Proponiamo questo interessante studio sulla tenuta dei diversi tipi di fettuccia nelle diverse situazioni operative (punto di ancoraggio, punto di assicurazione).
Si ringraziano gli autori e il Centro Studi Materiali e Tecniche CAI e VFG che chiedono ai lettori la pazienza di leggere le più recenti note conclusive anche alla luce di altri studi fatti successivamente.
NOTE CONCLUSIVE - INTEGRAZIONE
Alla luce dell’evoluzione degli strumenti di misura e delle relative nuove informazioni ricavate dall’analisi dei test fatti per lo studio delle soste (svoltisi successivamente a questo scritto), riteniamo doverose alcune precisazioni.
Per quanto riguarda i test eseguiti a trazione lenta e a fattore di caduta 1, si conferma quanto espresso già all’epoca, ossia un’importante perdita di prestazione che consiglia quindi di utilizzare un moschettone tra i due anelli, qualora si dovesse avere la necessità di prolungare una protezione.
Le prove sono state eseguite a corda bloccata per renderle più possibili ripetitive e la scelta di non superare, come fattore di caduta, il valore di “uno”, nasce per avvicinarsi al caso peggiore di corda rinviata. In ambiente reale, in ogni caso, è presente un freno che dissipa energia e il compagno che con la sua capacità di frenare, abbassa i carichi nella catena di sicurezza; tuttavia per prudenza e in considerazione del caso che per i più svariati motivi il freno potrebbe non entrare in azione, è bene applicare sempre il ragionamento “a favore di sicurezza” e cioè che se mi metto nella condizione peggiore (quella da noi simulata: corda bloccata e fc = 1), significa che nel caso reale, dove il freno fa ciò per cui è utilizzato, le cose non possono che andare meglio, sollecitando meno i materiali che si trovano a resistere, anche se interconnessi tra loro in un modo che porta inevitabilmente a una perdita di resistenza.
Per quanto riguarda l‘utilizzo in sosta è d’obbligo una precisazione; nelle conclusioni precedenti, per ovviare al problema dello schiacciamento delle fettucce in Dyneema da 8 mm, nel caso di cedimento di un ancoraggio e sosta mobile, o per limitare al massimo il fenomeno di fusione nel caso di scorrimento dei nodi, quando si analizzava il caso di fettucce in Dyneema utilizzate nella costruzione di una sosta semimobile (sempre con cedimento di un ancoraggio), si affermava che era preferibile utilizzare fettucce in Nylon di buono spessore, anelli di Kevlar o spezzoni di mezza corda dinamica.
A oggi, alla luce delle prove eseguite dopo questo lavoro, in particolare nello studio delle soste e delle “longe”, si è visto come l’utilizzo di materiale dinamico nella costruzione di una sosta sia di gran lunga da preferire ai materiali analizzati in questo testo. Certo, se si arriva in sosta e si hanno a disposizione solamente delle fettucce in Dyneema o degli anelli in Kevlar, la sosta si farà col materiale che si ha, ma se si può scegliere, è meglio utilizzare del materiale dinamico che aiuta ad abbassare i carichi in sosta in caso di cedimento di un ancoraggio.
Siamo sicuri che in futuro, nuovi studi realizzati con moderni strumenti, quali ad esempio, l’utilizzo di un manichino, al posto della massa d’acciaio, e apparecchiature wireless con cui “strumentare” lo stesso, porteranno a nuovi sviluppi e considerazioni nello studio teorico e pratico dei materiali alpinistici e quello che oggi era una certezza, domani magari lo sarà un po’ meno e si capiranno meglio alcuni fenomeni. Questo è il bello dell’evoluzione nella ricerca che va a pari passi con lo sviluppo degli apparati di misurazione, che via via, diventano sempre più accessibili anche da un punto di vista economico.
Lo studio può essere scaricato qui in formato pdf. Ulteriori approfondimenti di carattere tecnico sul sito CSMT
Fettucce: normal, midi, micro…
Bressan Giuliano CSMT CAI – CAAI
Polato Massimo CSMT VFG – CAI Sez. Mirano
Come per un apparato elettronico di ultima generazione, anche le fettucce utilizzate in alpinismo hanno subito negli anni un processo di riduzione delle dimensioni.
Chi di noi non è mai stato tentato, almeno una volta, da quelle bellissime fettucce in Dyneema da 8 mm, così fini e leggere, simbolo della più recente tecnologia costruttiva in fatto di materiale alpinistico? E’ di questi dispositivi che vogliamo occuparci in questo articolo, cercando di analizzarne, in modo oggettivo, le prestazioni.
L’avvento di nuovi materiali, in particolare dal mondo della nautica (in cui si ricercano alti carichi di rottura e basso assorbimento di acqua), ha portato anche in campo alpinistico delle novità; a fianco al classico Nylon, hanno fatto la loro comparsa, nella costruzione di cordini e fettucce, nuovi materiali quali Kevlar, Dyneema, Spectra, Technora, Vectran e tutte le varianti miste tra questi, come, ad esempio, il Tech Web ossia un mix di Nylon e Dyneema. Dietro ad ognuno di questi nomi commerciali ci sta un composto chimico ben preciso, frutto di molta ricerca, conclusa con un brevetto depositato.
Tralasciando le specificità dei materiali presenti nel mercato (anche se la cosa potrebbe essere oggetto di un lavoro successivo), ci vogliamo concentrare su alcuni aspetti che riguardano le fettucce, elencando alcuni casi concreti di utilizzo in cui si potrebbero verificare delle criticità. In particolare vorremmo analizzare due tipi di impiego delle fettucce; uno legato al loro uso come protezione e l’altro riguardante il loro utilizzo nella costruzione di una sosta.
In particolare vorremmo rispondere a queste domande:
- Se uniamo tra loro due fettucce (perché ad esempio vogliamo prolungare una protezione), con un nodo a strozzo, la loro resistenza ne risente?
- Esiste una controindicazione nel loro uso come collegamento degli ancoraggi di sosta?
Per dare risposta a queste domande abbiamo eseguito una serie di test, impiegando una gran quantità di fettucce di vario spessore e materiale; in particolare abbiamo preso in considerazione questi tipi di fettucce precucite: Nylon, larghezza 15 mm, Dyneema larghezza 12 mm e Dyneema larghezza 8 mm.
- TEST A TRAZIONE LENTA
Per cercare di rispondere alla prima domanda, abbiamo iniziato una serie di test sia statici che dinamici.
Ogni alpinista può portare con sé differenti fettucce di diversi materiali e, nel prolungare una protezione, può dare origine ad un mix di situazioni totalmente casuali; tra la grande varietà di casi possibili, ne abbiamo isolati quattro che riteniamo significativi ai fini della nostra analisi.
Nello specifico abbiamo individuato due tipi di giunzione degli anelli di fettuccia precucita; una generata da un nodo a strozzo e l’altra da un nodo piano. Il passo successivo, nella creazione del “mix” di situazioni è stato quello di unire assieme differenti tipologie di spessori e materiali.
Nella foto (immagine 1), due esempi delle combinazioni appena esposte: nodo a strozzo (a sinistra) e piano (a destra), utilizzando le fettucce in Dyneema da 8 e 12 mm.
Stessa cosa vale per il sistema Dyneema 8 mm – Nylon 15 mm.
I test a trazione lenta, eseguiti presso il laboratorio del Centro Studi Materiali e Tecniche del CAI, hanno evidenziato che a causa dell’ “effetto” nodo che viene a crearsi, la resistenza meccanica del sistema si riduce di molto rispetto a quella della singola fettuccia. Ricordiamo che per una fettuccia precucita, il valore di resistenza minima prescritto dalla norma EN-566, è di 22 kN.
TIPO PROVA | CARICO MEDIO [daN] |
CASO A (nodo a strozzo) Dyneema 8 mm / Dyneema 12 mm |
1346 |
CASO A (nodo a strozzo) Dyneema 8 mm / Nylon 15 mm |
1401 |
CASO B (nodo piano) Dyneema 8 mm / Dyneema 12 mm |
1355 |
CASO B (nodo piano) Dyneema 8 mm / Nylon 15 mm |
1161 |
Nella tabella qui sopra si riportano i carichi medi ottenuti nelle prove effettuate con le varie configurazioni precedentemente descritte.
- TEST DINAMICI A FATTORE DI CADUTA 1
Una volta analizzato il comportamento delle fettucce accoppiate assieme a trazione lenta, siamo passati ai test dinamici eseguiti all’apparecchio Dodero del laboratorio CSMT-CAI, opportunamente configurato per eseguire le prove (immagine 2).
Perché le prove sono state effettuate a fattore di caduta 1? Perché all’inizio ci eravamo chiesti quale fosse stato il comportamento delle fettucce, qualora fossero state utilizzate accoppiate (nei vari modi precedentemente descritti), per prolungare una protezione.
Ecco allora che in questo caso il fattore di caduta di riferimento più vicino a tale caso è quello pari a 1.
La massa di 80 kg, viene fatta cadere dalla posizione in cui si vede nella foto precedente (immagine 2) e quindi la caduta può essere pari al massimo alla lunghezza delle due fettucce.
Nella foto seguente (immagine 3), un particolare del nodo a strozzo utilizzato in uno dei vari accoppiamenti. Nel caso specifico: Dyneema 8 mm / Nylon 15 mm.
I risultati di questi test sono in perfetta sintonia con quanto si è visto in uno studio effettuato sulle “Longe” e con quanto compare in letteratura riguardo a delle prove sullo stesso argomento effettuate all’estero (vedi “Sling and anchor of outrageous fortune” di George McEwan).
Nel passare da materiali “dinamici” come il Nylon a materiali più “rigidi” come il Dyneema, il comportamento delle fettucce cambia.
La resistenza meccanica dell’intero sistema formato dall’accoppiamento delle due fettucce cala bruscamente e, di conseguenza, il sistema cede. I dati riportati nella tabella che segue rappresentano i carichi medi a cui le varie combinazioni hanno ceduto.
TEST DINAMICO (CADUTA A FC=1) | |
TIPO PROVA | CARICO MEDIO [daN] |
CASO A (nodo a strozzo) Dyneema 8 mm / Dyneema 12 mm |
432 |
CASO A (nodo a strozzo) Dyneema 8 mm / Nylon 15 mm |
864 |
CASO B (nodo piano) Dyneema 8 mm / Dyneema 12 mm |
442 |
CASO B (nodo piano) Dyneema 8 mm / Nylon 15 mm |
1067 |
Le immagini 4, 5 e 6, riportano alcune foto delle fettucce al termine delle prove.
Lo stesso tipo di test eseguito con delle fettucce in Nylon riutilizzate, produce dei risultati molto diversi; e questo conferma quanto sappiamo sul diverso comportamento tra Nylon e altri materiali più “rigidi”, quando a questi ultimi si affidi il compito di assorbire energia e non solo di trasmettere forze (vedi “Longe e Daisy Chain: impieghi” , G. Bressan, M. Polato, Annuario Accademico 2012-2013)
Nella tabella che segue troviamo i risultati di questi test. Nessuna fettuccia si è rotta ma attenzione ai valori di forza d’arresto registrati, che sono comunque superiori a 1200 daN e siamo “solo” a fattore di caduta 1 !!!
TEST DINAMICO (CADUTA A FC=1) | |
TIPO PROVA | CARICO MEDIO [daN] |
Nylon 15 mm / Nylon 15 mm nodo piatto Fettucce già utilizzate nelle prove precedenti |
1451 |
TEST CON IMPIEGO IN SOSTA
Per dare risposta alla seconda domanda che ci eravamo posti all’inizio, ci siamo spostati alla “torre” del CSMT del CAI a Padova e abbiamo eseguito dei test, utilizzando sempre le tre tipologie di fettucce usate nelle prove precedenti e impiegandole nella costruzione di tre tipi di soste: una “mobile”, una “semimobile” ed una “fissa-bilanciata”; tutte su due ancoraggi.
Per ognuna di queste, inoltre, abbiamo eseguito dei test ipotizzando due diverse situazioni operative:
- SENZA cedimento di un ancoraggio
- CON cedimento di un ancoraggio
3.1 Utilizzo delle fettucce in sosta SENZA cedimento di un ancoraggio.
Nella foto a lato (immagine 7), viene indicata la configurazione della prova con la fettuccia in Dyneema 8 mm.
Tale configurazione vale anche per le prove eseguite con gli altri tipi di fettuccia e di sosta.
La massa (di 80 kg), viene fatta cadere da un’altezza di 1,5 m sopra il vertice della sosta (quindi per una lunghezza di volo complessiva di ≈3 m), ed è collegata alla sosta in modo fisso (non vi è la presenza di alcun freno). In questo modo si simula la situazione più critica che possa succedere ad una cordata, ovvero, la caduta del primo direttamente sulla sosta.
Questo accorgimento si è reso necessario per poter avere un elevato grado di ripetibilità in tutte le prove. È sicuramente una condizione di prova severa, ma ribadiamo che nello studio dei materiali alpinistici è bene porsi sempre nella situazione peggiore (anche se ha bassa probabilità di verificarsi), perché se il sistema resiste in questa configurazione, a maggior ragione resisterà quando si troverà a lavorare in una modalità migliore. Nel caso alpinistico ricordiamo che il sistema si trova a lavorare in “condizioni migliori” quando tra la massa e il vertice della sosta è interposto un freno, che dissipa la quasi totalità dell’energia di caduta.
In questa prima situazione si è visto come non ci sia sostanzialmente alcun problema per quel che riguarda tutti i tipi di fettuccia impiegati nell’utilizzo su sosta mobile e semimobile.
Alcune criticità si sono verificate con la sosta fissa-bilanciata nel caso delle fettucce in dyneema da 8 mm, in cui la fettuccia si è tranciata o lesionata (immagine 8) nel nodo al vertice.
3.2 Utilizzo delle fettucce in sosta CON cedimento di un ancoraggio.
Se nel caso precedente non si sono evidenziati tutto sommato grossi problemi, nel caso in cui uno dei due ancoraggi di sosta dovesse cedere la questione si pone in termini ben più critici dal punto di vista del comportamento delle fettucce.
Il set-up di prova in questo caso è quello riportato nell’immagine 10 e il cedimento di uno degli ancoraggi è stato operativamente realizzato interponendo tra l’occhiello della cella di carico di sinistra ed il relativo moschettone un singolo trefolo di corda dinamica. Questo accorgimento ci permette di avere la perfetta ripetibilità dell’evento per tutte le prove.
Come nel caso precedente, questa configurazione è stata adottata per tutti i tipi di fettuccia presi in considerazione e per tutti e tre i tipi di sosta analizzati.
3.2.1 Sosta mobile con cedimento.
Nel caso di SOSTA MOBILE, emerge in maniera netta la criticità dell’uso della fettuccia nella sua costruzione. In caso di cedimento di uno dei due ancoraggi, infatti, succede che il moschettone che sta sul vertice della sosta, trascinato verso il basso dalla massa, va ad impattare contro il moschettone dell’ancoraggio che è saltato.
Questo impatto fra i due moschettoni può avvenire con due modalità diverse; in particolare può verificarsi che la fettuccia si trovi pizzicata tra i due moschettoni oppure no e queste due eventualità possono generarsi in maniera del tutto casuale (immagine 11 e 12).
Il risultato macroscopico di questi due tipi di comportamento è che se nel momento dell’impatto ci troviamo nella situazione peggiore delle due, ovvero nel caso in cui la fettuccia viene pizzicata tra i due moschettoni, il sistema:
- CEDE se la fettuccia è in Dyneema 8 mm
- RESISTE nel caso di fettucce in Dyneema 12 mm e Nylon 15 mm
In questo secondo caso, comunque, pur resistendo, le fettucce si lesionano in modo importante (vedi immagini 13, 14, 15 e 16)
3.2.2 Sosta semimobile con cedimento.
Il secondo caso che prendiamo in esame è quello della SOSTA SEMIMOBILE.
A differenza del caso precedente, ora il moschettone del vertice della sosta non va ad impattare direttamente sul moschettone dell’ancoraggio che salta, perché vi trova interposto il nodo che si fa per rendere la sosta più o meno mobile (immagine 17).
In tutte le nostre prove, questo nodo è stato fatto a circa 10 cm da moschettone dell’ancoraggio.
Abbiamo detto che il moschettone del vertice non va a cozzare contro quello dell’ancoraggio che salta, ma anche in questa situazione succede qualcosa che tanto bene alle fettucce non fa…
Per spiegare il meccanismo che si innesca, immaginiamo di guardare al rallentatore la scena; una volta che la massa si trova nel punto più basso, comincia a sollecitare la sosta; il ramo vincolato dalla parte del fusibile entra in tensione e quest’ultimo, avendo una bassissima resistenza salta.
A quel punto il moschettone del vertice scorre ad arrivare in battuta del nodo costruito vicino all’ancoraggio.
Dovrebbe essere tutto finito ma invece inizia un altro fenomeno. Il moschettone del vertice che è arrivato in battuta del nodo, continua a trazionarlo e questo inizia a scorrere, generando calore e dissipando una parte di energia. Questo scorrimento continuerà fino a quando il sistema non raggiungerà un nuovo stato di equilibrio se i nodi che rendono la sosta più o meno mobile sono fatti vicino al vertice.
Se, invece, i nodi sono fatti vicino ai moschettoni degli ancoraggi (come nel nostro caso), essendoci poca possibilità di scorrimento, il nodo scivolerà fino ad arrivare in battuta del moschettone (vedi immagine 18)
Rimane da fare un’ultima considerazione in relazione a quanto appena spiegato, sulla natura del materiale della fettuccia. La fibra polietilenica essendo molto scivolosa tende ad accentuare molto il fenomeno di scorrimento sopra esposto; inoltre avendo anche un basso punto di fusione (≈ 150°C), la cosa risulta ancor più preoccupante.
Non a caso in tutte le prove con questo tipo di sosta, le fettucce in Dyneema, siano esse da 8 o 12 mm, hanno ceduto. Il calore generato nello scorrimento ha indebolito la fettuccia al punto di fonderla.
Anche il Nylon non è uscito molto bene da queste prove (si vede bene nell’immagine 18), e non sempre ha resistito.
3.2.3 Sosta fissa-bilanciata con cedimento.
L’ultimo caso considerato nell’utilizzo delle fettucce in sosta è quello della sosta FISSA-BILANCIATA la cui configurazione è quella rappresentata nell’immagine 19.
Si tratta di fatto di una sosta fissa e quindi gode di due grandi vantaggi:
- Non è interamente compromessa, qualora un ramo che la compone venga, per qualche motivo, tranciato.
- In caso di fuoriuscita di un ancoraggio il vertice della sosta presenta un abbassamento minimo legato solo all’elasticità del materiale e alla strizione del nodo al vertice.
In tutte le prove eseguite con gli anelli di fettuccia in Dyneema, sia nella versione da 8 mm che in quella da 12 mm, il risultato è stato sempre il cedimento dell’intera sosta.
Quando salta uno dei due ancoraggi, il moschettone al vertice inizia a trazionare il ramo dell’ancoraggio rimasto e a schiacciare il nodo al vertice. Con materiali molto scivolosi, come il Dyneema, il nodo inizia a scorrere generando calore e raggiungendo, così, molto velocemente la temperatura di fusione e, di conseguenza, arrivando a rottura.
Guardando attentamente nel punto di rottura si possono riconoscere due interfacce: una di fusione e una di strappo.
Questo si verifica perché il processo di rottura avviene in due fasi:
una prima fase in cui si innesca un processo di fusione sulle fibre esterne che, sfregando le une sule altre durante lo scorrimento del nodo, portano a generare una quantità di calore sufficiente a raggiungere il punto di fusione;
vi è poi, una seconda fase, in cui le fibre più interne non interessate dal processo di fusione (ma che comunque si sono riscaldate e che quindi perdono parte della loro resistenza meccanica), danno luogo ad una sezione resistente che è insufficiente per resistere alle forze esterne applicate e perciò cedono di schianto.
Ricordiamo che il Dyneema ha una temperatura di fusione molto bassa: circa 150°C; ecco perché, in genere, se ne sconsiglia (caldamente!) l’utilizzo in tutte quelle manovre dove vi sia un possibile scorrimento e quindi attrito e di conseguenza generazione di calore.
Nelle prove in cui si è utilizzata la fettuccia di Nylon le cose sono andate decisamente meglio, e nonostante vi siano segni di fusione della parte esterna della fettuccia ed una forte strizione al nodo, il sistema ha sempre tenuto.
La temperatura di fusione del Nylon è di circa 220°C, quindi, se si notano segni di fusione anche in questo caso, significa che la temperatura generata durante lo scorrimento è arrivata a questo valore. Capiamo bene, dunque, come il Dyneema si trovi in difficoltà visto che la sua temperatura di fusione è più bassa !!!
Nelle immagini qui sotto (immagine 21, 22, e 23), si può verificare a livello macroscopico lo stato finale delle varie fettucce alla fine dei test.
- CONCLUSIONI E RINGRAZIAMENTI
Alla fine di tutte queste numerose prove cerchiamo di sintetizzare i risultati arrivando ad alcune conclusioni, distinguendo in base ai vari tipi di utilizzo che decidiamo di fare delle fettucce.
Per quel che riguarda l’accoppiare assieme due fettucce per prolungare una protezione, perlomeno nelle modalità qui testate, non sembra essere una gran bella soluzione.
L’uso di materiali diversi, di larghezze diverse e il nodo di accoppiamento generano un mix di fattori che portano a ridurre di molto il carico di rottura rispetto all’impiego di una singola fettuccia, anche se si tratta di materiali ad elevate prestazioni; fa eccezione il caso “Nylon/Nylon” che garantisce ancora una certa riserva di resistenza, ma anche in questo caso la resistenza meccanica risulta essere inferiore a quella dei 22 kN prescritti dalla norma EN-566.
Ci sentiamo di affermare quindi che se abbiamo la necessità (per i più svariati motivi), di prolungare una protezione, la cosa migliore sia quella di impiegare un unico anello precucito di lunghezza maggiore e non unirne due assieme, oppure di interporre tra i due anelli un moschettone. Possiamo altresì affermare che, per questo tipo d’impiego, l’uso degli anelli precuciti in Dyneema di basso spessore (8 mm), non trova nessuna controindicazione!
Per quanto concerne l’uso degli anelli precuciti in Dyneema nella costruzione di una sosta, ci sentiamo di sconsigliarne l’impiego.
Non perché l’anello precucito di basso spessore porti in sé una più limitata resistenza meccanica (abbiamo visto che non è così), ma perché in questo specifico impiego e nell’ipotesi di cedimento di un ancoraggio, si crea una particolare condizione per cui questo tipo di dispositivi (che in altre situazioni, lo ripetiamo, si dimostrano estremamente resistenti), non sono assolutamente indicati.
Nella costruzione di soste si consiglia l’uso di fettucce di buon spessore in Nylon, o meglio, l’impiego di cordini in kevlar o spezzoni di mezza corda dinamica.
Un particolare ringraziamento, infine, va all’amico e tecnico del laboratorio del CSMT Sandro Bavaresco la cui presenza e competenza si rivela sempre fondamentale nello svolgimento di tutte le attività effettuate presso la “torre” ed il laboratorio.
Bibliografia
[1] CNSASA, “Tecnica di Roccia”, CAI, 2008
[2] CIMT VFG, Sicurezza in pillole “Autoassicurazione in sosta con fettuccia pre-cucita”, Le Alpi Venete, 1-2010
[3] Zoppello C. “La longe in speleologia”, Le Alpi Venete, 1-2011
[4] Antonini G., Piazza O., “Test sui materiali: Le longes”, Il Soccorso Alpino, aprile 2012
[5] Bressan G., Polato M., “Longe e Daisy Chain: impieghi”, Annuario Accademico 2012-2013