedenti 5 edizioni: partecipazione libera e senza necessità di prenotazione, iscrizione all’arrivo con consegna pacco-meeting, organizzazione autonoma delle cordate per arrampicare sulle vie storiche del Vallone di Sea (molte delle quali recuperate e risistemate dagli organizzatori, ovviamente senza stravolgerne il significato e l’impegno) oppure sulle diverse pareti che si affacciano sulle Valli, con scelte tra trad e sportivo, come ad esempio la Rocca di Lities.
Tra le numerose attività e gli eventi organizzati segnaliamo:
CORSO TRAD
Con Val Grande in Verticale torna il corso Trad della Gervasutti!
Un appuntamento imperdibile per chi vuole approcciarsi al mondo del clean climbing, il tutto nel meraviglioso contesto di Sea!
Per info e iscrizioni:
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
PROVA DI ARRAMPICATA
Quest'anno, oltre la consueta prova di arrampicata gratuita per i BAMBINI (non è necessaria prenotazione), una giornata promozionale di arrampicata anche per gli ADULTI: in questo caso è invece necessaria la pre-iscrizione.
Tutte le info sulla locandina e sul programma che trovate sul sito: www.vallidilanzoinverticale.it
Quest'anno al raduno scala e vinci! abbiamo ideato un simpatico contest dove non sarà il grado a decretare il più forte ma chi farà più tiri, secondo un criterio che tiene conto anche degli avvicinamenti alle vie!
SERATA CON LEONARDO GHEZA
Sabato 3 settembre alle ore 17,30 a Cantoira. Ingresso libero
DANZA SCALATA
siamo lieti di presentarvi la collaborazione con Evoluzionaria per un spettacolo di Danza Scalata!
"sogno di una notte di FINE estate"
03/09/2022 21:45 Piazza Fratelli Chiariglione, Chialamberto TO
LOGISTICA
Quest’anno ci sarà la possibilità di piazzare la tenda o il proprio furgone nel Comune di Groscavallo, grazie allo spazio dedicato dall’Associazione “Al Cicapui”, a pochissimi minuti dall’imbocco del Vallone di Sea altro
Ulteriori notizie e info aggiornate sul sito Valli di Lanzo in Verticale , dove si possono trovare anche idee e relazioni di scalate.
Le foto di questo articolo sono di L. Enrico, M. Enrico, S. Olivetti, E. Fassone
Piccozze, ramponi e ancoraggi da ghiaccio: dagli albori ai nostri giorni
Lo stretto rapporto tra evoluzione dei materiali e difficoltà superate è un dato di fatto.
Immagine di copertina: Scozia, Ben Nevis Parete Nord Point Five Gully
SALENDO DAL MARE
Per tutti gli amanti della storia del grande alpinismo d’avventura il CAI di Chivasso, in collaborazione con Camilla Calcagno e il patrocinio del Club Alpino Accademico Italiano e del Club dei 4000, propone una
MOSTRA FOTOGRAFICA dedicata a GIANNI CALCAGNO
il grande alpinista accademico scomparso nel 1992 sulla Cresta Cassin al Monte Denali in Alaska
La mostra rimarrà aperta dal 17 al 27 giugno a Chivasso, in Via Torino presso l’ex Chiesa degli Angeli
con il seguente orario: dal lunedì al venerdì dalle ore 18 alle 21,30, sabato e domenica dalle ore 10 alle 12 e dalle 16 alle 21,30
10° appuntamento delle conferenze-incontro con l’alpinismo del CLUB ALPINO ACCADEMICO ITALIANO, inserite nel percorso di "avvicinamento" (Progetto “Alpinismo accademico in Liguria”) al CONVEGNO NAZIONALE CAAI che si terrà a Genova il prossimo 8 ottobre.
Ente promotore Regione Liguria Assessorato al Tempo Libero.
In collaborazione con il CAI di Finale Ligure,
venerdì 3 giugno, ore 21, presso il Teatro delle Udienze, piazza del Tribunale 11, a Finalborgo
videoproiezione con lo scalatore Gianni Ghiglione, alpinista accademico. Presenta la serata Fulvio Scotto presidente del CAAI Gruppo Occidentale.
“Trilogia di un incantesimo - Il tempo del sogno” è il titolo della serata, storia introspettiva dell’apertura di vie nuove in Corsica e Marocco.
Gianni Ghiglione è Istruttore Nazionale di alpinismo dal 1980 e Accademico del CAI dal 2000. Svolge attività alpinistica da molti anni, con l’apertura di numerose vie nuove. Ha effettuato anche prime ripetizioni e prime salite italiane, con oltre 200 ascensioni impegnative sulle grandi pareti delle Alpi, ed è stato anche compagno di cordata di Gianni Calcagno e Giancarlo Grassi.
Protagonista di alcune spedizioni extraeuropee, tra cui, nel 2004 la Spedizione CAAI al Kongur (7204 m) nel Pamir Cinese.
In questi ultimi anni si è dedicato in primo luogo all’esplorazione delle montagne di Corsica, con apertura di una dozzina di vie nuove, unico italiano, insieme ad alcuni compagni di cordata, ad effettuare attualmente un’esplorazione sistematica delle pareti di questa regione (vedi articolo su Annuario CAAI 2012-2013).
Ghiglione ha inoltre aperto vie nuove in Alto Atlante Marocchino, in Ala Daglar (Turchia) e nel Pamir Alai in Kirghizistan, tra cui citiamo la bella e difficile via “Mille papaveri rossi”.
Al termine della videoproiezione Gianni sarà lieto di dialogare con il pubblico.
8° appuntamento delle conferenze-incontro con l’alpinismo del CLUB ALPINO ACCADEMICO ITALIANO,
inserite nel percorso di "avvicinamento" (Progetto “Alpinismo accademico in Liguria”) al CONVEGNO NAZIONALE CAAI che si terrà il giorno 8 ottobre a Genova.