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Club Alpino Accademico Italiano

Monte Bianco: laboratorio di innovazione alpinistica ieri, oggi… e domani?

Lunedì, 29 Dicembre 2025 22:18

Convegno Nazionale CAAI 2025

Hanno partecipato circa 250 persone al Convegno Nazionale del Club Alpino Accademico Italiano a Gressan, lo scorso 8 novembre, forse grazie alla nomea dei relatori e sicuramente in virtù del tema: il Monte Bianco.

20251108 145224Erri De Luca, nuovo socio onorarioAll’intervento di benvenuto di Mauro Penasa, presidente generale del Club Alpino Accademico Italiano, e di Fulvio Scotto, presidente del Gruppo Occidentale del CAAI - che ha curato l’organizzazione del Convegno Nazionale 2025 - sono seguiti i saluti delle autorità presenti in sala: il sindaco di Gressan René Cottino, il presidente del CAI Regionale Valle d’Aosta Marco Bonelli e il neoeletto presidente della Regione Valle d’Aosta Renzo Testolin. Tra gli ospiti illustri del convegno anche il Vicepresidente generale del CAI Giacomo Benedetti, il cui intervento ha chiuso la prima parte dei lavori, prima del coffee break.

Un momento di grande emozione per tutti è stato l’incontro con lo scrittore Erri De Luca, alpinista anch’egli e grande appassionato di montagna, che, proprio in occasione del convegno, è stato acclamato nuovo socio onorario dell’Accademico.

In un lungo pomeriggio d’autunno si sono succeduti sul palco numerosi protagonisti della storia alpinistica del tetto d’Europa, con una carrellata di parole e immagini che ha sicuramente confermato la tesi dell’incontro – il Monte Bianco come laboratorio di sperimentazione verticale – aggiungendo ipotesi e suggestioni a una materia amplissima.

Giovani e meno giovani hanno dimostrato, se ce n’era bisogno, che ogni nuovo sguardo porta un’inedita visione della scalata e che alcuni esperimenti riescono a bucare la consuetudine, aprendo nuove strade.

Nell’introduzione dedicata ai pionieri, Pietro Crivellaro ha posto l’accento sul ruolo dei cartografi militari, categoria trascurata nella ricostruzione dell’alpinismo. I militari si affiancano ai valligiani (i “carabiniers paysans”, pattuglie di cacciatori scelti, infallibili con la loro carabina, conoscitori di ogni punta di roccia e di ogni precipizio, capaci di guidare e portare in salvo reparti militari sorpresi dalla tempesta e dalle incognite dell’alta montagna, antesignani delle guide alpine) e, per molti aspetti, anticipano la frequentazione alpinistica delle montagne che la storiografia tradizionalmente fa risalire all’epoca illuministica e romantica. Le puntuali osservazioni di Crivellaro e i molti riscontri che altri storici come lui hanno messo in evidenza, mostrano l’urgenza di riesaminare le nostre convinzioni in merito all’origine dell’alpinismo.

Poi si è passati al convegno vero e proprio, che prendeva le mosse dall’eredità di Walter Bonatti e René Desmaison, grandi interpreti degli anni Cinquanta e Sessanta. Lo stesso Alessandro Gogna, che ha moderato l’incontro insieme a Enrico Camanni, ha testimoniato il clima del periodo, e di quello immediatamente successivo, ancora caratterizzato dalla corsa alle grandi invernali e alle prime solitarie, come lo sperone Walker delle Grandes Jorasses.

P1010483Pietro Crivellaro al centro, Anselmo Giolitti a sin, Enrico Camanni e Alessandro Gogna a des

 

P1010517Patrick Gabarrou

DSCF0004Monte Bianco - ph A. Rampini

P1010502Ugo ManeraPoi è stata la volta di Ugo Manera, ricercatore di vie nuove, che ha raccontato quanto ci fosse ancora di inesplorato sul Bianco degli anni Settanta e Ottanta per un cacciatore seriale di nuove vie su pareti ancora mai percorse, anche se le grandi pareti erano state scalate.

Dopo Manera è stato Patrick Gabarrou a raccontare, con la consueta poesia, la riscoperta del ghiaccio nella metà dei Settanta, in compagnia di personaggi mitici come Jean-Marc Boivin. Non tanto la tecnica, ma lo sguardo e il sentimento sono usciti dai ricordi di Patrick, un personaggio autorevole e apprezzato da tutti, che ha davvero catturato l’attenzione della sala.

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P1010527Anna Torretta

 

P1010525Ezio Marlier

 

 

          Il Dru, una delle più iconiche cime del massiccio del Monte Bianco - ph A. Rampini

E poi Marco Bernardi, fantastica meteora a cavallo tra il vecchio e il nuovo alpinismo e tra l’alpinismo e l’arrampicata sportiva, che ha raccontato con ironia le sue avventure, riflettendo sul senso del rischio e ricordando i compagni di cordata Gian Carlo Grassi e Gianni Comino.

Dopo il break sono saliti sul palco Ezio Marlier e Anna Torretta, guide alpine e protagonisti della seconda rivoluzione del ghiaccio tra gli ultimi anni del Novecento e i primi del nuovo secolo. Gli attrezzi arcuati e dentati e l’alta preparazione atletica hanno reso possibile la scalata delle cascate più difficili e anche dei tratti rocciosi con la tecnica del dry-tooling, aprendo nuove possibilità e prospettive.

Manlio Motto, apritore di vie iconiche su granito con Michel Piola e Romain Vogler, ha insistito sulla dimensione etica della scalata. Nella sua relazione, come anche in quella di Bernardi, è emersa con forza la tematica dell’utilità dell’alpinismo che, pur interpretandosi come “conquista dell’inutile”, rappresenta una preziosa pratica di esplorazione dei limiti e delle potenzialità umane, con ricadute molto pratiche su numerosi ambiti culturali, sociali ed economici, in particolare sulla sicurezza nel lavoro in quota.

È arrivato poi il momento di parlare dell’oggi e delle prospettive future. Ad assumersi questo compito, con grande sobrietà ed efficacia, sono stati alcuni giovani protagonisti dell’alpinismo contemporaneo.

P1010534Marco Ghisio

 

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Marco Ghisio prima di tutti, con una puntuale panoramica sulle ultime realizzazioni, e poi Jerome Perruquet, François Cazzanelli e Giuseppe Vidoni, campioni della velocità ma anche esploratori del presente, come ha infine testimoniato il bel film “Bianco invisibile” con gli stessi Cazzanelli e Vidoni, impegnati nell’apertura di una via nuova sull’Aiguille Blanche de Peutérey.

Dalle loro testimonianze sono emersi tre “filoni evolutivi” tra loro correlati. Il primo è quello dell’arrampicata libera su altissime difficoltà in alta quota, trend ben esemplificato dalla libera della via Petit al Grand Capucin, realizzata da Alex Huber nel 2005 e dalla recentissima libera della via Lafaille al Dru, ad opera di Léo Billon e Enzo Oddo. Particolarmente interessante anche l’evoluzione del dry tooling sulle grandi pareti del Bianco: l’uso sistematico di ramponi e piccozze, anche sui tratti rocciosi, consente oggi di affrontare nella stagione più fredda quelle pareti e itinerari divenuti difficilmente percorribili in estate, a causa del cambiamento climatico.

20251108 190936Un terzo filone evolutivo è quello della velocità e della metodica preparazione atletica, non viste come obiettivi fine a se stessi, ma come precondizione per poter realizzare progetti sempre più ambiziosi, limitando l’esposizione ai rischi. Ne è un esempio la salita invernale in giornata, della Gousseaut-Desmaison, compiuta nel febbraio del 2023 da Benjamin Védrines e Léo Billon, oppure l’ascensione, sempre in giornata, di Divine Providence portata a termine nel luglio del 2024 da Cazzanelli e Vidoni.

Sicuramente il Monte Bianco non offre più spazi geografici inesplorati, ma, in fondo, questa è una condizione con cui gli scalatori fanno i conti già dalla fine dell’800. Come insegna Alessandro Gogna, l’alpinismo è soprattutto “visione”, il Tetto d’Europa continua ad essere ancora oggi il laboratorio nel quale nuove idee e nuovi orizzonti prendono forma e concretezza tra le rocce di rosso protogino e le linee effimere disegnate dalla neve e dal ghiaccio sulle sue grandi pareti.

Un particolare ringraziamento va a Grivel e DF Sport Specialist, gli sponsor che hanno sostenuto l’organizzazione dell’evento.

Si ringrazia inoltre Banca Sella, che da sempre appoggia le attività del Club Alpino Accademico.

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