Nel mese di settembre 2016 il socio Carlo Barbolini, assieme a Claudia, Brenno e Bergen, è salito al bivacco (a piedi) con l'attrezzatura completa ed il materiale predisposto per le riparazioni che erano state programmate.
E' stata sistemata la porta con lo smontaggio dei vecchi cardini e il montaggio dei nuovi. Sistemata anche la chiusura che risultava molto
allentata. Effettuati anche piccoli interventi ordinari (riparazione rete, pulizia del bivacco).
E' stato sostituito il vecchio libro con uno nuovo e sono state prese accuratamente le coordinate gps del bivacco.
Il 16-17 luglio 2016 Marco Bagliani, Pierluigi Maschietto e Giovanni Pagnoncelli (CAAI Gruppo Occidentale), Edoardo Polo e Marcello Sanguineti (CAAI Gruppo Occidentale) hanno aperto sul Pizzo d’Andolla la via “Lorenzo Marani”.
Parete E, 600m, max 6b+/6c.
Materiale: 1 serie di C3, 1 serie di C4 fino al #4, nuts.
La via si snoda per circa 600 metri di sviluppo; la seconda parte si svolge su una stupenda struttura, battezzata “Pilastro Rosso d’Andolla”. Undici tiri aperti in stile trad (friend, nut e un paio di chiodi), usando spit solo per le soste (tranne due, attrezzate con cordini su spuntone o clessidra). In discesa sono stati piazzati tre spit sulle placche, per facilitare la vita ai ripetitori.
Il resoconto della salita nel file allegato sopra.
La Sezione Sat di Cavalese e la Biblioteca comunale propongono per l’estate 2016 una serie di incontri con alpinisti ed interpreti dell’alpinismo trentino e nazionale ; inziativa che vuole anche essere lo spunto per una conoscenza dell’alpinismo e della montagna più consapevole e meno superficiale
Giovedì 14 luglio – sala conferenze biblioteca, ore 21.00
Presentazione del volume "Dolomiti Trentine Orientali" terzo volume dell’opera editoriale "…per sentieri e luoghi. Sui monti del Trentino"
Giovedì 21 luglio – Palafiemme , ore 21.00
"La montagna dentro" Incontro con Hervè Barmasse
Giovedì 28 luglio – sala conferenze biblioteca – ore 21.00
Sergio Valentini : da Canazei all’Everest
Giovedì’ 4 agosto – sala conferenze biblioteca – ore 21
Aldo Leviti: un alpinista a 360° gradi
Giovedì 18 agosto – sala conferenze biblioteca , ore 21.00
Marco Furlani (CAAI). Ampio respiro: la vita in salita di un alpinista trentino
Giovedì 25 agosto – sala conferenze biblioteca, ore 21.00
"Oltre la vetta" di Dante Colli .Vita di Gabriele Boccalatte e Ninì Pietrasanta
Ettore Castiglioni:
le imprese e la vita di una grande uomo e alpinista; a cura di Sandro Depaoli (CAAI)
"Quando desideravo salire una montagna, mi preparavo per quell’avventura e non sono mai stato sconfitto. Ho sempre avuto le soddisfazioni che cercavo perché mi preparavo adeguatamente per il mio obiettivo"
da un'intervista a Planet Mountain nel 2001
Tizzoni, Cassin, Esposito
Sul traverso della Nord della Cima Ovest di Lavaredo
"L'alpinismo è una educazione fisica e morale, è una grande scuola di vita"
R
In queste semplici parole Carlesso sintetizzava la sua austera visione dell'alpinismo.
Venne nominato Accademico nel 1931
Le vie più rinomate aperte dall'Accademico di Rovigo:
Via Soldà-Carlesso- Punta Sibele - 1933 - nuova via diretta da est con M.L. Orsini, 300 m, VII-
Camino est - Soglio d'Uderle - 4 giugno 1933 - prima salita della parete est per il gran camino con T. Casetta e A. Colbertaldo, 250 m, VI-
Via Carlesso-Menti -Sengio della Sisilla - 1933 - salita dello spigolo sud-est con M. Menti, 120 m, VI+ e A1
Diretta Carlesso -Soglio Rosso - 16 luglio 1933 - via diretta alla parete sud con T. Casetta, 300 m, VI
Via Carlesso-Sandri -Torre Trieste - 7 e 8 agosto 1934 - prima via da sud con B. Sandri, 700 m, fino a VIII-
Carlesso-Casetta -Baffelan - 1935 - via diretta alla parete est a destra dei grandi tetti con T. Casetta, 250 m, V+
Via Carlesso-Menti -Torre di Valgrande - 1936 - prima salita da nord-ovest con M. Menti, 500 m, VI e A2
Via Carlesso -Campanile di Val Montanaia - 1961 - salita della fessura est, 120 m, VI+
Torre Trieste Via Carlesso alla Parete Sud.
Una ripetizione degli anni '80 (Foto A. Rampini)
Entrato nell’Accademico nel 1957, fu uno dei protagonisti della seconda fase dell’epoca del sesto grado.
…una cosa che dovrebbe venire prima di tutto e sopra tutto è il recupero sempre più significativo dei grandi valori che sono stati alla base della nascita del CAI: la valorizzazione e condivisione dell’esperienza alpinistica ed esplorativa, il rispetto dei valori tradizionali dell’alpinismo e di una frequentazione della montagna compatibile con la sua conservazione come bene di tutti, cittadini e montanari di oggi e di domani...
..auspicabile una presa di posizione chiara e decisa sull’elisky ed elibike, sulle pratiche alpinistiche con corrette, su certe forme di sfruttamento e spettacolarizzazione della montagna che urtano la coscienza di chi ha nel cuore il bello e il giusto...
Questi i passi fondamentali del discorso del Presidente Generale del CAAI Alberto Rampini all’Assemblea dei Delegati di Saint Vincent/AO il 22 maggio 2016.
Leggi l’intervento allegato.
Assemblea dei Delegati 2016 in prima fila Vincenzo Torti e Paolo Valoti
L’Assemblea dei Delegati del CAI, organo deliberante supremo del sodalizio, al termine di un serrato testa a testa tra i due candidati alla carica di Presidente Generale del CAI Vincenzo Torti e Paolo Valoti, ha decretato la vittoria di misura per l’avv. Torti, che sarà Presidente Generale per il prossimo triennio.
A lui e a Paolo Valoti, nel ruolo proprio di ognuno, l’augurio del CAAI per un proficuo lavoro.
Elio Orlandi rigrazia l'Assemblea
L’Assemblea dei Delegati ha anche nominato SOCIO ONORARIO del CAI l’alpinista trentino ELIO ORLANDI. L’appassionata “laudatio” di presentazione, scritta dal collega accademico ARMANDO ASTE, è stata letta dal past president Roberto Demartin.
Ad Elio Orlandi, che ha sempre praticato un alpinismo di avventura e di scoperta di carattere accademico, il vivo compiacimento del CAAI.
Elio Orlando accompagnato dagli amici trentini Mariano Frizzera e Carlo Claus
IL CAAI VISTO DA SPIRO DALLA PORTA XIDIAS
Il CAAI è l’elemento più importante del CAI
di Spiro Dalla Porta Xidias
Relazione al Convegno Nazionale del CAAI (Caprino Veronese, 11 ottobre 2014)
Da quando vado in montagna e vivo per la montagna, il momento più bello, e vi prego di notare che ho iniziato nel 1942, è stato quando sono diventato Accademico.
Per me l’Accademico è l’ideale dell’uomo che va in montagna quindi, contrariamente a quanto ha detto nell’introduzione il presidente del Gruppo Orientale del CAAI, con cui mi scuso, non mi piace il fatto che il mio amico Umberto Martini, presidente generale del CAI, sia andato da una altra parte e non sia venuto qui, perché ad un certo momento io credo che gli anziani come me trovino poco confacente la poca attenzione che il CAI sta riservando all’Accademico.
Sono stato a Grado per assistere e gioire della premiazione della cordata che ha vinto il premio Consiglio, ma il giorno successivo, durante l’Assemblea dei Delegati, non vi è stato alcun momento in cui si parlasse di alpinismo, solo problemi e questioni cartacee.
In un’altra riunione dissi che temo che al posto del CAI arriveremo al CBI (Club Burocratico Italiano).
Spiro interviene al Convegno Nazionale CAAI di Caprino Veronese. Alla sua destra Del Zotto e Gogna (ph A. Rampini)
E’ ora che il Consiglio Generale del CAI rilegga l’articolo 1 dello statuto, che recita (NdR):
Art. 1 – Costituzione e finalità 1) Il Club alpino italiano (CAI), fondato in Torino nell’anno 1863 per iniziativa di Quintino Sella, libera associazione nazionale, ha per iscopo l’alpinismo in ogni sua manifestazione, la conoscenza e lo studio delle montagne, specialmente di quelle italiane, e la difesa del loro ambiente naturale.
Detto questo, per parlare della “libertà” nel mio intervento ho messo in primo piano conoscenza ed etica, perché per essere liberi, non a parole ma internamente, bisogna sapere, conoscere che cosa è l’uomo, chi è l’uomo.
Lo ha detto Platone, l’uomo è fatto di spirito e corpo. Questa nostra civiltà dà importanza solo al corpo, invece è lo spirito che conta e contemporaneamente in ogni uomo c’è un senso di innata elevazione.
L’ho sempre detto: in tutte le religioni e in tutte le tradizioni, la sede dell’aldilà (o il paradiso per chi è credente) si sono sempre collocati in cielo. L’uomo nasce con questo sentimento di elevazione.
Il bambino messo da solo in una prateria dove c’è un masso erratico non avrà pace fintanto che non l’avrà salito.
Allora parliamo di libertà, la parola è grande ma la libertà equivale, in questo mondo in cui si tende a rendere l’uomo simile ai robot, al senso che ognuno di noi trova andando in montagna, perché quando andiamo su di essa ci liberiamo assolutamente di quelli che sono i coinvolgimenti della vita normale.
Cominciamo non solo a guardare ma impariamo a vedere con occhio diverso la bellezza, ad ammirare la natura e valutare l’altezza del monte come un simbolo, non solo come una meta di arrampicata o escursionistica; ma è senso di libertà questa scelta che noi facciamo (che non è logica)? Quando arriviamo in cima a un monte viene da chiedersi “cosa abbiamo guadagnato?”.
Ovviamente niente di materiale, niente soldi se si esclude una piccola parte di professionisti sui quali si potrebbe dibattere se siano alpinisti o atleti.
Neanche fama, perché anche un calciatore, con rispetto parlando, della serie C è più importante di un grande alpinista.
Però con l’ascesa ti sei liberato, quindi hai avuto il senso di fare cose, che non esiste più in questo mondo: seguire un tuo ideale “gratuitamente”.
Parola magica che troviamo proprio nell’andare in montagna.
L’Accademico, oltre all’ascesa, cerca la difficoltà, l’esplorazione. Questa voglia conoscitiva è la cosa più bella, si è detto che l’esplorazione della terra è finita con i grandi navigatori del ‘400 e ‘500: ebbene NON E’ VERO (molto veemente, NdR), perché l’alpinismo ha sostituito l’orizzontale con la verticale.
Ha sostituito quindi una zona più breve e più piccola ma che direttamente punta a quell’alto che è nato con noi.
Libertà è la scelta di fare un’azione; malgrado tutto, anche andando per sentieri, affrontando rischi e pericoli gratuitamente, perché può cambiare il tempo, e già questo è sufficiente in montagna. Ma ognuno di noi la affronta per l’ideale, per la gratuità; in più l’Accademico la affronta scalando, affrontando rischi maggiori; avete sentito il ricordo di questi nostri fratelli che non sono più con noi, ero amico per esempio di Giancarlo Biasin (tono commosso, NdR).
Questo sta a indicare una scelta etica. Tu segui un ideale e questa è la libertà che la civiltà attuale non ci dà.
Due anni fa il nostro Presidente Generale del CAI voleva convincerci che occorre eliminare il rischio perché la società non ammette più il pericolo: ma per me il “rischio” è poesia.
Se noi si andasse in montagna raggiungendo la sommità per una scala, ciò non avrebbe senso e valore, il senso è invece volere ridiventare liberi con la libertà di scelta, preferendo andare per la via più difficile, che però è la via che ci fa sentire noi stessi.
È stato detto che l’escursionista vede maggiormente la bellezza della natura mentre l’alpinistanon sempre può, perché la sua concentrazione è rivolta all’”innalzamento”.
Ma c’è una cosa che Voi tutti avete provato e cioè che quando si scala si fa parte della natura e della parete: si entra in lei. Si È la montagna! E sempre in essa si ritrova la parte più bella dell’essere umano che è stata troppo spesso dimenticata: la Libertà”.
Quindi oggi come oggi, io penso che l’Accademico rappresenti il senso che deve avere il CAI.
Se il CAI non condivide queste ideologie le dobbiamo rivendicare noi, con queste importantissime adunate, perché gli Accademici volenti o nolenti dicano che siamo QUELLI che, come Preuss era stato chiamato proprio così, “il cavaliere dell’ideale”, siamo quelli che hanno gli ideali, perché solo chi ha un ideale è veramente libero e oltre che scalatore è anche artista e poeta.
L’Accademico è l’elemento più importante che esista nel Club Alpino Italiano.
Spiro Dalla Porta Xidias è nato a Losanna il 21 febbraio 1917 e vive a Trieste.
E’ stato sceneggiatore e alpinista e ha scritto circa 40 libri dedicati alla montagna e ai suoi protagonisti.
Traduttore di molti dei libri classici dell’alpinismo, come le opere di Pierre Mazeaud, Lionel Terray, Anderl Heckmair, Kurt Diemberger, Tony Hiebeler e Helmut Dumler.
Ha vinto 5 premi internazionali di letteratura. E’ stato direttore editoriale di Alpinismo Triestino e ha collaborato molti anni con Il Piccolo, Il Messaggero Veneto, Il Gazzettino e altre testate di alpinismo.
Socio Accademico del Club Alpino Italiano, in montagna ha effettuato 107 vie nuove su monti in Italia, Grecia, Montenegro e Norvegia. Ha fondato la stazione di soccorso alpino a Trieste, Maniago e Pordenone.
Per meriti riconducibili al soccorso alpino ha ricevuto il conferimento dell’Ordine del Cardo. I suoi incarichi lo hanno visto Presidente dell’Accademico Orientale, Consigliere Centrale del CAI e, infine, attualmente, Presidente del Gism, Gruppo Italiano Scrittori di Montagna.
Si ringrazia banff.it per l’autorizzazione a riportare la relazione
CONVEGNO DI PRIMAVERA DEL GRUPPO ORIENTALE
VIGO DI FASSA 11/12 GIUGNO 2016
Sabato 11 giugno 2016 si è tenuta a Vigo di Fassa la consueta riunione primaverile del GRUPPO ORIENTALE.
Elena Testor, Procuradora del Comun General de Fascia, porta il saluto della comunità locale.
Vengono poi presentati all’Assemblea i 5 candidati del Gruppo ammessi al CAAI all’inizio del 2016: Sandro Depaoli, Stefano Fontana, Claudio Sarti, Franco Sartori e Antonio Zanetti. Tutti intervengono brevemente esprimendo la soddisfazione per essere entrati a far parte del gruppo.
Sandro Depaoli
Stefano Fontana
Claudio Sarti
Franco Sartori
Antonio "Toni" Zanetti
Il Presidente Arturo Castagna illustra le indicazioni che il Gruppo propone ai presentatori per la redazione di domande di ammissione improntate linearità, snellezza ed essenzialità, indicando nel curriculum ufficiale solo le vie veramente accademiche, tralasciando tutto il resto.
Seguono i quattro i relatori ufficiali (ROBERTO ROSSIN Past President, IVO RABANSER Accademico e Guida Alpina, MARCO GERI e SAMUELE MAZZOLINI soci Accademici) che approfondiscono, sotto diversi punti di vista, il tema del Convegno, che, come deliberato all’unanimità dal Consiglio Generale di febbraio, era incentrato sulla figura dell’Accademico e sul ruolo dell’associazione nell’attuale contesto di riferimento.
A breve verranno pubblicati sul sito gli interventi.
Roberto Rossin Past President del Gruppo Orientale
Marco Geri Accademico
Samuele Mazzolini socio Accademico
Ivo Rabanser Accademico e Guida Alpina
Richard Goedeke interviene nel dibattito
E’ seguito un ampio e costruttivo dibattito con l’intervento di diversi soci, che hanno sottolineato la necessità per il CAAI di mettere al primo posto interventi decisi per divulgare all’interno del CAI e all’esterno i nostri valori e la nostra visione dell’andare in montagna, visione certamente dalle molte e diverse sfaccettature ma unificata da alcuni concetti di base imprescindibili, quali il rispetto della storia, delle tradizioni locali e dell’ambiente, sia complessivamente inteso sia limitato nello specifico alle pareti sulle quali l’alpinismo si esprime.
A conclusione dei lavori la cena sociale. La giornata di domenica è stata lasciata a disposizione per attività libera.
“For me, climbing big walls is not a speed event. It is a way of life. While others play trendy speed-climbing of “free”- climbing games, I play a different game of big-wall ascent, with rules of my own choosing. Climbing is anarchy. End of lecture.”
Jim Beyer
È ancora mattina presto ma il muro che abbiamo davanti è già rovente. Avrei dovuto fermare la sveglia prima, ma per pigrizia l'ho lasciata suonare ed ora è già troppo tardi. Fa troppo caldo per arrampicare. Ho sonno e mi fanno male e mani, la testa è stanca da tre giorni consecutivi in parete su due diverse vie. Alla sosta precedente Simone stava per partire mentre lo assicuravo dal capo di corda sbagliato, a parte questo piccolo inconveniente tutto sta procedendo secondo il piano. Comunque non è il momento di lamentarsi, ormai ci sono dentro e avanziamo.
Questo tiro tocca a me, è un muro quasi verticale e quasi completamente liscio, solo delle impercettibili conche invisibili da sotto permettono il passaggio in equilibrio con i piedi in aderenza su un terreno altrimenti troppo ripido per essere salito. Tutto intorno il liscio assoluto.
Quando parto sono troppo deciso per fallire, sbaglio la sequenza che avevo in mente ma decido che non devo cadere, con una mano alzo un piede su un buon appoggio e finisco il primo difficile ristabilimento; avanzo su una crosta superficiale, mi rilasso fino al movimento finale, sento la gomma delle scarpette ammorbidirsi troppo e la pelle consumata delle dita scivolare per il caldo, ho pochissimo tempo, lancio verso il fungo finale ed esco in sosta con grande sollievo. Ora possiamo andare avanti.
Sono fresco, motivato e sto bene. Il tempo è bello, anche se molto caldo, ma per impegni di tutti noi la data disponibile è solo questa a metà luglio. Il clima è molto allegro e come vuole la tradizione partiamo molto tardi da San Martino.
Fino all'ultimo siamo stati indecisi se tentare o no, perchè è previsto un temporale in serata, quindi verso mezzogiorno ci incamminiamo lungo il sentiero per vedere come andrà a finire. Riky è venuto con noi per scattare qualche foto, io già rido sapendo cosa lo aspetterà più tardi.
Ognuno si è scelto un tiro da provare, la nostra sarà una team free come è stata aperta, voglio assolutamente però salire tutti i tiri della via in libera. Decidiamo quindi che partirò io, sono molto motivato e deciso a finirla.
Un piccolo strapiombo da accesso a una bella placca quasi rilassante, scalo veloce e recupero Paolino per un paio di tiri fino alla sosta. Ora manca un tassello fondamentale per completare la linea fino in cima: un tiro di raccordo che supera un tetto tra questa prima via e la nostra. Lo avevamo pulito sommariamente la volta scorsa in discesa ma nessuno ci aveva ancora messo mano. Salto da terra e tento subito il ristabilimento, la cengia è vicina e niente, tranne Riky, mi impedisce un duro atterraggio. Sento troppo forte il richiamo della gravità e scendo. Riky posa la sua reflex e si trasforma in un ottimo paratore. Con questa fiducia riprovo ed esco dal tetto. Poi mandiamo davanti Riky che senza lamentarsi sale lungo alcune cenge erbose fino all'inizio vero e proprio della via.
Tocca a Paolino su un diedro estetico e all'apparenza semplice, salendo però la fessura si stringe fino a chiudersi completamente, è un tiro lungo che richiede un'ottima tecnica per essere salito, dopo qualche tentativo riesce a passare, poi tocca di nuovo a me.
BUENA VIDA
È da qualche mese che penso a questo tiro, la chiave di tutta la via: un muro verticale, liscio e ovviamente sprotetto. Non sono completamente sicuro che ci siano tutte le prese per poterlo salire, quindi lo provo velocemente con la corda dall'alto. Subito riesco in libera, gli appigli sono distribuiti in modo strano ma ci sono tutti. Torno in sosta, tolgo le scarpette, mi isolo completamente e ripasso mentalmente tutto il tiro. Quando pochi minuti dopo riparto sento di essere pronto. Non ho margine di errore perché c'è solo un chiodo inaffidabile prima dell'inizio della parte più difficile, poi nessuna rinviata fino in sosta. So che posso farlo, mi sono già immaginato molte volte questo tiro. Allora parto sulla fragile lama iniziale, moschettono il chiodo e vado, raggiungo una buona presa e inizio a scendere seguendo la strana disposizione delle prese su questo muro, non ho incertezze ed arrivo tutto intero in sosta. È un tiro molto simile a quello sul Precipizio, stessa difficoltà e stessi appigli essenziali, con la differenza che senza una sola di queste piccole sporgenze la via si sarebbe interrotta qua. Appena mi aggancio mi torna in mente la sensazione di quando sono arrivato qua dopo due pomeriggi di apertura, con la certezza che saremmo riusciti a fare la via.
Poi scendiamo sotto la pioggia al riparo sotto ad un grosso tetto. È buio quando montiamo la portaledge e ci saliamo tutti e quattro (due di noi superano il metro e 85, Riky è due metri). Sembra reggere, montiamo un'amaca al telaio ma quando Giga ci sale tutta la struttura inizia a piegarsi, velocemente appena prima del cedimento torna di sopra con noi e ci ritroviamo in quattro seduti con la schiena contro la parete a guardare la pioggia a poca distanza. Cuciniamo e beviamo, poi ci cerchiamo una posizione per passare la notte. Nessuno riesce a dormire.
Appena mi alzo alla mattina mi arrivano i crampi alle gambe, forse sono un po' disidratato o forse ero solo molto scomodo. Ci riattiviamo e iniziamo a sistemare il materiale. Tocca a Giga, la prima parte del tiro è bagnata, sale comunque fino all'uscita, sotto la sosta c'è un difficile ristabilimento che supera bene senza errori, poi siamo sotto quello che è il tiro tecnicamente più difficile. Tocca di nuovo me, è l'unico tiro già provato in libera, ricordo bene la strana sequenza di movimenti per attraversare il tetto con una stretta fessura, piazzo subito una buona protezione sopra la sosta e parto poco convinto, anche se sono freddo a metà tiro mi convinco che non cadrò e ci provo fino in fondo, tutto va bene. Paolino mi raggiunge con un pendolo che spaventa più me che lui e poi riparto sul tiro successivo fisico ma con buone prese, con sorpresa trovo dei chiodi lasciati dall'apertura ed esco sulla buona cengia di sosta. La parte più ripida della parete è sotto di noi, abbiamo davanti qualche tiro semplice e una placca sprotetta prima dello strapiombo finale.
Oggi tocca a me partire, la via è spezzata in due dalla grossa cengia che divide in due la parete del Precipizio, questo è il posto in cui alla sera io e Simone accendiamo un fuoco sotto la grotta e dormiamo. Parto sul primo tiro della seconda parte, non ho mai piazzato un copperhead ma questo che avevo messo mi da particolare fiducia, ho completamente dimenticato la giusta sequenza di movimenti, improvviso abbastanza bene un dinamico ed arrivo in una zona facile. Simone mi segue senza problemi e ci scambiamo il comando, su un diedro ben proteggibile che sale velocemente. Dopo c'è un secondo diedro, ma lungo e mal protetto. Salendo la parete si raddrizza e il diedro si stringe, avanza costantemente con un leggera pioggia di croste e sabbia che scende fino a me. Poi si ferma sotto un enorme tetto, la sosta. Vado io, questo è il primo grande tetto, mentre salgo a incastro i primi metri mi accorgo di iniziare ad essere un po' stanco, piazzo un buon friend e traverso su una lama instabile fino in sosta. Siamo sul pulpito sospeso direttamente sopra il torrente, ma qualche centinaio di metri più in alto. È un posto incredibile ed esposto. Se le pareti hanno un cuore pulsante, sicuramente questo è quello del Precipizio.
Tutto sommato la sosta è comoda ma per qualche motivo non mi sento affatto a mio agio, forse è la sensazione lasciata dagli spaventi di quando abbiamo aperto questi tiri, o forse sono i rondoni che si prendono palesemente gioco di noi uscendo all'improvviso dalla fessura a poca distanza da noi. Normalmente non mi impressiono, ma questo è un tiro davvero impressionante; una fessura di quindici metri completamente orizzontale sul vuoto. I primi metri sono già difficili ma si salgono abbastanza bene, poi la fessura diventa troppo stretta per le nostre mani per poi allargarsi di nuovo. Riesco a fare bene tutti i movimenti, tranne due incastri troppo sfuggenti, la tensione della corda mi aiuta ma appena mi muovo cado. Non c'è verso, per quanto sia vicina la soluzione, non riusciamo a farlo in libera. Vado avanti fino al bordo del tetto, l'esposizione è notevole e dai qui si può vedere per la prima volta la nauseante serie di strapiombi successiva.
Siamo in mezzo al Qualido e ormai molto in alto da terra, ora la parete ha cambiato aspetto: la pendenza è diminuita e spesso si riesce a stare in piedi. Saliamo velocemente fino ad una grossa cengia erbosa. Qui in apertura mi sono ritrovato in mezzo all'unica parte di roccia pulita su una placca molto delicata, tra me e la cengia niente avrebbe fermato un volo. Ora che so cosa mi aspetta sono tranquillo, la roccia è stata poi ripulita quindi sarà di sicuro più semplice. So esattamente fino a che punto posso giocare con l'aderenza della suola in aderenza, quindi parto tranquillo e concentrato e venti metri più in alto guadagno un terreno sicuro fino in sosta su una pianta. Ora avanziamo per una intera lunghezza di corda su erba fino al salto finale della parete. Siamo sotto il tetto ben visibile dal basso, più in la non si vede nulla ma sappiamo che poco oltre c'è la cima. Va al comando Paolino seguendo una lunga lama che lo porta fino in sosta in una nicchia sotto al tetto. Continua superando facilmente il tetto prima di scomparire dalla mia vista. Pochi secondi dopo però ricompare in caduta libera, è caduto. Ritorna in sosta e risale il tiro in arrampicata, un tiro più tardi siamo tutti in cima legati alle radici di un vecchio larice morto.
Il secondo temporale di questi due giorni sta arrivando, dobbiamo muoverci. Ci caliamo dalla parte opposta e appena tocchiamo terra inizia a piovere. Le corde fisse sul sentiero sono rotte, quindi scendiamo il sentiero ancora legati tutti e quattro insieme.
Come in un gioco, io e Simone ci scambiamo il comando a ogni turno, con la differenza che non siamo avversari ma stiamo salendo la nostra via insieme con le regole che ci siamo appena creati.
Il tiro dopo inizia con un difficile traverso verso una fessura che sale tutta lo strapiombo, fino a scomparire dietro ad una curva. Proviamo velocemente il difficile passaggio iniziale poi va davanti lui. Siamo in mezzo ad una nuvola e in un attimo lui sparisce nella nebbia. Il tiro è molto lungo, percepisco Simone dal movimento della corda che avanza costante, fino a quando capisco che è in sosta. Lancio qualche segnale ma ho l'impressione che venga assorbito dalla nebbia, poi parto.
Il tiro dopo è brutto, strapiombante, obliquo e con roccia scagliosa. Scalo male ma deciso a non mollare e in qualche modo arrivo in sosta. Poi a sorpresa saliamo di nuovo in artificiale, non c'è altro modo. Mentre Simone sale penso ingenuamente che proverò ad arrampicare comunque nel bagnato. Mi sgancio dalla sosta, prendo il bordo della fessura con una mano, appena provo a muovermi la roccia scivolosa mi sputa fuori. Sono appeso nel vuoto, risalgo fino in sosta e continuiamo verso l'alto su consiglio di Simone che sa già esattamente come muoversi in questa zona di parete, io ho pochi ricordi e ben confusi. Finiamo la via e iniziamo la complicata discesa dai grandi strapiombi del Precipizio degli Asteroidi.
Arrivo a San Martino alla sera mentre tutti dormono, sono chiuso fuori. Provo a suonare il campanello per un paio di volte ma non c'è risposta. Sono fradicio e stanco. Tiro fuori il materassino dallo zaino, lo stendo sulle scale, mi sdraio e finalmente dormo.
King of the bongo- Qualido parete est
(Matteo De Zaiacomo, Paolo Marazzi, Luca Schiera) 700m 7c+
Buena vida, poca plata- Precipizio degli Asteroidi parete est
(Matteo Colico, Simone Pedeferri, Luca Schiera) 900m 7c+/8a