Si è svolto nell’Abbazia di Maguzzano, nel Comune di Lonato (BS), il Convegno Nazionale 2024 del Club Alpino Accademico Italiano.
Il tema era:
“La conservazione del patrimonio alpinistico nel rispetto dell’avventura e dell’esperienza vissuta”
Testo di Claudio Inselvini - Foto e ottimizzazione grafica Alberto Rampini
Inizio questo breve resoconto con una frase di Gian Fausto Bona: “Sono venuto come giornalista (BresciaOggi) e mi sono ritrovato appassionato partecipante”.
Prima del convegno vero e proprio il Presidente Generale Mauro Penasa ha fatto il punto sulle numerose iniziative che il CAAI sta perseguendo dopodichè si è proceduto alla nomina per acclamazione dei soci onorari: Gianni Battimelli, Giuseppe Miotti ed Andrea Zannini.
Si è inteso impostare il convegno partendo da qualche riflessione, seguita da una serie di temi cardine che i relatori sono stati chiamati a sviluppare in quanto fortemente qualificati per l’ambito di loro pertinenza.
I temi affrontati sono stati preceduti da una serie di considerazioni quali:
Cos’è il patrimonio?
È l’insieme di esperienze e testimonianze, ed anche un bene che viene dal passato e deve essere mantenuto e manutenuto. Nella sua accezione figurativa il patrimonio è quanto rappresenta un AMBITO SPECIFICO DI DISPONIBILITA’ ASSOCIATO ALL’ECONNOMIA O ALLA CULTURA O AD ESPERIENZE PRESENTI E PASSATE DI UNA COLLETTIVITA’ ovvero è il complesso di elementi materiali o astratti posseduti da una comunità. Questo implica che il patrimonio appartiene a TUTTA la comunità
Noi quindi, da un punto di vista dell’alpinismo, definiamo patrimonio “La disponibilità di linee scalabili già tracciate, ovvero di luoghi e situazioni in cui si può vivere l’esperienza della scalata seguendo tracciati già noti, ma anche l’esistenza di un mondo alpinistico ancora da esplorare che sarà patrimonio delle future generazioni”.
Una volta definito cosa vuol dire patrimonio alpinistico, viene naturale porsi domande come: chi è il proprietario del patrimonio alpinistico? si può assumere che il ‘proprietario’ di un singolo itinerario sia il primo salitore, ma dopo la sua morte? Richiodare ma anche schiodare, in buona sostanza modificare ciò che in origine era stato ‘costruito’ in un itinerario è sempre scorretto oppure la rivisitazione in chiave attuale, specie se di itinerari abbandonati, può essere una valorizzazione? Le attrezzature obsolete presenti in parete vanno sostituite? se si, con quale criterio?
Ma anche moltissime altre domande, quali: cosa vorranno vivere le generazioni future in termini di avventura o sicurezza?
In realtà, come viene fatto notare nell’introduzione, il tema è un piccolo avamposto alpinistico di un tema molto più grande che riguarda il modo in cui vogliamo vivere, ossia la scelta fra il privilegiare (o credere di privilegiare) la sicurezza rispetto al privilegiare l’avventura o anche l’esperienza personale e non ‘protetta’ che ognuno può fare della vita.
I relatori hanno cercato di sviluppare, per quanto possibile fare in un ristretto slot di tempo, i temi a loro assegnati. Vediamoli.
Il primo intervento è stato dedicato all’etica ferrea. Uno degli esempi più noti è senz’altro la Val di Mello. MATTEO DE ZAIACOMO, Presidente dei Ragni di Lecco, ha fatto un excursus sulla Valle, e sulla attività che lui stesso ha svolto sulle tracce di personaggi storici quali Fazzini, facendo una considerazione che merita attenzione, ovvero quella legata all’attrezzatura obsoleta ed affaticata presente su alcune salite (ad esempio spit da 8mm). Risulta chiaro, dice Matteo, che i miei predecessori si sono trovati a ripetere vie con uno stato dell’attrezzatura in parete decisamente migliore rispetto a quella presente ora. Va da sè che questa considerazione già pone una grande domanda: l’esperienza vissuta da coloro che potevano scalare con attrezzatura fresca (spit appena piantati o chiodi nuovi) quanto è diversa da quella di coloro che si debbono affidare a protezioni debilitate dal tempo? Sempre Matteo ha fatto alcune considerazioni sull’incidente accaduto ai tre ‘finanzieri’ precipitati nella primavera nel 2024. Da signore quale è, è stato delicato e privo di giudizio. Apprezzabile atteggiamento.
Sempre in ambito etica ferrea, MATTEO RIVADOSSI ha parlato del Manifesto della Val Salarno. E’ questa una valle granitica di pregio, incastonata nelle valli dell’Adamello; il ‘Manifesto’ è un documento redatto dagli scalatori storici della valle, fra cui ricordiamo i fratelli Marco e Paolo Preti, di certo fra i protagonisti del ‘nuovo mattino’ ed il mai eguagliato Mario Roversi, autore di uno dei primi 8a italiani, che i nostalgici ancora citano come maestro di eleganza. In questo manifesto appunto si auspica un uso ridotto (forse anche ridotto a zero) del trapano, ma soprattutto si richiama al rispetto di quelle regole che hanno sempre ‘governato’ le aperture in Valle. Nel suo colorito intervento Rivadossi ha anche illustrato quello che vorrà essere il metodo di ‘richiodatura’ delle vie storiche tramite l’estrazione dei vecchi spit e la sostituzione dei medesimi con altri spit nuovi.
HEINZ GRILL ed IVO RABANSER sono invece coloro che hanno portato il parere di chi le vie le vuole valorizzare rendendole più fruibili, facendole riscoprire tramite proprio un aggiornamento dell’attrezzatura delle stesse. Ivo, che nasce incendiario per morire pompiere, come spesso accade alle persone di intelligenza vivida, è dell’idea che la morte delle guide CAI Touring e la pubblicazione ormai totale di sole guide di arrampicate scelte porti a dimenticare molti itinerari, che invece se ‘rinnovati’, sempre con parsimonia, (che Ivo è pur sempre lui), possa portare ad una migliore e più distribuita frequentazione delle pareti.
Ivo non è potuto intervenire di persona al convegno ed ha raccontato il suo punto di vista tramite un videomessaggio.
Heinz Grill, più che dire perché, ha detto cosa. Ha raccontato di alcune linee ‘rinnovate’ delle Alpi, fra cui la parte alta della Micheluzzi al Piz Ciavazes, ed una via al Castello delle Nevere. Il suo stile è sempre rispettoso dell’etica della parete e tende a ricercare eventuali possibilità di creare varianti su roccia migliore o di maggiore interesse alpinistico. V’è da dire che la sua capacità di lettura della parete è fenomenale, e spesso le linee ‘toccate’ dalla sua mano ne traggono grande vantaggio. Grill ha anche sottolineato l’importanza di confrontarsi, prima di intervenire, con il primo salitore. Sempre coloriti i suoi interventi, dove la relativa padronanza della lingua lo fa sempre sembrare una persona alla caccia di parole sfuggenti.
BEPPE VILLA ha invece raccontato il punto di vista delle guide alpine, dei professionisti. Certo Beppe è un professionista sul generis, una guida alpina sempre alla ricerca di itinerari poco noti per sè e per i suoi clienti, quindi il suo punto di vista è ’viziato’, in senso buono, dal suo pensiero puro ed accademico. Nella sua esposizione ha parlato del grande lavoro che sta compiendo Michel Piolà, richiodando le sue vie, ma si è anche scagliato con veemenza (relativa è ovvio, Beppe è pur sempre un signore) si è scagliato dicevamo contro quella logica secondo lui aberrante di voler posizionare corde fisse su strutture come il Dente del Gigante, logica che porta in parete persone non adeguate al luogo, non adeguate come preparazione si intende…
Un lungo coffee break, gentilmente gestito ed orchestrato dalle persone del CAI Desenzano, ha riattivato animi ed idee, caso mai ve ne fosse bisogno..
TOMMASO LAMANTIA ha parlato del delicato tema del soccorso in parete. E della prevenzione.
Del resto possiamo certamente dire che la vita è uno degli elementi che compongono il patrimonio alpinistico da salvaguardare. Specie se parliamo della vita dei soccorritori.
Come alpinista, è indubbio che Tommaso prediliga le situazioni di avventura, tuttavia, come soccorritore, vede bene anche soste a fix, laddove le linee classiche siano molto frequentate.
In una situazione fuori dai microfoni, aveva anche evidenziato che, se non son presenti soste fix, in caso si debba effettuare un soccorso, vengono magari create per necessità soste a fix, ben più fuori armonia di quelle che possono essere già presenti all’interno della via.
Ed ecco finalmente il momento dedicato alle nuove generazioni. MARCO COCITO, Aspirante Accademico del Gruppo Occidentale, dopo avere un po’ raccontato di sé e del suo stile, ha chiuso il suo intervento auspicando, per il futuro, una dimensione più legata all’avventura che alla ‘sicurezza’ presunta degli spit in parete. Di LUCIA BERTAZZI invece vorremmo riportare una riflessione fatta a posteriori: “pensavo come la montagna sia divenuta sempre più oggetto di consumo e come questo non sia sostenibile. In una società che ci chiede di consumare, agire, competere, primeggiare, l’atto più rivoluzionario che si possa fare credo sia quello di fermarsi. Fermarsi e chiedersi più spesso perché. E chiedersi se quella cosa che voglio fare, nel nostro caso chiodare o richiodare ad esempio, sia davvero necessario, e se sì, perché farlo in quel modo e non in un altro“
Infine, ma non ultimo lo scrittore, traduttore e letterato LUCA CALVI ha deliziato la platea con un lungo (ma è parso breve) percorso fra la storia dell’alpinismo, le sue origini, le sue evoluzioni ed implicazioni sociali, il fluire degli eventi legati a nazionalismi o sovranismi che dir si voglia, ricordando che l’alpinista in una cresta non vede un confine, e in un passo vede un luogo che collega due valli, insomma ha fatto riferimento ad una montagna che è fatta per unire e non separare.
E’seguito poi un vivace dibattito, che ha sancito il fatto che tutta l’assemblea dei presenti ha molto a cuore la conservazione del patrimonio alpinistico, ma anche che tirare delle somme e dare una linea precisa di comportamento è quanto mai difficile ed arduo.
Si ritorna quindi all’invito posto all’inizio del convegno ovvero: amici ed accademici, organizziamo momenti di confronto sempre più diffusi, sempre più profondi.
In chiusura si vuole sottolineare la presenza in sala di giovani non accademici; il convegno era infatti aperto a tutti, così come dovrebbe a nostro giudizio ogni incontro che affronti temi comuni a tutto il mondo alpinistico.
Rassegna stampa