Spedizione “Kirghizistan 2015”:
vie nuove e ripetizioni sulle “montagne proibite” del Pamir Alai
Gian Luca Cavalli (CAAI Occidentale)
Giovanni Pagnoncelli (CAAI Occidentale)
Marcello Sanguineti (CAAI Occidentale)
Pier Luigi Maschietto (CAI Biella)
Edoardo Polo (CAI Biella)
31 luglio-30 agosto 2015, Pamir Kirghizo, valli di Kara Su e Ak Su
Cavalli, Maschietto, Polo e Sanguineti partono arrivano il 31 luglio a Biškek, capitale del Kirghizistan. Pagnoncelli li raggiunge una decina di giorni dopo. Con un volo interno raggiungono Batken, la “porta del Pamir Kirghizo”. Da Batken in jeep fino al villaggio di Uzgurush, vicino al confine con il Tagikistan. Il giorno dopo inizia l’avvicinamento alla zona di Karavshin, dove originano le valli Ak Su e Kara Su. Le montagne di queste valli, con pareti di granito alte fino a 1200 metri, hanno meritato alla regione il nome di “Patagonia Asiatica”.
Le alluvioni della primavera 2015 hanno distrutto molti ponti improvvisati dai pastori e le frane hanno ridotto male alcuni sentieri. Invece del giorno e mezzo preventivato, l’avvicinamento richiede tre giorni, circa otto ore al giorno, con il superamento di quattro passi fino a 4000 metri di quota e un logorante “su e giù”.
Il CB in Kara Su viene allestito a circa 2800 metri. Se la Ak Su è poco frequentata, la Kara Su lo è ancora meno e le informazioni disponibili sono molto poche. Il giorno successivo viene cercato un punto dove guadare il torrente e si predispone una “tirolesa”, che sarà usata per abbreviare l’avvicinamento alle pareti sulla sinistra orografica della valle.
Su ''Bye-Bye, Globo de Gas!'' alla Silver Wal Su ''Happy Birthday, Horses!'' allo Small Asan
Su Perestroicrack
Il 7/8 Cavalli, Maschietto, Polo e Sanguineti ripetono la “Diagonal Route” (600m, max 6c/A1 su un tiro), sulla parete E della Yellow Wall (3800m) e scendono disarrampicando a facendo doppie sullo stesso versante.
Il 9/8 Cavalli, Maschietto e Sanguineti realizzano una ripetizione (forse la prima) della via “Opposite to Asan” (650m + 150m di cresta; 6a+ max) sulla Silver Wall (4000 metri), la seconda grande parete sulla sinistra orografica della valle. Vi aprono (friends, nuts e chiodi) la variante “Bye-bye, Globo de Gas!” (200m; 6c/A1 max; diedri con fessure delicate da proteggere). Bivaccano in cresta a circa 3900 metri, all’uscita delle difficoltà principali; il giorno successivo arrivano in vetta e attrezzano una linea di doppie diversa da quella di salita.
Su Perestroicrack Su Perestroicrack
Il 12/8 Cavalli, Maschietto, Polo e Sanguineti aprono sulla parete O dello Small Asan (3900m) “Happy Birthday, Horses!” (600m, 6b+ max; friends, nuts, un paio di chiodi e uno spit; diedri, placche, fessure di mano e off-width). In discesa attrezzano dieci doppie, con uno spit per sosta. Pagnoncelli arriva al CB.
Il 16/8 Cavalli e Sanguineti si spostano in Ak Su, con l’obiettivo di salire la Perestroicrack, sulla parete O del Peak Slesova (o Russian Tower, 4240m). Non riescono a passare sulla destra orografica, per raggiungere la base della parete, a causa delle frane e del torrente impetuoso. L’indomani lo attraversano grazie al provvidenziale aiuto di un pastore, che li trasporta su un asino “addestrato” a guadare. Il 19-20/8 ripetono Perestroicrack (800m; 7a/b max), quindi rientrano alla tenda in Ak Su, proprio quando inizia il maltempo. Il 22/8 rientrano al CB in Kara Su.
Sulla ''Diagonal Route'' alla Yellow Wall
Nel frattempo, in Kara Su Maschietto, Pagnoncelli e Polo hanno aperto sullo Small Asan (3900m) la variante “Waiting for Andrea” (330m; 6a+ max) sullo spigolo O e la via “Italian Corner” (380m + 150m di couloir; 6b+ max) sulla parete O (friends, nuts, chiodi e un paio di spit). Hanno anche effettuato un tentativo di via nuova su una torre posta tra la Yellow Wall e la Silver Wall.
Il 24/8 inizia il trekking di rientro, con arrivo a Uzgurush il 26/8. Da qui, il 27/8 in jeep a Batken e con volo interno a Biškek.
Il 30/8 rientro in Italia.
L'accademico roveretano ricordato da Armando Aste, Marco Furlani e Mariano Frizzera
I fratelli Gugliermina formarono una delle più note cordate di "senza guida" a cavallo tra Ottocento e Novecento. Battista, nel 1904, fu uno dei fondatori del CAAI
L'accademico agordino in un breve ricordo di Vincenzo Dal Bianco (da Annuario CAI 1993).
Il profilo storico delineato dal past president Giovanni Rossi.
Parla uno dei protagonisti dell'innovativo modello formativo organizzato dal CAI di Bergamo con il patrocinio del CAAI Club Alpino Accademico Italiano e del GAN Gruppo Alpinisti Nembresi
Non c’è modo migliore di esordire, soprattutto per una new entry come me, con una rapida presentazione. Sono Daniele Costalonga originario di Carnago, un piccolo paesello della provincia di Varese, ho da poco 25 anni e da un anno esatto mi sono laureato in ingegneria meccanica al Politecnico di Milano.
All’età di 17 anni ho iniziato a coltivare la mia passione per la montagna con un gruppo di amici e da 5 anni a questa parte pratico l’arrampicata nelle sue diverse forme.
Inizialmente ho scalato principalmente nelle falesie delle zone di Varese, Canton Ticino, val d’Ossola, e del lecchese; solo nell’ultimo anno ho cominciato a scalare nel modo in cui avevo sempre mirato sin dal momento in cui mi approcciai a questa disciplina: la salita delle vie alpinisticamente più interessanti delle nostre amate alpi.
In questo percorso ha assunto un ruolo di fondamentale importanza il progetto UNDER 25 organizzato dalla sezione del CAI di Bergamo.
Vi domanderete come sia possibile che, con tutti i ragazzi della ben più vicina Bergamo, sia stato scelto proprio io: si tratta di serie di combinazioni per cui un pomeriggio dell’inverno passato mi trovai a scalare in una tranquilla falesia di Lecco in compagnia del mitico Mario Giacherio e di Mimmo Sinapi il quale mi parlò del progetto dimostrando interessamento nei miei confronti. Ma venendo al dunque, in cosa consiste il progetto UNDER 25? e soprattutto, in che modo mi ha arricchito?
Lo scopo di questa esperienza è quello di far riscoprire ai giovani d’oggi la bellezza dell’alpinismo di stampo classico che è l’unico che permette di vivere esperienze di ineguagliabile bellezza e completezza. Come tutti ben sappiamo, per raggiungere determinati obiettivi, assume fondamentale importanza sapersi muovere agilmente ed in sicurezza.
Il Pilastro Rosso del Brouillard (Monte Bianco) Sul Pilastro Don Quixote (Marmolada)
I Coach del progetto: Yuri, Ennio, Bruno, Diego, Fabio e Tito sono stati mentori di grande rilievo in primis in questo senso fornendoci indicazioni e impartendoci delle vere e proprie lezioni basate sulla propria istruzione e soprattutto esperienza: allestimento soste con chiodi e protezioni mobili, corretto utilizzo delle mezze corde, corretta assicurazione al compagno di cordata, utilizzo delle protezioni veloci, nozioni di artificiale: utilizzo di staffe, friend, nut, cliff, copper head, picher, jumar,carrucole, manovre di recupero da ghiacciaio, differenti tipi di progressione in conserva, calate di emergenza e molto altro.
La messa in pratica di tutte queste cose mi ha portato ad una importante e rapida crescita per quanto riguarda sicurezza, agilità, capacità di lettura della situazione.
Ogni uscita inoltre ha avuto la sua fondamentale importanza per entrare in sintonia con gli altri ragazzi del progetto: Davide, Diego, Giulia e Luca; infatti a tal fine ogni volta ci siamo affiancati ad un diverso compagno di cordata, così da conoscerci più a fondo ed imparare qualcosa di nuovo da ognuno.
Ad arricchire questa intensa esperienza sono state le differenti location di ogni uscita: la suggestiva parete nord della Presolana attraverso le vie del Cuore, Placido, Direttissima; dolomiti del Brenta con la via Super Maria sull’imponente Crozzon e la Elefante Viola al Pilastro Bruno; cresta Kennedy in val Ventina ai piedi del Disgrazia; artificiale in valle dell’Orco; via Pegaso Machine al pinnacolo di Maslana e dente di Coca in alta val Seriana; falesia trad in valle dei Mulini.
Ciò che mi ha portato più grande soddisfazione è stato riuscire ad intraprendere, in parallelo al progetto e con differenti compagni di cordata, importati salite come: via Bonatti al pilastro rosso del Brouillard, via Don Quixote sulla maestosa parete sud della Marmolada, cresta Rey sulla punta Dufour, Via Fiore di Corallo sul paretone di Mandrea ad Arco di Trento, Cavallo Pazzo al sasso Cavallo. In queste grandi ascese infatti ho subito potuto sperimentare l’importanza e l’utilità di tutte le nozioni e i suggerimenti appresi dai preparatissimi coach durante le diverse uscite.
Per tutto questo sono felice e mi ritengo molto fortunato di essere stato coinvolto ed aver preso parte a questa bella realtà del progetto UNDER 25.
Concludendo, approfitto per ringraziare tutti quelli che hanno preso parte a questa entusiasmante esperienza e che sono stati in grado di trasmettermi qualcosa, sia di pratico sia nell’ambito relazionale, dagli organizzatori ai coach e a tutti i ragazzi che come me hanno vissuto questa bella opportunità.
Daniele
Entusiasmanti arrampicate clean nel sud del Marocco.
I gradi sono espressi in scala inglese (vedi tabella di raffronto allegata).
STATUTO E REGOLAMENTO DEL CAAI
Paesaggi del Galles
Gogarth
La prima volta in assoluto che ho avuto a che fare con il trad inglese è stato durante l’università, quando, infervorato dal sacro fuoco dell’arrampicata, buona parte delle serate che non erano impegnate in feste, le utilizzavo per guardare film di scalata. “Hard Grit” lo ricordo come uno dei più emozionanti, con la scena iniziale al cardiopalma che riprende un’enorme caduta su “Gaia”, con conseguenze per lo scalatore all’apparenza mortali, che si risolvono invece con una gran botta, sorrisi, morte sfiorata…il tutto molto inglese.
Con il tempo, pur non essendo mai stato a scalare nel Regno Unito, ho cercato di approfondire lo strano mondo dell’arrampicata inglese e libri come “Topo di falesie” di Moffat o “Mi chiamavano banana fingers” di Fawcett mi hanno dato la possibilità di intuire l’importanza racchiusa in certe contorte scale di difficoltà e che E9, 7b non è la password del cellulare, ma un qualcosa di estremamente difficile e psicologico.
Quando mi si è prospettata la possibilità di partecipare al tradizionale raduno organizzato dal BMC (British
Gogarth
Mountaineering Council) in Galles grazie al Club Alpino Accademico Italiano (CAAI), ero super emozionato al pensiero di poter conoscere e visitare posti come Gogarth, Tremadog, Llandudno e al contempo estremamente curioso di confrontarmi con altre realtà internazionali.
Gogarth mare in tempesta
Caricato il saccone, parto da Bergamo in direzione Manchester e già sul volo d’andata incontro Sasha dalla Croazia. Giunti all’aeroporto di Manchester un po’ alla volta arrivano anche gli altri partecipanti al meeting: Josef e Maria dalla Germania, Klemen dalla Slovenia, Max dalla Francia, Pablo dalla Spagna, Andreas e Mathias dalla Svezia, Ryo e Hiroshi dal Giappone, Tuhin dall’India, altri dalla Serbia, dalla Lituania, dall’Olanda fino al mitico Ernsts dalla Lettonia, forse lo stato più piatto del mondo.
Il nostro alloggio e campo base si trova nelle montagne del North Wales, vicino al Llamberis Pass, in una specie di rifugio del BMC. Durante la serata di accoglienza, il direttore del meeting James McHaffie, oltre alle varie presentazioni, programmi e attività ci raccomanda di fare il possibile per rimanere vivi, obiettivo che ho rispettato fedelmente per l’intera settimana.
Lunedì 11 maggio
Dopo colazione faccio conoscenza con il mio “host” (accompagnatore), Steve Long, famoso alpinista che mi accompagnerà per i primi due giorni. Viene organizzato subito un briefing dove ci vengono illustrati i vari modi per incastrare i nuts e recuperare il secondo di cordata, cosa che in Inghilterra viene fatta in vita per non andare ad interessare direttamente la sosta che spesso è un groviglio di dadi che tirano in svariate direzioni. Una volta terminata la spiegazione partiamo tutti alla volta delle varie falesie. Steve decide come primo approccio di portarmi a Gogarth, sulle cliff, posto magnifico al cospetto del Mare d’Irlanda. Durante il viaggio in macchina mi racconta di aver scalato con un fortissimo climber italiano e mi apre la guida, da lui compilata, mostrandomi la foto del nostro Rolando Larcher: capisco subito che tenere alta la bandiera nazionale non sarebbe stata cosa di facile conto. Gogarth sembra il Verdon, dove bisogna calarsi e poi risalire, solo che non c’è la calda e accogliente atmosfera della Provenza ma l’oceano, spesso sferzato dal vento…adventure climb… Ci scaldiamo su un E2 per poi passare ad “The Moon” un E3, 5c che assomiglia ad un nostro dolomitico VIII-. Tiro fuori tutta l’esperienza maturata in anni di vie in montagna e riesco ad evitare voli nonostante un bell’appiglio che mi rimane in mano su di un spettacolare traverso a picco sull’oceano. Questo tiro è molto simile al traverso della Sergio Arban in Moiazza, ma senza chiodi. Steve mi pare contento e lo sono pure io anche se sono un po’ perplesso sulla qualità delle soste. Tornando al campo base facciamo una veloce deviazione in uno dei settori di
Gogarth Moon
Slate, la cava di ardesia più grande d’Europa e famosa per ospitare difficilissime vie come “The Quarryman”. Saliamo la bellissima “Comes the Dervish”, un E3, 5c proteggibile prevalentemente a micronuts.
Martedì 12
Oggi si va a Tremadog, posto mitico. Jerry Moffat ne parla abbondantemente nel suo libro autobiografico e vie come “The Vector” di Jon Brown e “Strowberry” del mitico Ron Fawcett non hanno bisogno di presentazioni. Come conformazione rocciosa assomiglia alla trachite di Rocca Pendice, sui Colli Euganei, ma con una roccia più liscia e strana. Steve mi fa partire subito su una fessura di dita di E4, 5c che mi dilania completamente le braccia e a metà mi trovo irrimediabilmente appeso ad un friend, con il peso di 4 serie di nuts che non mi aiuta a rimaner su. In qualche modo arrivo in sosta senza aver capito nulla del tiro. Steve prosegue per il “second pitc”, un E2 dove da secondo ho i miei problemi. Arriviamo in cima a questa parete di soli 70 metri dopo 3 ore. Posizionare e togliere il materiale richiede un certo tempo. Comincio ad intuire il livello dell’arrampicata inglese e sono veramente impressionato. Finiamo la giornata con un E4 molto bello, con addirittura un chiodo che nel pieno del protocollo trad, il mio host evita di rinviare.
Mercoledì 13
Ogni due giorni si cambia host e oggi e domani vengo accompagnato da Masa Sakano, un giapponese naturalizzato british. La mattina torniamo a Slate, al settore Buss Stop, dove saliamo alcune vie simpatiche e abbastanza semplici, per poi spostarci nel pomeriggio “in montagna”. Merita fare un disgressione su cosa per loro è montagna perché permette di capire l’impostazione mentale inglese. Quando si parla di montagna noi pensiamo a Dolomiti, Bianco, Rosa, Cervino, Gran Sasso, dislivelli importanti, dove spesso conta di più l’ambiente che la difficoltà della via. Per loro la “montagna” è rappresentata da alcune formazioni rocciose verso il Llamberis Pass, di altezza variabile dai 50 ai 150mt che probabilmente in Italia non verrebbero manco prese in considerazione. Tuttavia i climbers inglesi sono riusciti ad esprimersi con alcune linee incredibili, dove per assicurarsi bisogna ricorre anche agli skyhooks, come la famosissima “Lord of the flies” del solito Fawcett. La nostra meta è “The Left Wall, un classico E2, 5b, sulla faccia sinistra del Dinas Cromlech, un diedro perfetto di 50 metri di roccia metamorfica che per conformazione ricorda molto la dolomia delle Piccole Dolomiti. La via segue un sistema di fessure tutte da proteggere in costante leggero strapiombo. Nonostante sia solo un francese 6b+ arrivo in sosta con gli avambracci alla Poppeye. Finchè recupero Masa mi gusto un tentativo su Lord of the flies, con tanto di volo con gravi conseguenze sventato da una provvidenziale corda calata dall’alto.
Giovedì 14
Piove di più degli altri giorni e per fare un po’ di riposo si va a visitare la fabbrica della DMM. Nel pomeriggio Masa insiste per andare a scalare e mi propone una via, tutta in traverso, sotto ad uno strapiombo in un settore di Tremadog. Anche se sento l’esigenza di riposare più che altro il cervello, assecondo comunque la proposta.
La via inizia scalando i primi palchi di una maestosa Quercus robur, per poi traversare con continui sali scendi verso sinistra. Effettivamente è asciutta mentre attorno continua a piovere. Solo che il buon Masa non ha calcolato che comunque bisogna uscire. Dopo più di un’ora a lottare con roccia bagnata, marcia (si si proprio marcia) e svariati voli usciamo sui bellissimi prati sommitali. Il verde che mi circonda vale da solo l’aver percorso una via non propriamente bellissima.
Venerdì 15
Il mio host oggi è Jhon Orr, giovane aspirante guida dal fare semplice ed affabile. Classico inglese, magrolino, capello biondo, bianco di carnagione, ha scalato spesso in dolomiti e tra noi si istaura subito un buon feeling. Probabilmente intuisce che il mio livello di resistenza psicologica comincia a venire un po’ meno e quindi in una bella giornata di sole, mi propone di tornare a Gogarth per scalare qualcosa di non troppo stressante. L’oceano però ci accoglie con un gelido vento e nel primo tiro di riscaldamento faccio proprio fatica. Poi passiamo alla “main cliff”, la parete più alta e larga e che per fortuna è anche caratterizzata dalla roccia più bella. Saliamo una via di 3 tiri veramente divertente uscendo sotto una gelida pioggerellina. Per oggi è finita, sono le 17…ora del the.
Googarth. Sosta appesa sul mare
john llandudno
Sabato 16
C’è il sole e aspetto Jhon sdraiato sul prato e quasi mi appisolo. John capisce tutto e mi dice che oggi mi porta in vacanza. Direzione Llandudno, in falesia di calcare. Il posto ricorda Rimini: alberghi, bar, locali da turisti. Alla fine del centro inizia una strada a pedaggio che corre proprio alla base della falesia, in riva al mare, dove coesistono tiri trad e tiri sport. Faccio la conoscenza di John Dunne, non riesco a capire come una persona della sua stazza possa scalare su certi gradi.
Riconosco anche la grotta dove Moffat ha vissuto per un anno intero facendo traversi da mattina a sera. Effettivamente oggi è proprio vacanza. Roccia bellissima, una via di mezzo tra Lumignano e il Sipario delle Ombre in Val d’Adige, ma noi scaliamo rigorosamente trad anche se alla fine del tiro c’è la catena. Fa uno strano effetto appendersi friends e nuts sotto un muro di 20 metri. Saliamo alcuni E3, 5c ed E5, 6a. Facciamo anche una pausa per andare nel vicino chiosco a prendere un gelato. Salgo un’ultima fessura strapiombante dove rischio uno spettacolare volo. Jhon mi guarda con fare di approvazione, non sarò Rolando ma mi son comunque battuto. Torniamo al campo base senza dimenticare di prendere una cassa di birra per la serata, in programma c’è “The big party”. Si balla tutta la sera accompagnati da una bravissima band ska. Distribuisco gli adesivi della scuola di alpinismo “Emilio Comici” che il buon Calice (Stefano Zaleri) mi aveva consegnato prima di partire. Ritraggono il fuori classe degli anni 30 con in mano nuts e friends che recita “Think different, clean is cool”. Inutile dire che è stato un sucessone. In pochi temerari rimaniamo in piedi fino alle 3 di notte assecondando i gusti musicali del fortissimo Nick Bullok che tira fuori il meglio dei Prodigy.
Domenica 17
Oggi si rientra. Ci salutiamo tutti calorosamente. È stata per ciascuno un’avventura. Al di la del grado, sapere che su un tiro non troverai nulla ti impegna sempre a fondo. Raccolgo le varie mail, tutti vogliono venire a scalare in dolomiti e capisco per l’ennesima volta, guardando chi viene dalla Lettonia o dalla Danimarca, che noi italiani siamo fortunatissimi, anche se spesso ce lo dimentichiamo.
Slate Comes the Dervish 1 Foto S. Long
The Slate - La cava
Tremadog foto M. Sakano
Ritorno a casa con la testa piena di idee. È stata una settimana veramente stimolante. Il fatto di conoscere gente diversa, che scala in modo diverso e vive la scalata in modo diverso mi ha fatto riflettere su tante cose. Provo di seguito a riassumerle come spunto per una riflessione:
Tutti sani e salvi
Concludendo, riprendo lo slogan della scuola di alpinismo “Emilio Comici” di Trieste, che con orgoglio ho portato al meeting. È la testimonianza che in Italia forse non ancora tutto è perduto, che non siamo sopraffatti dalle chiodature seriali e dallo spit e che per tanti scalatori i termini trad, clean, alpinistico, classico, significano vivere l’arrampicata come un’avventura e non solo come una prestazione fisica. E quindi…
“THINK DIFFERENT, CLEAN IS COOL”.
Cristiano Pastorello CAAI Orientale
Ringrazio Wild Climb per il supporto tecnico