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Club Alpino Accademico Italiano
Lunedì, 11 Maggio 2020 16:04

Dal 1908 l’Annuario CAAI documenta l’evoluzione dell’alpinismo sulle Alpi e nel mondo, proponendo agli appassionati approfondimenti storici, culturali e di pensiero per un alpinismo libero,

ecocompatibile e rispettoso della storia, delle tradizioni locali e orientato alla conservazione dei valori originari di avventura, impegno e lealtà di approccio.

Dopo le pubblicazioni dal 1981 al 1999 vedi qui ecco ora gli annuari dal 2000 al 2019, con i relativi sommari e un articolo estratto random.

Gli annuari sono disponibili presso il distributore fiduciario Idea Montagna. Si possono ordinare online senza spese di spedizione.

https://www.ideamontagna.it/librimontagna/catalogolibrimontagna.asp?col=Accademico

 a cura di Alberto Rampini

 

2000

Annuario 2000

 

  pdfAnnuario_2000_Sommario.pdf

 pdfAnnuario_2000_Aiguille_Noire_de_Peuterey_compressed.pdf

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2001/2002

Annuario 2001 2002

 

  pdfAnnuario_2001_2002_Sommario.pdf 

 pdfAnnuario_2001_2002_L_apparenza_e_la_visione_compressed.pdf

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2003

Annuario 2003

 

 pdfAnnuario_2003_Sommario.pdf

pdfAnnuario_2003_Alaska_compressed.pdf

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2004

annuario accademico 1904 2004 01

 

 Numero speciale per il centenario della fondazione del C.A.A.I.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2005

Annuario 2005

 

pdfAnnuario_2005_Sommario.pdf

pdfAnnuario_2005__Eiger_compressed.pdf

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2006

Annuario 2006

 

 pdfAnnuario_2006_Sommario.pdf

 pdfAnnuario_2006_Cascate_in_Canada_compressed.pdf

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2007/2008

Annuario 2007 2008

 

  pdfAnnuario_2007_2008_Sommario.pdf 

 pdfAnnuario_2007_2008_Sui_fondamentali_dell_etica_dell_alpinismo_compressed.pdf

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2009

Annuario 2009

 

  pdfAnnuario_2009_Sommario.pdf

 pdfAnnuario_2009_Paine_compressed.pdf

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2010

Annuario 2010

 

  pdfAnnuario_2010_Sommario.pdf

 pdfAnnuario_2010_La_questione_del_trad_compressed.pdf

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2011

Annuario 2011

 

  pdfAnnuario_2011_Sommario.pdf

 pdfAnnuario_2011_Vie_nuove_in_Marocco_compressed_1.pdf

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2012/2013

Annuario 2012 2013

 

  pdfAnnuario_2012_2013_Sommario.pdf

 pdfAnnuario_2012_2013_Cervino_parete_Nord_via_Bonatti_compressed.pdf

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2014/2015

Annuario 2014 2015

 

  pdfAnnuario_2014_2015_Sommario.pdf

 pdfAnnuario_2014_2015_Groenlandia_compressed.pdf

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2016

Annuario 2016

 

 pdfAnnuario_2016_Sommario.pdf

 pdfAnnuario_2016_Trad_Climb_in_Cornwall_compressed.pdf

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2017/2018

Annuario 2017 2018

 

  pdfAnnuario_2017_2018_Sommario.pdf

 pdfAnnuario_2017_2018_Translimes_Karakorum_compressed_1.pdf

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2019

Annuario 2019

 

  pdfAnnuario_2019_Sommario.pdf

 pdfAnnuario_2019_Wenden_compressed.pdf

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Venerdì, 08 Maggio 2020 21:55

37824La ricognizione primaverile al Bivacco della Sassa ci ha riservato un'amara sorpresa: la struttura risulta completamente distrutta dalle avversità atmosferiche e dalle pesanti nevicate della passata stagione invernale.

Il Bivacco della Sassa-Ceresa si trova alla testata di un selvaggio vallone laterale della Valpelline, raggiungibile in 3,5 ore  dalla frazione Chamin, in comune di Bionaz.

Era una costruzione in legno e lamiera che nel 1988 prese il posto del vecchio bivacco installato nel lontano 1929. Aveva 15 posti e serviva da base per le salite nell'alta Comba della Sassa (Becca Blanchen, Becca des Lacs, Becca Bovet ecc). 

Il CAAI si sta attivando per valutare l'entità dei danni ed il ripristino della struttura, che risulta al momento completamente distrutta e non utilizzabile.

Il Bivacco della Sassa

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                                                                                                                                                                       Foto Paolo Charbonnier

Mercoledì, 06 Maggio 2020 14:58

INAGIBILITA COVIT

 

 

 

Per motivi di sicurezza legati all’emergenza Covid 19 i bivacchi di proprietà del C.A.A.I. sono temporaneamente inagibili.

I Bivacchi del C.A.A.I.

Resteranno aperti solo per rispondere alle eventuali effettive emergenze.

Si tratta di strutture spesso caratterizzate da spazi esigui,

tali da non consentire il necessario distanziamento interpersonale,

non presidiate e che quindi non possono essere sanificate dopo ogni utilizzo.

Si raccomanda di non prevedere l’utilizzo di bivacchi per escursioni e ascensioni programmate:

le strutture rimangono aperte  esclusivamente per situazioni di reale emergenza

e chiunque ne faccia uso si assume in proprio la responsabilità per eventuali conseguenze negative.

Si provvederà a dare avviso quando si potrà tornare ad una fruizione normale dei bivacchi

e speriamo che quel giorno non sia troppo lontano.

 

                         

Mercoledì, 15 Aprile 2020 12:19

Dal 1908 l’Annuario CAAI documenta l’evoluzione dell’alpinismo sulle Alpi e nel mondo, proponendo agli appassionati approfondimenti storici, culturali e di pensiero per un alpinismo libero, ecocompatibile e rispettoso della storia, delle tradizioni locali e orientato alla conservazione dei valori originari di avventura, impegno e lealtà di approccio.

Oltre al primo numero del 1908, proponiamo in due puntate gli annuari degli ultimi 40 anni, con i relativi sommari e un articolo estratto random.

Di seguito le pubblicazioni dal 1981 al 1999 e nella puntata successiva quelle dal 2000 al 2019.

Buona parte degli annuari è ancora disponibile presso il distributore fiduciario Idea Montagna, presso il quale le pubblicazioni si possono ordinare per riceverle con spedizione gratuita.

https://www.ideamontagna.it/librimontagna/catalogolibrimontagna.asp?col=Accademico

 a cura di Alberto Rampini

IL PRIMO ANNUARIO - ANNO 1908

Annuario 1908

 

 

 

pdfAnnuario_1908_Sommario.pdf

 

pdfAnnuario_1908_introduzione_compressed.pdf

 

 

 

 

 

 

ANNUARI DAL 1981 AL 1999

1981

Annuario 1981

 

 

 

pdfAnnuario_1981_Sommario_Annuario_1981.pdf

 

pdfAnnuario_1981_Il_senso_esoterico_della_montagna_compressed.pdf

 

pdfAnnuario_1981_Nanga_Parbat_compressed.pdf

 

 

 

1982

Annuario 1982

 

 

 

pdfAnnuario_1982_Sommario.pdf

 

pdfAnnuario_1982_Del_Cervino_dinverno_compressed.pdf

 

 

 

 

 

1983

Annuario 1983

 

 

 

pdfAnnuario_1983_Sommario.pdf

 

pdfAnnuario_1983_Alberto_De_Agostini_compressed.pdf

 

 

 

 

 

1984

Annuario 1984

 

 

 

 

 pdfAnnuario_1984_Sommario.pdf

pdfAnnuario_1984_Spedizione_CAAI_in_Hindu_Kush_compressed.pdf

 

 

 

 

 

 

1985/1986

Annuario 1985 1986

 

 

 

 

pdfAnnuario_1985_1986_Sommario.pdf

 

pdfAnnuario_1985_86_La_cresta_dell_Innominata_ricordo_di_Francesco_Ravelli.pdf

 

 

 

 

 

1987

Annuario 1987

 

 

 

 

pdfAnnuario_1987_Sommario.pdf

 

pdfAnnuario_1987_Emilio_Comici_compressed.pdf

 

 

 

 

 

1988

Annuario 1988

 

 

 

 

pdfAnnuario_1988_Sommario.pdf

 

pdfAnnuario_1988_Il_declino_dell_avventura_compressed.pdf

 

 

 

 

 

1989

Annuario 1989

 

 

 

 

pdfAnnuario_1989_Sommario.pdf

 

pdfAnnuario_1989_Dhaulagiri.pdf

 

 

 

 

 

1990

Annuario 1990

 

 

 

 

pdfAnnuario_1990_Sommario.pdf

 

pdfAnnuario_1990_Conformismo_rovina_dell_alpinismo_compressed.pdf

 

 

 

 

 

 

1991

Annuario 1991

 

 

 

pdfAnnuario_1991_Sommario.pdf

 

pdfAnnuario_1991_L_alpinismo_lungimirante_di_Guido_Machetto_compressed.pdf

 

 

 

 

 

1992

Annuario 1992

 

 

 

pdfAnnuario_1992_Sommario.pdf

 

 pdfAnnuario_1992_Dalla_retorica_della_wilderness_compressed_2.pdf

 

 

 

 

 

1993

Annuario 1993

 

 

 

pdfAnnuario_1993_Sommario.pdf

 

pdfAnnuario_1993_Il_grande_pilastro_verso_il_sole.pdf

 

 

 

 

 

1994

Annuario 1994

 

 

 

pdfAnnuario_1994_Sommario.pdf

 

pdfAnnuario_1994_Brenva.pdf

 

 

 

 

 

1995

Annuario 1995

 

 

 

pdfAnnuario_1995_Sommario.pdf

 

pdfAnnuario_1995_John_Muir_compressed.pdf

 

 

 

 

 

1996

Annuario 1996

 

 

pdfAnnuario_1996_Sommario.pdf

 

pdfAnnuario_1996_Ambientalismo_alpinistico_in_Pakistan_compressed.pdf

 

 

 

 

 

 

1997

Annuario 1997

 

 

 

pdfAnnuario_1997_Sommario.pdf

pdfAnnuario_1997_Alpinismo_come_cultura_di_Massimo_Mila_.pdf

pdfAnnuario_1997_Il_nuovo_mattino_compressed.pdf

 

 

 

 

1998

Annuario 1998

 

 

 

 

pdfAnnuario_1998_Sommario.pdf

 

pdfAnnuario_1998_Riconoscimento_Paolo_Consiglio_1998_compressed.pdf

 

 

 

 

1999

Annuario 1999

 

 

 

pdfAnnuario_1999__Sommario.pdf

 

pdfAnnuario_1999_I_corsi_di_alpinismo_eco_compatibile_in_India_compressed.pdf

Domenica, 05 Aprile 2020 13:22

 

Albert Frederick Mummery, il primo alpinista della storia a progettare e tentare di scalare un Ottomila

di Silvia Mazzani (GISM)

Lunedì, 30 Marzo 2020 11:14

I più recenti contributi degli Accademici sulla Rivista del CAI Montagne360

Venerdì, 20 Marzo 2020 08:46

 

SPEDIZIONE ANTARCTICA 2020

Inizio d’anno proficuo per Gian Luca Cavalli (CAAI Gruppo Occidentale), Manrico Dell’Agnola (CAAI Gruppo Orientale e GISM) e Marcello Sanguineti (CAAI Gruppo Occidentale e GISM), da poco tornati dalla Penisola Antartica dove hanno trascorso l’intero mese di gennaio (SPEDIZIONE ANTARCTICA 2020).

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Attività scientifica

Si è trattato di una spedizione alpinistico-esplorativa ma anche scientifica, nell’ambito del progetto di ricerca dell’Istituto di Scienze Polari (ISP) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), per il campionamento del manto nevoso in varie zone, partendo dai ghiacciai a livello del mare e procedendo a intervalli regolari di quota crescente. Questo consentirà un'analisi della presenza di nuovi inquinanti anche in funzione dell'altezza e non solo in base all'area geografica.

 

 

 

 

Attività esplorativa                                                                        IMG 6332 800x600

L'attività esplorativa ha riguardato ghiacciai

e pareti delle isole:

- Booth Island

- Bryde Island

- Rongé Island

- Wiencke Island

- Anwers Island

con particolare attenzione a quelli che si affacciano su

- Lemaire Channel

- Peltier Channel

- Neumayer Channel

- Börgen Bay

 

 

Attività alpinistica

Successo anche per l’attività alpinistica, con l'apertura di due vie:

"Via della Seta" (600m, AI4, M4), su una vetta battezzata "Cima Cocoon" (gruppo degli Zeiss Needles - Arctowski Peninsula)

"Terzo Paradiso" (700m, AI5, M5), sulla Gateway Ridge (Börgen Bay - Anwers Island).

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Attività scialpinistica

L'attività scialpinistica si è svolta sui ghiacciai del Mount Britannia e del Mount Scott e su Nobel Peak e Jabet Peak.

 

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Test di materiali

Sono stati testati capi di abbigliamento prodotti con un l’innovativo tessuto in pura seta COCOON, prodotto dal lanificio Botto Giuseppe di Biella, azienda campione di sostenibilità ambientale.

Leggi qui il report della spedizione pdfReport Spedizione ANTARCTICA 2020

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Banner sponsor 

Sponsor e patrocinatori: COCOON di Botto Giuseppe, Biella Città Creativa UNESCO , Fondazione Cassa di Risparmio Biella, CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) – ISP (Istituto di Scienze Polari), DIBRIS (Dipartimento di Informatica, Bioingegneria, Robotica e Ingegneria dei Sistemi) - Università di Genova, Sant’Andrea Novara, Tintoria2000, East End Silks, CAI Sezione Biella, CAI Centrale, CAAI (Club Alpino Accademico), Karpos, Scarpa, DF Sport Specialist, Blizzard, Hotel Vesuvio Rapallo, Mountain Sicks, Dynasprint, Dolomia, Unifarco, Kask, Gabel, MantisPro affilatura viti da ghiaccio, Merzdorf fine food, This1

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Di seguito la storia della spedizione dai report puntuali di MontagnaTV, che si ringrazia:

 

28 dicembre 2019

Antartide, partita la spedizione di Sanguineti, Cavalli e Dell’Agnola

2 Gennaio 2020

Antartide, la spedizione oltre la “Fin del Mundo” di Sanguineti, Cavalli e Dell’Agnola

17 Gennaio 2020

Aperta una prima via in Antartide per Sanguineti, Cavalli e Dell’Agnola

21 gennaio 2020

Antartide: Sanguineti, Cavalli e Dell’Agnola verso il Mount Rennie

26 gennaio 2020

Terzo Paradiso, nuova via nel cuore dell’Antartide di Sanguineti, Cavalli e Dell’Agnola

31 gennaio 2020

Antartide, ultime salite scialpinistiche prima del rientro per Sanguineti, Cavalli e Dell’Agnola

10 febbraio 2020

Sanguineti, Cavalli e Dell’Agnola tornati a casa. Il racconto e le foto dell’avventura in Antartide

 

 

 

 

 

 

 

 

Venerdì, 13 Marzo 2020 17:25

di A. Rampini

Il Consiglio Generale del CAAI ha ratificato a pieni voti l’ammissione all’Accademico dei due forti alpinisti.

Personaggi diversi per generazione e per storie personali ma accomunati da una grande passione per la montagna e le prestazioni di alto livello, senza per questo essere semplicemente degli atleti della verticale.

Leonardo Gheza

leonardo ghezaClasse 1991, libero professionista iscritto alla Sezione di Breno, Leonardo inizia nel 2015 l’attività alpinistica di alto livello, specializzandosi nella scalata su roccia e nei concatenamenti in velocità.

Le vie moderne d’ingaggio e di grado elevato si affiancano alle grandi classiche del Bianco (Pilone Centrale del Freney, Sperone Walker alle Jorasses, Americana al Fou), delle Dolomiti (Hasse Brandler alla Grande di Lavaredo), dell’Oberland (Nord dell’Eiger), dello Yosemite (The Nose al Capitan), della Patagonia (Patagonicos Desesperados alla Poincenot).

Un giovane che sicuramente farà parlare di sé nei prossimi anni.

Denis Urubko

denis urubko na k2 450191 GALLERY BIGClasse 1973, di professione giornalista, iscritto alla Sezione di Bergamo, inizia l’attività nel 2000 e lascia un segno importante nella storia dell’Alpinismo Himalayano. Al suo attivo la salita dei 14 Ottomila senza ossigeno, alcuni per vie nuove e in stile alpino. Ha salito in prima invernale il Makalu e il Gasherbrum II.

 

Numerose le vie nuove tra le quali spicca nel 2019 la via nuova in stile alpino, in solitaria e senza ossigeno al Gasherbrum II. Ha aperto e ripetuto, anche in solitaria, grandi vie su roccia e misto in Tien Shan, Pamir, Kamciatka, Altay ecc.

Emerge il suo stile e spirito “puro” di andare in montagna libero dalle motivazioni commerciali. Vanno ricordati anche i generosi interventi di salvataggio in altissima quota (Jean-Christophe Lafaille al Broad Peak nel 2003, Elisabeth Revol al Nanga Parbat nel 2018 e Francesco Cassardo al G VII nel 2019).

Denis ha vinto per tre anni l’Asian Piolet d’Or (nel 2006 per una via nuova sul Manaslu, nel 2009 per una via nuova sul Cho Oyu e nel 2011 per una via nuova sul Pik Pobeda). Per la via nuova sul Cho Oyu viene premiato anche con il Piolet d’Or nel 2010.

pdfArticolo_su_Lo_Scarpone.pdf

 Foto di copertina dal Post di Leonardo Gheza

Martedì, 10 Marzo 2020 20:56

Il Corpo Nazionale Soccorso Alpino, nella piena consapevolezza della situazione di estrema criticità del sistema sanitario e del Paese nel suo insieme, lancia un appello agli alpinisti invitandoli alla massima responsabilità, evitando di andare in montagna per escursioni, salite, arrampicate per rispetto di sè stessi e della collettività.

Ecco il testo dell'appello, che ognuno di noi deve far proprio con responsabilità e senso civico.

 

 

“I nostri medici negli ospedali ad assistere i contagiati, state a casa”, l’appello del Soccorso Alpino

La montagna italiana è stata chiusa

Arriva anche l’appello del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico – CNSAS a essere responsabili e a stare a casa. Rinunciare alla montagna non solo per evitare di contagiare gli altri o se stessi, ma anche per non rischiare di gravare, in caso di necessità, sul sistema sanitario nazionale che oggi più che mai ha bisogno dei medici e degli infermieri del Soccorso Alpino.

La voce è unanime: rimanete in casa se potete, le montagne saranno sempre lì ad attendervi non appena tutto sarà finito.

L’appello del CNSAS

“Il Paese è in difficoltà: i medici e gli infermieri del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico – CNSAS sono impegnati insieme agli altri colleghi ad assistere migliaia di contagiati dal nord al sud Italia. Sapete bene che per effettuare un soccorso speleologico in grotta o un soccorso alpino in alta montagna dobbiamo impegnare decine di operatori, compreso il personale sanitario. Immaginate quindi le difficoltà a cui andremmo incontro in questo momento per effettuare un soccorso, un soccorso che naturalmente metteremmo in atto, ma che potrebbe innescare una delicata gestione post intervento.

Ci sarà tempo per scalare nuovamente una montagna, ci sarà tempo per esplorare di nuovo insieme una grotta.

 

soccorso alp

 

 

 

 

 

 

 

 

Adesso però è il tempo di fermarsi. Il tempo di essere responsabili verso sé stessi, verso gli altri e verso l’Italia. Come è scritto nella Costituzione italiana: la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Dobbiamo difendere questi valori, dobbiamo salvaguardare i nostri medici, i nostri infermieri e l’Italia da un collasso del Servizio Sanitario Nazionale. Non vengono chiesti sacrifici immani, non viene chiesto di scalare una montagna da 3000 metri: viene chiesto di rimanere in casa per un breve periodo di tempo.

 

#iorestoacasa non è uno slogan, non è un hashtag per riempire i social ma un invito concreto a limitare al massimo gli spostamenti non necessari.

Ce la possiamo fare. Ce la faremo. Coraggio, Italia!”

 

Un appello alla responsabilità anche da parte di Sara Grippo e del nostro socio Romano Benet:

Coronavirus, io resto a casa. Parola a Sara Grippo e Romano Benet

 

 

 

Domenica, 01 Marzo 2020 16:39

 

Quando sono nate le Scuole di Alpinismo in Italia?

Scarica l'allegato che trovi in alto sotto il titolo

Oggi sono diffuse capillarmente in tutto il Paese e non esiste praticamente Sezione del CAI che non abbia una sua scuola di alpinismo o quanto meno non partecipi ad una scuola consorziata assieme ad altre Sezioni. Sezioni CAI e Scuole di alpinismo sono quindi realtà talmente radicate e connesse che riesce difficile immaginare le une senza le altre.

Come riesce difficile immaginare che ancora agli inizi del 1900 l’idea di istruire gli alpinisti fosse un concetto appena nato in ristrettissimi ambienti illuminati e non considerato, se non addirittura osteggiato, nell’ambiente ufficiale del CAI. Nei Congressi CAI del 1905 e 1906 si discusse a lungo sulla liceità della pratica dell’alpinismo senza guida, che venne all’inizio respinta. La responsabilità e la capacità della conduzione delle ascensioni restava in capo alle guide locali e di conseguenza la necessità della formazione tecnica degli alpinisti non si poneva.

 

 

Corso INA 2002 P.Aiguille VerteCorso INA 2002 P. Aiguille VerteCorso INA 2020 2Corso INA 2020

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel 1904 venne fondato l’Accademico, proprio per porre al centro dell’attenzione l’alpinismo senza guida e la conseguente necessità di istruire gli alpinisti con vere e proprie Scuole di Alpinismo

Si può dire che l’Accademico nacque proprio per perseguire lo scopo di una crescita anche tecnica degli alpinisti che consentisse loro di effettuare le salite in completa autonomia, affrancandosi dalla tutela delle guide. 

Videro la luce così le prime scuole e i primi manuali, il successo fu via via crescente e anche il CAI ben presto abbracciò questo nuovo corso. Da allora la collaborazione CAAI - Scuole di Alpinismo del CAI è sempre stata profonda e costruttiva.

Scuola Centrale di Alpinismo settembre 2019Scuola Centrale di Alpinismo settembre 2019

      CORSO INA 2015 Modulo cascate 7 febb 2014 065CORSO INA 2015 Modulo cascate

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nell’allegato articolo di Fabio Masciadri, già pubblicato sull’Annuario CAAI, un prezioso approfondimento storico, seguito dal resoconto dei primi Corsi INA a cura di Cirillo Floreanini e ulteriori approfondimenti a cura di Carlo Negri e Carlo Ramella.

A cura di Alberto Rampini

 

Scuona centrale 2019Scuola centrale 2019 Congresso INA Castelbrando

  Scuola di movimento indoor. Aggiornamento SCA giugno 2016Scuola di movimento indoor. Aggiornamento SCA giugno 2016

 

 

 

Corso INA 2002 Rif. ChabodCorso INA 2002 Rif. Chabod

  Aggiornamento SCA 21 settembre 2019 Via Soravito Anticima di MeluzzoAggiornamento SCA 21 settembre 2019 Via Soravito Anticima di Meluzzo

 

Sabato, 15 Febbraio 2020 16:11

 

Secondo quanto comunicato dalla Fondazione Montagna Sicura, sabato 8 febbraio si è verificato il crollo principale, nell’alto bacino della Brenva, seguito da altri minori nei giorni successivi, per una massa complessiva stimata in oltre 100mila m3 di ghiaccio.

seracco monte bianco crollo 2020 1Immagini diffuse da "Montagna Sicura"

 

La situazione, monitorata da tempo anche tramite immagini satellitari fornite da ESA Sentinel, era peggiorata drasticamente nei giorni immediatamente precedenti il crollo, con una accelerazione dello scivolamento della massa glaciale superiore ai 50 centimetri al giorno.

Vedi ulteriori dettagli qui

L’evento non ha coinvolto persone e non ha avuto ripercussioni in fondovalle ma conferma in modo evidente la situazione complessiva di fragilità del bacino della Brenva, dovuta in parte alla normale dinamica di scivolamento delle masse ma sicuramente anche aggravata dagli effetti del mutamento della situazione climatica degli ultimi anni.

Rimandiamo all’articolo webcam sulla Brenva pubblicato il 30 agosto scorso.

Per seguire da vicino la situazione dei ghiacciai e delle pareti nel bacino della Brenva clicca su Webcam sulla Brenva (immagini trasmesse in diretta).

A cura di Alberto Rampini

Presidente Generale

 

Martedì, 21 Gennaio 2020 20:53

Incredibile ma vero!

Chi avrebbe mai detto che l’arrampicata sportiva, dove il grado fa premio su tutto, è stata “inventata” proprio da alpinisti provenienti da quella tradizione di alpinismo classico per il quale non è certamente il grado, o solo il grado, a fare premio, bensì l’avventura, la ricerca e il confronto diretto e leale dell’uomo con la montagna, al di fuori di qualsiasi regola prestabilita e competizione diretta con altri?

Alcuni visionari, Mellano in primis, furono ammaliati dalla nuova idea dell’arrampicata come sport e la immaginarono come altra faccia possibile della passione verticale.

A quasi quarant’anni di distanza, se non possiamo negare il contributo importante dello sport arrampicata alla crescita tecnica, non possiamo però far a meno di costatare che le idee sono, se possibile, ancora più confuse di allora. E questa confusione ci induce a pensare che sia venuto il  momento di fare una distinzione precisa e profonda tra sport e alpinismo, per valorizzare in pieno il primo e conservare al secondo i suoi valori costitutivi.

Nella confusione di oggi, la “sportivizzazione” dell’alpinismo (o “l’alpinizzazione” dello sport arrampicata) introduce elementi di grande destabilizzazione nell'attività libera e anarchica del salire monti e pareti, valorizzando sempre più l'aspetto ginnico, con prestazione e primato che vanificano progressivamente i valori propri dell’alpinismo.

Ricondurre arrampicata sportiva e alpinismo all’interno di due categorie ben differenziate e con scale di valori diversi e non traducibili sembra l’obiettivo da perseguire per conservare il grande patrimonio che prende storicamente il nome di “Alpinismo” e che merita di essere preservato sia dalla contaminazione dello sport che dalla banalizzazione dell’UNESCO.

Di seguito l’interessante intervista di Andrea Giorda ad Andrea Mellano, un documento che ci aiuta a capire il contesto e i moventi alla base della nascita dell’arrampicata sportiva e delle prime gare.

Alberto Rampini

Presidente Generale

 

Le Olimpiadi di Andrea Mellano, com’è nata l’arrampicata sportiva.

Andrea Mellano è stato il primo promotore della scalata sportiva. Sua la prima palestra indoor aperta al grande pubblico al Palazzo a Vela di Torino. Primo organizzatore insieme ad Emanuele Cassarà delle gare di arrampicata nel 1985. Fondatore della SASP e della Fasi, un mito mondiale tutto italiano che ci racconta in questa intervista, alla soglia delle Olimpiadi di Tokyo, come la sua fosse pura visione ed eresia quarant’ anni fa.

 

Sportroccia 85 pubblicoSportroccia '85. Un folto pubblico assiste alla prima gara di arrampicata

        1982 inaugurazione Mellano e Messner1982. Messner e Mellano all'inaugurazione del Palavela.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Quell’uom di multiforme ingegno” no non mi riferisco all’omerico Ulisse, ma ad Andrea Mellano classe 1934, 85 anni quest’anno. Solo il racconto delle sue scalate riempirebbe una serie su Netflix, di quelle che si vedono tutte di un fiato incollati alla poltrona.

Primo Italiano insieme agli storici amici a salire la Nord dell’Eiger, quando ancora gli italiani non erano ritenuti in grado di scalarla. Lui e Romano Perego, Ragno di Lecco furono i primi italiani ad aver scalato tutte e tre le grandi nord : Cervino, Eiger e Grandes Jorasses. Esploratore con spedizioni in Nepal dove salì cime inviolate e in Afghanistan dove conobbe il Re e fu ammesso al tempio dei grandi Buddha. Quelli che i talebani fecero poi saltare in aria. Amico di Guido Rossa il sindacalista ucciso dalle Brigate Rosse, di cui ricorda l’aneddoto che gli toccò trasportarlo sul tetto della seicento dopo che si era infortunato sul Becco di Valsoera, in auto, con la gamba puntellata non ci stava!

Ma il Mellano Alpinista, negli anni lascia il posto ad un Mellano visionario al quale il movimento dell’arrampicata mondiale attuale è grande debitore, in quanto lui ha teorizzato per primo l’arrampicata come sport, una vera e propria eresia per i suoi contemporanei. Contro tutto e tutti ci ha creduto e la recente ammissione dell’arrampicata ai Giochi Olimpici, grazie a Marco Scolaris è anche una sua conquista che andrebbe sottolineata a dovere.

 Nel 1980 sapevo che Andrea Mellano era quello che aveva scalato il formidabile spigolo ovest del Becco di Valsoera, io avevo ripetuto la sua via e ne ero affascinato ma non lo conoscevo, rimasi stupito che tra tantissimi pretendenti chiamò proprio me, insieme a Gerard Sallette e Valeria Valli a istituire il corso di arrampicata indoor al Palazzo a Vela di Torino fummo i primi in una struttura artificiale.

Una delle prime persone che incontrai fu Patrick Berhault, giovanissimo, che mi chiese chi si iscriveva ai corsi…io non sapevo che dire perché era un mistero anche per me e dissi con una battuta poco felice, mah le casalinghe! Al chiuso era tutto da inventare. Con Marco Degani, che fece i disegni, scrissi il primo manuale per scalata indoor e piano piano capii l’enorme potenziale di quel nuovo giocattolone. Vidi arrivare Patrick Edlinger e Reinhold Messner curiosi e tanti altri nostrani Roberto Perucca e un giovane e sconosciuto Andrea Gallo, campione di skateborad, che vedendomi tonico sui passaggi più difficili mi chiese quante trazioni facevo, lo guardai e dissi boh (!) l’allenamento non è mai stato il mio forte, lui nella testa era già un professionista determinato e sportivo.

Certo i giornalisti erano incuriositi da questa struttura, scrissero che eravamo le “scimmie metropolitane” e noi ci facemmo la foto da scimmie. Arrivava di tutto, una umanità varia, tanta gente in scarponi Galibier o Supercervino ingrassati, camicia a scacchi alla Carlo Mauri e pantaloni alla zuava, una volta arrivò un gruppo così conciato in cordata già alla biglietteria come appena sbarcato sulla punta Helbronner e non dall’autobus di via Ventimiglia dietro la Fiat Lingotto.

Emanuele Cassarà quando alla sera usciva dalla redazione di Tuttosport, spesso passava al Palavela a trovare Mellano per l’organizzazione della prima gara di Bardonecchia e voleva a tutti costi che mi iscrivessi, anche perché c’era il timore che le boicottassero e non ci fossero abbastanza partecipanti. Mi chiamava Neskeens, perché diceva che avevo un fisico torcio e massiccio da terzino olandese e un po’ di faccia assomigliavo al grandissimo giocatore dell’Olanda di Cruyff. Non ho mai avuto il coraggio di dire ad Emanuele, una splendida ed energica persona, che io ero tra quelli poco convinti delle gare, io amavo la scalata libera clean cercando di usare solo i nut in valle dell’ Orco, andavo alla scoperta del Diedro Atomico o di Sitting Bull, i miei eroi erano Royal Robbins e Chuck Pratt ed ero assai lontano da quel mondo che nasceva con protezioni fisse e regole sportive.

Ma facciamoci raccontare da Mellano come è nato il movimento dell’arrampicata sportiva, a partire dalla prima palestra indoor del Palazzo a Vela di Torino.

1980 dimostrazione ghiaccio e roccia con con scarponi e casco1980. Palavela, dimostrazione di ghiaccio e roccia con scarponi e casco

     1980 Palavela Andrea Giorda e Gerard Sallette dimostrazione arrampicata1980 Palavela. Andrea Giorda e Gerard Sallette tengono una dimostrazione di arrampicata

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                              

IL PALAZZO A VELA E LA NASCITA DELL’ARRAMPICATA INDOOR

Andrea com’è che lo scalatore dell’Eiger si inventa una palestra di arrampicata indoor ?

Il mio alpinismo era libero da retoriche ideologiche e con l’arrampicata indoor non esiste contraddizione.

Si tratta di due attività che rientrano nel mio modo di puntare a traguardi di ogni genere, apparentemente irraggiungibili e un po’ utopistici e per questo molto stimolanti.

L’Eiger e la palestra di arrampicata indoor del Palazzo a Vela sono esempi non in contraddizione .

Come è nata l’idea della palestra di arrampicata del Palazzo a Vela?

L’idea di costruire una struttura artificiale urbana di arrampicata è nata da una riflessione sull’influenza che l’arrampicata intesa anche come fine a se stessa, stava avendo tra i ragazzi delle nuove generazioni alla fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70.

Sull’esempio di quanto già avveniva in Inghilterra nei Campus universitari, dove si stavano attrezzando muri per l’esercizio dell’arrampicata seguiti in Italia, a Bolzano, verso la fine degli anni’70, dove nel locale palazzetto dello sport avevano attrezzato un muro articolato per l’arrampicata, ho pensato che anche a Torino potesse nascere una struttura simile.

Com’è stata finanziata?

L’occasione favorevole si verificò alla fine degli anni ‘70 grazie alla ristrutturazione da parte del Comune di Torino, del Palazzo a Vela, utilizzato da anni solo per il rimessaggio di vecchi aerei in disarmo. Come tecnico dell’assessorato allo Sport feci la proposta di costruire all’interno del Palazzo una struttura per l’arrampicata. L’Assessore Alfieri e il Sindaco Novelli, entrambi appassionati degli sport della montagna, pur non avendo ben chiaro di cosa si trattasse furono favorevoli, non così alcuni membri dell’allora opposizione. Le divergenze si appianarono e la realizzazione fu approvata e finanziata nell’ambito degli impianti sportivi di base previsti nel Palazzo a Vela: campi da tennis, pista di atletica, campi di calcetto, pallavolo, ecc…

Naturalmente la mia proposta e con il relativo progetto di massima, era stata presentata ufficialmente e supportata dal Gruppo Accademico Occidentale del CAAI e dai suoi esponenti più prestigiosi, tra cui Corradino Rabbi.

Che riferimenti avevi per il progetto? Ricordo che era assai diversa dai modelli e dai materiali attuali, le resine. Era fatta di cemento, pietra, legno e tartan (gomma per piste da atletica).

Per il progetto mi sono basato su una struttura originale, autonoma dagli altri impianti del Palazzo, che presentasse la maggior parte delle possibilità di arrampicata ( placche diedri, fessure , strapiombi e anche un settore per la salita con ramponi). Ne risultò un complesso di 50 m di sviluppo lineare per oltre 8/9 metri di altezza, realizzato in cemento armato ricoperto in parte di lastre di pietra di Luserna e di “tartan” per il settore “ghiaccio”. La struttura venne realizzata in circa 50 giornate lavorative.

Si c’erano fessure di tutte le dimensioni, placche e Dulfer che nelle attuali palestre mancano! Era molto completa e avrebbe un senso ancora oggi, non vi è nulla di simile in giro.

Ma torniamo a noi. Come si sono inseriti il Cai e il Caai e come era organizzata la palestra?

La palestra fu ultimata nel 1980. L’attività iniziò con la gestione economica diretta del Comune di Torino. La conduzione tecnica fu assegnata a membri del CAAI mentre dell’assistenza diretta si occupò il Gruppo Guide Alpine del Piemonte. Il successo fu subito travolgente e vennero organizzati i primi corsi per bambini delle scuole e ragazzi mentre gli adulti iniziarono e prendere confidenza con quella strana struttura, malgrado lo scetticismo e l’indifferenza del “nobilato” alpinistico , tra cui alcuni alpinisti di primo piano di allora, e anche alcuni di quei giovani arrampicatori protagonisti della rivoluzione del “Nuovo Mattino”.

1982 inaugurazione Reinhold Messner e Wanda Rutkiewiczjpg1982. Reinhold Messner e Wanda Rutkiewicz all'inaugurazione del Palavela 

 

      62123Premiazione. Cassin sulla sinistraSportroccia 85 Bardonecchia indicazione stradale

 

 

    

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’inaugurazione fu un grande evento per la città, ricordo il sindaco di Torino Diego Novelli, Reinhold Messner scettico e fresco di Everest senza ossigeno , Wanda Rutkiewicz e Massimo Mila che disse che con Gervasutti, Chabod e Rivero, in mancanza d’altro scalavano sui pilastri dei palazzi di Corso Vittorio Emanuele a Torino e sognavano una struttura simile! . Cosa ricordi di quei giorni?

L’inaugurazione ufficiale avvenne nel 1982 nell’ambito della mostra SPORTUOMO “80 alla presenza delle autorità della Città, del CONI, del CAAI e con la partecipazione di Reinhold Messner e Wanda Rutkiewicz. L’impianto in quella occasione fu dedicato a Guido Rossa commemorato da Massimo Mila e un giovanissimo arrampicatore, Andrea Giorda, scoprì la targa celebrativa. Fu una giornata per me indimenticabile che vedeva la conclusione di quanto mi ero prefisso di realizzare.

Purtroppo per lo svolgimento a Torino delle Olimpiadi Invernali del 2006 la palestra di arrampicata, con una scelta incomprensibile del Comitato organizzatore non fu più prevista nell’ambito della nuova destinazione del Palavela e fu demolita. Così si perse la prima occasione di presentare la nuova disciplina dell’arrampicata nell’ambito di una manifestazione olimpica

Ormai l’idea della arrampicata intesa come attività propedeutica all’alpinismo e anche fine a se stessa si era concretizzata e altre palestre erano sorte a Torino e in altre parti d’Italia. Il seme del Palavela aveva dato i suoi frutti e altre iniziative altrettanto “visionarie” si stavano realizzando come la prima gara internazionale di arrampicata sportiva nel 1985 a Bardonecchia.

SPORTROCCIA LA PRIMA GARA DI ARRAMPICATA, UN’IDEA RIVOLUZIONARIA E CONTRASTATA

Quando hai iniziato a pensare alle gare di arrampicata? Quali sono state le prime reazioni?

Con il giornalista sportivo Emanuele Cassarà, amico e compagno di escursioni in montagna, discutevamo molto sulla possibilità che l’arrampicata moderna, viste le caratteristiche sportive che si andavano delineando, potesse trasformarsi in una vera disciplina sportiva agonistica. Queste nostre idee trovarono subito un mare di critiche nell’ambito alpinistico per la sua dirompente intromissione nelle severe e classiche linee morali dell’alpinismo.

Noi continuammo nelle discussioni coinvolgendo arrampicatori e alpinisti in vari incontri. Trovammo molte opposizioni ma anche molte approvazioni che ci convinsero a proseguire nella nostra proposta, malgrado la ferma opposizione del CAI che riteneva inammissibile introdurre, nell’ambito alpinistico, una attività sportiva prettamente agonistica, non considerando che si trattava di una attività non alternativa all’alpinismo classico, ma di una disciplina che avrebbe arricchito le proposte del CAI ai giovani al passo con i tempi.

Cosa ricordi della organizzazione della prima edizione Di Sportroccia del 1985?

Con Alberto Risso alpinista e l’arrampicatore Marco Bernardi, giovane talento emergente dell’ arrampicata tra i primi in Europa, formammo un gruppo di lavoro organizzativo e tecnico. La scelta del luogo dove svolgere la gara cadde sulla Parete dei Militi della Valle Stretta di Bardonecchia. Iniziammo subito la ricerca di risorse economiche interessando vari Enti e ditte nonché la ricerca di patrocini. Fu un lavoro durissimo, trovammo molte adesioni ma anche molti rifiuti. Il Comune di Bardonecchia mise a disposizione le sue strutture. Diedero il loro autorevole sostegno la Provincia di Torino, la Regione Piemonte il Comune di Torino, il Museo della Montagna (non come CAI), il Club Alpino Accademico e le principali ditte di articoli per l’alpinismo e l’arrampicata.

Massimo Mila e seduto Diego NovelliMassimo Mila e seduto Diego Novelli

    1982 inaugurazione Andrea Giorda scopre targa a Guido Rossa1982, inaugurazione del Palavela. Andrea Giorda scopre una targa in memoria di Guido Rossa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Una frangia del modo dell’arrampicata era contrario alle gare, Patrick Berault in testa, molti firmarono un documento contro per poi ricredersi e diventare grandi protagonisti, Edlinger mi sembra fu uno di questi?

Sulle riviste specializzate e nei vari convegni si produssero documenti e manifesti, in opposizione dell’iniziativa, firmati anche da alpinisti prestigiosi quali i francesi Edlinger, Destivelle ( che poi parteciparono, e vinsero) e molti italiani ( che è meglio non ricordare per la loro successiva rapida inversione di posizione).

La gara venne fissata   il 6-7 luglio 1985 e le iscrizioni, gratuite valide sino al 5 luglio. Nel periodo precedente si provvide al perfezionamento della complessa macchina organizzativa e ad attrezzare le pareti e la tendopoli per il soggiorno degli atleti.

La grande incognita era però la partecipazione degli arrampicatori alla gara. Cassarà, tramite i giornali, si mise in contatto con le associazioni alpinistiche straniere e giovanili varie, inviando centinaia di moduli di iscrizione. Non restava che attendere; Risso si assunse il compito per la gestione economica, Bernardi quella tecnica attrezzistica e i regolamenti di gara, io quella organizzativa generale.

Il mondo dell’Alpinismo era chiuso e maschile, tu hai aperto subito le gare alle donne, anche questo ti deve il mondo dell’arrampicata. Vennero grandi protagoniste Caterine Destivelle, Lynn Hill e la nostra Luisa Jovane simboli per le ragazze di tutto il mondo . Hai qualche ricordo in proposito?

Le iscrizioni stentavano ad arrivare e noi eravamo molto preoccupati, anche per la questione economica che avremmo dovuto sostenere personalmente, in caso di insuccesso. Si misero di mezzo anche l’instabilità delle condizioni metereologiche che all’inizio di luglio a causa di numerosi temporali allagò quasi tutta la valle Stretta. Fortunatamente un paio di giorni prima il tempo si mise al bello. Alla vigilia della gara il numero delle adesioni era ancora sotto le nostre previsioni (30-40 partecipanti) ma alla sera si presentarono oltre 50 concorrenti di cui 7 ragazze, tra cui l’italiana Luisa Jovane e, a sorpresa la francese Caterine Destivelle.

C’era il modo intero, addirittura un entusiasta Riccardo Cassin!

A presiedere la manifestazione fu interpellato Riccardo Cassin, che accettò con entusiasmo come l’accademico Oscar Soravito, chiamato a far parte della giuria coadiuvato dagli arrampicatori, che non accettarono di partecipare alla gara, Mariacher e Manolo. La gara ebbe un grande successo sottolineato dai giornali e riviste specializzate, ma soprattutto da un grande pubblico che riempì tutta la valle Stretta per due giorni. Una delle sorprese più interessanti fu la presenza delle ragazze tra i concorrenti: bravissime e determinate protagoniste anch’esse, non solo più da comprimarie, della nuova arrampicata che stava nascendo. La nostra “folle” idea aveva raggiunto il suo scopo. indietro non si sarebbe più potuti tornare.

E vero che sei andato dai carabinieri a tirar fuori dai pasticci Wolfang Gullich? Cosa era successo?

Un episodio curioso avvenuto nelle serate al campo, fu l’avventura occorsa a Wolfang Gullich, fortunatamente finita bene. Wolfang con alcuni compagni a Bardonecchia aveva fatto bisboccia, alzando un po’ il “gomito” e in gruppo si portarono a ballare sui binari del treno, vicino alla stazione. Naturalmente i poliziotti li rincorsero e riuscirono a fermare il solo Gullich, forse il più brillo, portandolo in caserma. Saputo l’accaduto mi precipitai in caserma a parlare con i dirigenti della polizia. L’azione dei ragazzi era molto grave e Gullich rischiava una denuncia e una forte ammenda. Con calma cercai di spiegare la situazione di euforia dovuta alla manifestazione e chiesi di soprassedere alla severa sanzione. Il responsabile della polizia fu molto comprensibile e dopo una dura reprimenda rilasciò Gullich. L’avventura era finita bene.

     LA S.A.S.P. PRIMA SOCIETA’ DI ARRAMPICATA SPORTIVA E LA NASCITA DELLA FASI

Come nacque la prima società di arrampicatori indoor, la SASP ?

Con il successo della gara di Bardonecchia e lo sviluppo che stava prendendo l’attività di arrampicata sportiva, si trattava di dare una organizzazione al movimento degli arrampicatori che stava crescendo in molte località. A Torino si pensò di costituire una società che riunisse gli appassionati dell’arrampicata. A tale scopo nel 1987, sorse la SASP –Società Arrampicata Sportiva Palavela. Sull’esempio di Torino in molte località italiane sorsero gruppi e società di arrampicatori

E la Fasi ? Perché l Cai non colse l’occasione di cavalcare quel mondo? In fondo io i corsi al Palavela li facevo a nome del Caai ? Una decisione miope che ha aiutato a spezzare il legame tra arrampicatori e la tradizione alpinistica.

L’idea di una Federazione sportiva che rendesse omogenee le finalità delle varie associazioni venne di conseguenza all’evolversi e allo sviluppo dell’arrampicata intesa come attività libera anche agonistica, ma non alternativa ai vecchi canoni ideologici e morali dell’alpinismo tradizionale. Il CAI sarebbe stato un Ente importante di riferimento anche per le affinità che legavano l’attività alpinistica all’arrampicata sportiva, ma i dirigenti di allora non vollero recepire il nuovo messaggio che veniva dai giovani adducendo ragioni di incompatibilità con le tradizioni prettamente alpinistiche del CAI.

Ci rivolgemmo quindi, Cassarà ed io, alle strutture regionali e poi nazionali del CONI che risposero positivamente alla nostra richiesta. Nacque così lo stesso anno 1987 la FASI – Federazione Arrampicata Sportiva Italiana. Nel frattempo, dopo la seconda edizione di Sportroccia a Bardonecchia e ad Arco di Trento, nel 1986, sempre su terreno naturale, si ravvisò l’opportunità di allargare le possibilità di arrampicata presso strutture coperte urbane sull’esempio del Palavela. Questa scelta fu indispensabile per definire in modo univoco i campi di azione dell’attività stessa dandole così una vera caratteristica di disciplina sportiva ben definita.

In pochi anni gli iscritti alla Federazione divennero alcune migliaia, questo convinse il CONI ad accogliere, nel 1990, la FASI tra le discipline Associate nazionali. Per questo riconoscimento il CONI interpellò il CAI per un suo parere, e il CAI diede il suo consenso, malgrado alcuni suoi dirigenti fossero contrari.

Che impressione ti fa ora vedere che l’arrampicata è una disciplina olimpica? E’ anche il coronamento di una intuizione tua e di Cassarà?

Di strada da allora se ne è fatta tanta, attraverso tappe importanti come l’ingresso della FASI nell’ambito dell’U.I.A.A prima e poi nella organizzazione autonoma internazionale, fondata da Marco Scolaris, cofondatore e dirigente FASI.

Ora la disciplina dell’arrampicata sportiva è diffusa in oltre 70 nazioni, in Italia i tesserati nell’anno corrente hanno raggiunto oltre 40.000 iscritti.

L’importanza dell’arrampicata sportiva agonistica e la perfetta efficienza dell’organizzazione internazionale e delle singole nazioni, ha fatto sì che la disciplina fosse inserita nel programma dei Giochi Olimpici del 2020 di Tokyo. Per me è una delle più grandi soddisfazioni che si possano desiderare e lo sarebbe sicuramente per Emanuele Cassarà e Alberto Risso (entrambi non più tra noi), e per tutti coloro, in primis Marco Bernardi, che hanno vissuto l’inizio di questa bellissima e folle avventura sportiva.

Per quanto riguarda le divergenze di fondo che esistevano tra l’arrampicata sportiva agonistica e il CAI si possono considerare superate, per le molte affinità tecniche di base che uniscono l’alpinismo tradizionale e l’arrampicata sportiva, essendo ormai riconosciuto l’apporto laico e di sicurezza che la nuova disciplina sportiva ha introdotto nella pratica alpinistica: non più il rischio fa grado, come si intendeva un tempo in alpinismo, ma la sicurezza e la tecnica nella progressione devono essere la regola fondamentale a supporto dei risultati nell’alpinismo, come nell’arrampicata sportiva, amatoriale e agonistica.

Il cerchio si è chiuso: Eiger e arrampicata sportiva non sono più così lontani e inconciliabili.

Grazie Andrea!

Andrea Giorda CAAI – Alpine Club UK

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