Non so spiegare bene il motivo per cui mi sia innamorato dell’Ossola e delle sue valli ripide e selvagge, con pareti rade e spesso lontane dai fondovalle di roccia spesso non da cinque stelle.
Quello che so è che è successo e questa forte attrazione mi ha spinto 11 anni fà a trasfermici. Tutti noi alpinisti passiamo fasi nella vita, ognuno con i propri ritmi dettati da famiglia/e, lavoro, ispirazione, energia e casi che ti portano a fare cose che mai avresti detto. Da qualche anno mi ritrovo a praticare un alpinismo di scoperta e riscoperta e il territorio ossolano ben si presta a questa filosofia. Tante sono le pareti dimenticate, figuriamoci gli itinerari. Vie aperte e mai o pochissimo ripetute danno, per lo meno a me personalmente, uno stimolo per ravanate epiche come fossero delle prime.
Il libro scritto insieme ad Alberto Paleari, Guida Alpina che non necessita di presentazioni, e del nostro collega Accademico e arrampicatore di classe Andrea Bocchiola, è stata una scusa in più per andare a scoprire vie, luoghi, pareti, pieghe tra le rocce nel profondo. Nel profondo della loro morfologia concreta ma anche della loro storia, degli aneddoti di chi era passato prima. E’ stato un viaggio appassionante per tutti e tre che chissà possa aver fatto viaggiare con la mente ed i pensieri e qualche sogno anche qualche romantico lettore. L’aspetto a mio avviso più bello di questa filosofia alpinistica è quella di non stancarsi mai di frequentare gli stessi luoghi e le stesse pareti. Passato il periodo della conquista delle grandi classiche nelle Alpi, della ricerca continua di nuove montagne su itinerari di prestigio, del raggiungimento obbligatorio della vetta, oggi godo nel frequentare una via di fianco a quella già percorsa in cui notai una vecchia sosta e a scoprirne gli autori, a rifrequentare una stessa via già percorsa in un’altra stagione, con nuovi compagni. Lo zaino non pesa, la sveglia del mattino non è più un sacrificio, la soddisfazione è massima anche senza nessuna vetta.
Più difficile trascinare invece compagni in queste avventure tipicamente personali. Sono felice di aver contagiato un po’ di selvaggia Ossola nel nostro Marcello Sanguineti. Potrei scrivere un altro libro sulle ultime avventure, vorrei ora accennare all’ultima vissuta in questo tristemente anomalo inverno in cui sembrava che l’autunno mai volesse lasciare il posto all’inverno.
Non ero certo che fosse già stata effettuata la prima invernale alla via in oggetto, quello di cui ero certo era che avremmo vissuto una bellissima avventura in uno tra gli ambienti più bella delle sette valli ossolane. La carenza di informazioni è in stile all’ambiente. La via, pur non essendo difficile, ha pochissime ripetizioni e pensai a quella quando nel vociare alpinistico si parlava di sfruttare il momento caldo per tentare delle prime invernali. Marcello coinvolse marco Bagliani e così ci trovammo nella cordata perfetta da tre, ideale per dividere i carichi. Non ho grandi aneddoti da raccontare perché tutto andò liscio. L’avvicinamento al bivacco, salvo gli ultimi cento metri nella neve accumulata ed inconsistente che ci hanno impegnato molto, l’avvicinamento alla parete, la salita dello zoccolo con gli scarponi, la parete sommitale in scarpette e la guglia finale, la discesa e il rientro, tutto è andato liscio come in un team affiatato, che sa cosa deve fare. Il diedro rosso del terzultimo tiro sotto ad un cielo blu quasi finto, la vista su venti quattromila dalla guglia sommitale, l’esperienza della prima invernale che, per quanto agevolata, è sempre invernale e, per giunta a 3300 metri. Insomma, ancora una volta in Ossola ho trovato quello che cerco, quello di cui ho bisogno, quello che da un senso alla mia vita. E, come ho scritto in un post su facebook, nessuno di noi tre, dalla vetta non vetta, avrebbe fatto cambio con nessun altro posto in quel momento.
Alla prossima avventura ossolana!
Giovanni Pagnoncelli
28-29 dicembre 2015, Marco Bagliani, Marcello Sanguineti, Giovanni Pagnoncelli.
Pizzo Andolla, Pilastro Murgia, 450 m., VI- max, TD.