PILASTRO VINCENT – Via Grassi-Meneghin
Una delle vie di arrampicata più belle del Rosa, soprattutto per l'ambiente in cui si trova, particolarmente selvaggio.
Anselmo Giolitti (CAAI) racconta la salita effettuata il 27 agosto 2021 assieme a Gianfranco Gilardini (CAI Torino), Marcello Sanguineti (CAAI) e Marco Bagliani (CAAI)
Il versante valsesiano del Monte Rosa, severo e selvaggio, richiede lunghi avvicinamenti e spesso garantisce completa solitudine. Offre un terreno dove si può ancora fare dell’alpinismo con la ‘A’ maiuscola! Tra le sue pieghe è incastonato il Pilastro Vincent. Grandiosa quinta rossastra che si protende verso Est sopra il bordo settentrionale del canale Vincent. Senza nome né quota sulle carte, con i suoi 4050 m il pilastro presenta uno sperone quasi verticale verso Est e una larga parete Sud verso il colle Vincent.
Nel 1982 le guide di Alagna Valsesia Osvaldo Antonietti e Francesco Enzio aprono una tra le vie più belle su roccia dell'intero gruppo del Rosa, la "Enzio-Antonietti": itinerario elegante, vario, su roccia solida e al riparo da pericoli oggettivi (TD con difficoltà di V e VI-). Poco distante, il 13 luglio 1983, Gian Carlo Grassi e Isidoro Meneghin aprono una via per lo spigolo sud-est, che di fatto segue la Enzio-Antonietti fin quasi alla grande cengia a metà parete, per poi proseguire a sinistra sull'ardito spigolo sud-est (TD-).
Proprio di quest’ultima abbiamo già più volte parlato ed è stata oggetto di ipotetiche programmazioni.
Questa volta è quella buona...almeno per partire! Si sono concretizzate infatti tutte le ‘congiunzioni astrali’ necessarie per organizzare!
Nel corso dell’estate avevo sentito più volte Gianfranco e Marco per combinare qualcosa e questa volta ci siamo tutti e tre. All’ultimo Marco mi informa che c’è anche Marcello. Si susseguono i rendez-vous a Torino e Romagnano e una tappa per mangiare qualcosa... nel pomeriggio avremo sicuramente bisogno di ‘carburante’ da bruciare: ci aspettano 1800 metri di dislivello e almeno 5 ore di cammino!! Lasciata l’auto poco sopra Alagna, usufruiamo della navetta per arrivare alla partenza del sentiero. Poco dopo le 13, ci siamo: si parte! L’inizio è piacevole. Si passa il rifugio Pastore all’Alpe Pile (tutto molto addomesticato e a misura di turista!) e poi si sale bene fino al bivio per il rifugio Crespi. Di qua il sentiero piano piano si riduce a una traccia, sempre comunque ben segnata.
Dopo un po', il primo paventato guado. Via gli scarponi. Per fortuna una corda è stata lasciata come corrimano: agevola i passi incerti, soprattutto dove l’acqua è più profonda, e il ‘boulder’ finale…un masso bagnato sul quale issarsi a piedi nudi! foto 2
Di qua il sentiero si inerpica su un’infinita schiena d’asino fino alle pietraie sotto la bastionata, dove è posta la Capanna Gugliermina.
A quota 2200 circa ci carichiamo di acqua in quanto non abbiamo informazioni precise sulla presenza in seguito. I due litri e mezzo/tre di cui mediamente ci carichiamo si fanno subito sentire! Terminata la sfiancante schiena d’asino, entriamo un po' nella nebbia. Per seguire la traccia sulla pietraia, con le rade tacche, dobbiamo fare un po' più attenzione.
Quando arriviamo in prossimità della parete dove si insinua il percorso ferrato rileviamo con piacere la presenza di una bella cascatella, per cui rabbocchiamo tutto il possibile.
L’ultima parte dell’avvicinamento, come succede sempre, sembrava più breve!
In poco più di 5 ore eccoci alla capanna Gugliermina.
Bivacco ben tenuto, con ogni comfort (gas, pentole, coperte, luce). Complimenti e grazie al CAI di Varallo!
Io e Gian, che ci siamo un po' avvantaggiati, nell’attesa di Marco e Marcello, andiamo a recuperare ancora un po' di neve da sciogliere e a fare un sopraluogo sulla parte inziale dell’avvicinamento per il mattino successivo. Poco dopo ci ritroviamo tutti nella capanna. Sistemiamo gli zaini e ceniamo. Si scherza e si ride e la bella atmosfera di amicizia contribuisce a farci dimenticare la stanchezza accumulata nel lungo avvicinamento!
Programmiamo la sveglia alle 2.30, con l’obiettivo di arrivare alle prime luci alla terminale e magari…chissà…di riuscire anche a scendere in tempo ai Salati per l’ultima funivia.
Sveglia e partenza come da programma verso le 3.40. Superate le rocce sopra la capanna, segue un traverso a destra su ghiaioni, poi all’altezza di un nevaio prendiamo una rampa ascendente verso sinistra. Terreno sul quale muoversi con attenzione, ma il sopraluogo della sera prima ci ripaga: cominciamo a vedere radi ometti che, come da relazione, segnano la salita che prosegue rimanendo sempre leggermente a sinistra della dorsale. Qualche passaggio di II-III e il percorso, sempre un po' da ricercare, scorre comunque veloce. L’aria cambia e ci conferma che ci stiamo avvicinamento al bordo del ghiacciaio. In meno di due ore ci siamo. Calziamo i ramponi e ci leghiamo per attraversare il ghiacciaio delle Piode. Nell’avvicinarci alla terminale l’alba illumina sempre meglio il cammino.
Ci portiamo sull’estremità sinistra della terminale, al di sotto dell’attacco della via, dove pare più agevole guadagnare il labbro inferiore della crepaccia. Una volta sopra rileviamo che, invece, purtroppo è molto aperta! Attraversiamo completamente a destra dove un ponte ci permette di attaccare la parte superiore e con un tiretto di 20m siamo sul pendio superiore.
Ci tocca riattraversare nuovamente tutto a sinistra per raggiungere l’attacco.
Parto poi con i ramponi sulla prima rampa che ha ancora neve. Dopo quasi 60 m raggiungo la prima sosta con cordoni su uno spuntone.
Gian mi raggiunge e riparte, ma dopo una quindicina di metri, dove il diedro si impenna, bisogna cambiare assetto. Calziamo le scarpette e infiliamo scarponi, ramponi e picca nello zaino. Questa seconda lunghezza sale prima in una fessura per poi spostarsi a sinistra più verticalmente sullo sperone.
La successiva è più facile, su placche di roccia molto bella.
Prendiamo troppo alla lettera la relazione nel tenerci sulle placche di sinistra e rimaniamo alti rispetto al muro che porta ad imboccare il diedrone dove prosegue la via. Salendo il tiro i dubbi miei e di Gian sono sempre più forti, fino a che li manifestiamo a Marcello e Marco, che seguono. Dopo una breve valutazione a loro pare subito chiara la linea di salita verso destra. Ce lo comunicano e proseguono correttamente, mentre noi ci caliamo con una doppia su uno spuntone e ci accodiamo.
La linea ci ritorna subito evidente, in un diedrone di roccia rossastra molto bella.
Si sale la fessura, anche se a volte si scala discostandosi un po' su belle placche o muri molto lavorati. Un’altra lunghezza di 60 m pieni nel diedro ci porta fin dove la parete si apre verso destra.
Da questo punto ci si sposta leggermente a sinistra della sosta per una trentina di metri, su bellissime placche lavorate. Ritorna quindi evidente la linea di salita che va ad infilarsi nell’ennesimo diedrone.
Con due lunghezze, di cui la seconda con un passaggio di uscita strapiombante un po' da cercare, superiamo la parte verticale del pilastro e con un'altra su roccia più articolata e rotta siamo in cima al pilastro.
L’ambiente è grandioso, vediamo ormai vicini il colle e la Piramide Vincent e più in alto la Punta Parrot, ma non è finita!
Ci aspettano due tratti di cresta su roccia articolata, interrotti da una doppietta di 15 m.
L’ultima parte di cresta è ardita e impieghiamo un po' di tempo ad individuare il punto debole dove superarla. A complicare tutto si è sollevato un vento gelido che ci obbliga un po' a scalare con i guanti e un po' a lottare con il freddo a mani nude. Una lunghezza di 60 m su roccia rotta ci porta al pendio finale. Mettiamo via tutto il materiale, indossiamo finalmente i duvet e saliamo l’ultima lunghezza su neve, con uscita su una modesta cornice già lavorata da recenti passaggi.
Reciproche congratulazioni di rito, qualche battuta e lo sguardo ad ammirare il ghiacciaio Lys e tutte le vette circostanti, in solitudine! Non ci sono più altre cordate in giro! L’ipotesi di raggiungere l’ultima funivia era già svanita da un po', non ci resta quindi che scendere fino in rifugio e sperare in qualche posto letto disponibile.
Al rifugio Mantova troviamo posto per tutti e ancora un semplice piatto di minestra e una fetta di frittata, che in questi casi sono ottimi!! Al mattino ad Alagna ci rifacciamo con un’ottima colazione e ci scambiamo le ultime considerazioni su una salita impegnativa, completa e di grande soddisfazione, nonostante le difficoltà tecniche non elevate!