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Esiste un'etica per l'alpinismo con una validità universale?

Martedì, 03 Dicembre 2019 21:52

Esiste un'etica per l'alpinismo con una validità universale?

di Heinz Grill

Dal momento che l'alpinista, salendo in montagna, esplora delle vie e spiana dei sentieri, trasmette anche la sua volontà sulla natura. Dopo che una parete è stata salita, questa cambia, si risveglia quasi dal suo sogno indisturbato e familiarizza con le condizioni personali dell'essere umano.

Inevitabilmente per l'alpinista si pone la domanda, se alla montagna lascia in modo libero una fortuna, un'anima, una bellezza più grande, oppure al contrario una distruzione con tutti gli inconvenienti di amoralità e inquinamento ambientale. La questione etica è di natura umana, filosofica e morale, perché l'essere umano dispone di un potenziale, il quale può contribuire all'edificazione del mondo. Ma se non ne fa uso, potrebbe soccombere agli istinti distruttivi. Nella sua anima porta tutte le due dimensioni, cioè generalmente quella dell'ego e dell'egocentrismo e quella dell'empatia e della solidarietà. Gli animali non possono riflettere sulla questione etica, perché sono costretti a seguire i loro istinti e perciò in base alla loro natura non possono distruggere la montagna. Gli animali però subiscono dei danni attraverso le condizioni della civiltà e la questione della conservazione del regno animale sulla montagna e nelle foreste si pone quindi di nuovo per gli uomini.

Ciononostante Alexander Huber nel 2008 ha dichiarato in modo eloquente che l’etica nell'alpinismo è una legge non scritta, esiste comunque il fatto che viene rinnegata sempre più ampiamente e stravolta da un agire arbitrario. Questi problemi si manifestano particolarmente nel risanare le vie classiche. Secondo Alexander Huber la dimensione distruttiva nell'alpinismo si manifesta proprio con la generazione attuale e con una velocità radicale. (1)

La questione etica nell'alpinismo non è una cosa casuale, ma è naturale per ogni persona, indipendentemente dal fatto che si riferisca allo scialpinismo, all'arrampicata o al trekking. L'essere umano cerca nella montagna immancabilmente non solo la bellezza ma vuole sperimentare sè stesso in una nobile connessione con la grandezza della natura. Nel profondo dell'essere umano esiste segretamente un anelito celato di un ideale di connessione, di riconciliazione, di un'amicizia perfetta e di uno sviluppo di stili estetici, per esempio dimostrando nell'arrampicata su roccia un'eleganza sportiva e nello scialpinismo degli slanci duttili sulla neve oppure nello sperimentare delle linee e sentieri estetici in montagna.

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Com'è stata definita l'etica nei sistemi filosofici dei periodi di sviluppo umano precedenti?

Il grande filosofo Aristotele considerava l'etica ancora molto profondamente radicata nei grandi ideali sovraordinati dell'umanità universale e interpretava il concetto dell'etica come la comprensione del bene in una misura raggiungibile dall'essere umano. Spesso questa determinazione del concetto da parte di Aristotele viene indicata come etica pratica (prakton agathon). Secondo l'antica scuola filosofica questa etica pratica è equiparabile al mirare alle più alte virtù in tutte le attività. (2)

L'alpinismo in tutte le sue forme dovrebbe testimoniare un significato più profondo rispetto a tanti altri tipi di sport. Considerando la storia dell'alpinismo, risalta per esempio il fatto che non c'è un altro ambito sportivo nel quale si trovi un numero così grande di pubblicazioni, come succede in questo campo. La storia dell'alpinismo è piena di domande esplorative, confronti filosofici nonché di una prospettiva etica. Infine, si può dire che sulla via della montagna si è alla ricerca delle possibilità per il meglio e il bene, e questo probabilmente anche se si sfugge dalla vita quotidiana della società e dalla sua richiesta di prestazioni.

Come si è definita finora l'etica nell'alpinismo?

E’ stato Paul Preuss a definire le regole dell'alpinismo, intorno al 1912 circa. La sua massima era l'arrampicata libera senza aiuti artificiali, la corda doveva essere solo un mezzo facilitante e non uno irrinunciabile e l'alpinista non doveva solo essere all'altezza della sua impresa, ma essere superiore a questa. (3)

Preuss

In riferimento alle diverse massime esposte da parte di Paul Preuss, si è cominciato ad usare spesso il concetto di etica. Ma sarebbe una confusa miscela di concetti, se si utilizzasse il concetto di etica per le regole, che Paul Preuss ha stabilito ancora agli inizi dell'alpinismo, manifestando con ciò comunque una percezione molto unilaterale. La creazione di regole per l'alpinismo si dovrebbe sviluppare da una visione generale di un ideale e da una grande visione morale per l'umanità. Quindi la regola sarebbe in questo modo integrata in una ampia veduta. Non bisogna confondere l'etica con una regola isolata che si riferisce meramente alla prestazione.

Quando Paul Preuss cita nella sua terza regola che l'uso di protezioni artificiali sarebbe giustificato solo nel caso di un pericolo imminente, egli crea una barriera insuperabile di fronte alla intera questione dello sviluppo dell'alpinismo. Inoltre è facilmente comprensibile anche da una persona estranea che con questa regola, come anche per le altre regole che Paul Preuss ha impostato per l'alpinismo, non viene data una visione più grande e più completa, ma che ha espresso solamente un'opinione personale.

Anche il famoso regista altoatesino Luis Trenker enuncia una serie di dettami, che possono contribuire all’apprezzamento della montagna e allo sviluppo della sicurezza. Il secondo punto di questi dettami è per esempio: “prepara ogni impresa in montagna con testa e mano” e il terzo: “non dimenticare in montagna la tua educazione e formazione”. Considerando questi dettami si può intuire che Luis Trenker non esprime solo la sua opinione personale, bensì alcuni principi etici. Tuttavia il concetto di etica rimane ancora non pienamente espresso nel suo sviluppo possibile. (4)

Preuss, disegno originale di H. Grill 

 

Franco Gadotti, uno dei più promettenti alpinisti trentini degli anni 70, scrive: “L'impossibile esiste ancora. Basta avere l'intelligenza di riscoprirlo e la modestia di ammetterlo. Occorre soprattutto accettare quei principi etici che, senza troppo comprimere la libertà, appaiono necessari ai fini dell'evoluzione dell'alpinismo e della sua stessa sopravvivenza.” (5)

Reinhold Messner descrive nel suo libro “La vita secondo me” la differenza fra individualismo ed egoismo. Si oppone alle tendenze moralizzanti da parte della religione e della politica. Secondo le sue osservazioni i moralisti che esibiscono dei valori, hanno tanti alleati, mentre al contrario i veri individualisti che non si sottopongono al codice contemporaneo della massa, ricevono poco consenso. (6)

Con uno sguardo spregiudicato si può dire che Reinhold Messner filosofa sullo sviluppo dei valori e li analizza. Trattando il concetto dei valori, egli si avvicina un po' a piccoli tratti in un modo comprensibile e moderno, alla dimensione che i filosofi greci nell'epoca antica hanno chiamato con etica.

L'alpinista boliviano Lito Tejada-Flores ha fornito nel 1967 un eccellente contributo che sembra essere molto vicino al concetto di etica nell'alpinismo. Egli scrive: “...La maggior parte di noi concorda sul fatto che l'arrampicata è un'azione creativa. Ma non sono le vie, le affermazioni estetiche, le linee sulla roccia, gli articoli sull'arrampicata oppure sulle montagne o le note in una guida le cose che creano gli arrampicatori. Quando arrampicano, sono impegnati a creare il loro personaggio, la loro personalità, la loro vita... come stai scalando oggi, tra poco è come hai già scalato, ed è così che altrettanto diventerai tu stesso... Quello che voglio dire è inoltre questo: molte, forse la maggior parte delle decisioni che gli scalatori prendono (e questo si riferisce certamente sulle decisioni più importanti) non concernono la roccia e il ghiaccio, le soste e i movimenti dinamici, la gestione delle corde e le sicurezze, ma riguardano persone – compagni di corda, amici, familiari, grandi comunità... Queste sono le decisioni che ti accompagnano, ti definiscono, che hanno conseguenze che durano a lungo... L'idea dei diversi tipi dell'arrampicata (come bouldering, arrampicata sportiva, arrampicata libera, alpinismo estremo e le spedizioni) ha dato buona prova di sé, ma non basta per poter tralasciare il contesto più grande e le conseguenze dell'arrampicata. Desidero aggiungere che a parte l'affascinante complesso dei diversi tipi di arrampicata, l'alpinismo è altrettanto una forma di umanità. Purtroppo ai tempi d'oggi questo non è molto chiaro.” (7)

La connessione, che l'alpinista boliviano vede nell'alpinismo, fra l'uomo, le sue attività creative e le possibilità di sviluppo dell’umanità, racchiude una percezione molto sensibile di un'etica sovraordinata che dovrebbe o potrebbe costituire la base di ogni azione dell'essere umano.

La “Tirol Deklaration” (dichiarazione tirolese) cerca ancora in modo diverso, ma comunque più schematico, di sviluppare una gerarchia di valori per l'alpinismo e inoltre stabilisce 10 massime per le continue e insistenti domande di sviluppo dell'alpinismo e le prospettive al riguardo. (8)

„...la gerarchia dei valori:

- la dignità dell'essere umano

- la vita, la libertà, la fortuna

- l'integrità della natura

- la solidarietà

- l'auto-realizzazione

- la verità

- la prestazione

- l'avventura

Le massime[...]”

 

L'etica è una dimensione che deve rimanere libera dalle polarità. In un primo momento lo scalatore incontra la diatriba fra l'austriaco Paul Preuss e il monacense Hans Dülfer. Mentre Dülfer usava ausili artificiali e anzi traversate alla corda per le sue prime ascensioni, Paul Preuss, come già detto, li rifiutava completamente e radicalmente. Oggi, 100 anni dopo, c’è ancora la discussione sul chiodo a pressione come protezione necessaria e legittima, e l'alpinismo nella sua forma classica che si concede solo il chiodo da roccia, battuto con il martello per mantenere l'avventura. L'uso di nut e friend evidentemente sembra essere accettato da tutte le parti del mondo dell'arrampicata. (9)

Se si guarda adesso nell'alpinismo le diverse impostazioni dei litigi, quasi sempre si sta scoprendo le due tendenze polari che si sono sviluppate già nel 1912 con Preuss e Dülfer. Le diverse polarità sono manifeste nella concezione delle vie classiche al contrario delle vie moderne, nei concetti delle tradizioni e della loro idea di valori al contrario degli stili progressivi nello sport d'arrampicata, nel concetto di sicurezza come “unica regola giusta” al contrario dell'ardito vertiginoso e si manifesta nelle spedizioni chiuse per commercializzare gli Ottomila invece di conservare la natura attraverso misure e regole umane per una perfetta montagna selvaggia.

Se ora si mettesse il concetto dell'etica in una categoria di valori polari e per esempio, come oggigiorno spesso succede, se si dicesse che l'arrampicata libera è più etica che salire con una staffa, si limiterebbe di conseguenza il concetto di etica e la sua possibile dimensione complessa. Ma succede proprio a causa della mancanza di valori sovraordinati e di una più grande etica universale, che nasce il pericolo di fissarsi sui valori tramandati storicamente oppure, dall'altro lato, di sottomettersi unilateralmente allo schema di una prestazione sportiva. Sono gli ideali dell'umanità e la loro etica che dovrebbero riconciliare le polarità opposte e non solo questo, gli ideali dovrebbero anzi aumentare a vicenda le possibilità e il senso di valore dei lati opposti. Come diceva ancora Aristotele, l'etica dovrebbe promuovere le possibilità dell'essere umano. Chi riflette che come uomo dotato di spirito non deve seguire il flusso della massa, ma che può persino sviluppare la sua individualità, come diceva proprio Messner, certamente comincia a intuire che dentro di sè porta la capacità di agire tendenzialmente verso tutte le direzioni, verso le diverse polarità dell'uomo e verso la natura.

Idee ampliate sull'etica

Se si prende la frase di Lito Tejada-Flores che l’arrampicata è un'attività creativa e che l'arrampicatore si trova sempre nel processo evolutivo della propria vita e della propria personalità, allora si sperimenta la questione del proprio sviluppo. Di conseguenza la programmazione di una arrampicata in montagna non pone solo la domanda relativa al materiale necessario, per esempio se bisogna portare l'attrezzatura per il bivacco oppure no, ma pone in particolar modo la domanda sulle proprie capacità e quelle dei compagni per una perfetta collaborazione in cordata. Inoltre l'alpinismo richiede sempre un confronto con una possibile e necessaria sicurezza. Allora è possibile constatare una sicurezza interiore che deriva dalla tecnica personale e dall'esperienza e una sicurezza esteriore che può essere creata dalla tecnica delle protezioni, dalla scelta del materiale e da una programmazione scrupolosa.

La questione della sicurezza riguarda la propria responsabilità, nonchè la responsabilità nei confronti di terzi. Qualsiasi confronto sulla responsabilità si deve muovere immancabilmente verso principi etici più profondi. Attraverso una percezione di se stessi progressivamente sviluppata e con un'attenzione continuamente crescente verso il prossimo e la natura, sorge un primo requisito per lo sviluppo di una grande auto-responsabilità e responsabilità verso terzi. La percezione cosciente come capacità attuata dall’uomo, può essere considerata come un’area di competenza nella scuola umana. Così come nella professione dell'architetto è necessaria la matematica, nella stessa misura l'alpinista, sia nell'alpinismo estremo che nell'arrampicata, ha bisogno di una percezione la più perfetta possibile, non solo di fronte alla roccia o a scenari di ghiaccio, ma persino e soprattutto di fronte alle più svariate condizioni e atteggiamenti umani.

Mantenendo una percezione sana e consapevole, sì constaterà di sicuro che nell'alpinismo esiste un tipo di prestazione solida e salutare e al contrario esiste anche un comportamento di prestazione egocentrica e unilaterale. L'analisi tramite riflessioni su se stessi e tramite osservazioni sui rapporti relazionali, conduce progressivamente l’alpinista individuale a uno spirito cameratesco crescente e a una maggiore solidarietà verso i compagni di cordata, a comportamenti sociali reciproci, all'accettazione di altre forme di stili, e inoltre conduce a una gestione sicura dei vari fenomeni sulla montagna.

Se il singolo alpinista si confronta con se stesso, si mette in relazione con gli altri e se lotta per un ideale altamente etico, per esempio l’ideale che la più grande sicurezza è radicata nella propria ragionevolezza, potrà presto assumere una responsabilità più grande e fare decisioni solide per le sue imprese. La sicurezza in realtà è una questione di maturità umana e questa a sua volta è una questione di ideale etico.

Si potrebbe ben dire che una unilaterale sottomissione alla prestazione rende l'uomo quasi cieco di fronte alle più grandi possibilità di un ideale sovraordinato. L'arrampicatore, dedicandosi solamente al superamento della difficoltà, non diventa come ottuso con il suo intelletto nel tendere a inchinarsi a un mondo minimalistico? Ancora vede talvolta solo gli appigli, la distanza degli appoggi e le placche da superare. L'invidia come fenomeno di una mancata e più grande visione si annida nell'animo e può aprire una dura battaglia agonistica invece di un reciproco progresso. I pericoli che si creano da queste fissazioni di prestazioni unilaterali, non devono per forza compromettere l'alpinista nel suo avanzamento di carriera, prospettano però alla comunità dei valori che appaiono eccezionali, nascondendo tuttavia con ciò un vuoto interiore. Una salita in rotpunkt al momento può essere affascinante, ma questo durerà solo un attimo e ci si pone la domanda, quale valore resta. Mentre l'essere umano si muove tuttavia con una sicurezza materiale attraverso tecnica, allenamento e una buona attrezzatura, perfetta previsione del tempo e preparazione medica, allo stesso momento impoverisce interiormente e non raramente perde la sensazione di questa sicurezza che nasce da reali relazioni e da una connessione profonda con la comunità.

Sarebbe un'esperienza molto bella se parenti o non partecipanti che aspettano nella valle o vicino alla base della parete, potessero fornire attraverso la loro capacità percettiva una intensa sicurezza agli attori sulla parete. Essi inseguono la linea, sono attenti ai cambiamenti del tempo, tremano ai sassi che cadono e si preoccupano del buon rientro degli arrampicatori. La solidarietà umana, in una attiva, percettiva e solidale reciprocità, apre delle dimensioni più grandi rispetto a qualche tecnica applicata isolatamente. L'etica della solidarietà, del percepirsi e del rispettarsi, apre grandi dimensioni e in futuro sarebbe una dimensione da sviluppare. Questa etica potrebbe contribuire non solo alla solidarietà, ma potrebbe inoltre diventare una protezione vicendevole dai pericoli. Non è solo la corda che offre una diminuzione del rischio, bensì il “patrono”, cioè l’etica creativa e indirizzata all'incoraggiamento del compagno, che offre la più grande e non ancora scoperta dimensione di sicurezza.

097Un'etica elevata è sempre in connessione con il concetto della bellezza

MarmoladaMarmolada Punta Penia (da Wikipedia) :A sinistra il Pilastro Lindo con la via di Maffei Frizzera, la via di Soldà nella zona nel centro e a destra il pilastro sud con la via di Micheluzzi - tre famose linee classiche e estetiche

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Estetica ed etica

Nei periodi più antichi dello sviluppo dell'umanità si viveva un'etica elevata che era sempre in connessione con il concetto della bellezza. Un pittore dotato di buone capacità riesce, per esempio, a generare in un quadro la natura ancora più bella rispetto a come appare in realtà, attraverso colori e accentuazione delle forme. Un giardino curato con fantasia emana un'attrazione affascinante che rivela molto di più che un crescere naturale, vegetativo e illimitato. Nello stesso senso anche le vie e i sentieri potrebbero far apparire la montagna più bella. Non è solo con un abbellimento esteriore che la montagna può diventare attraente per gli occhi e i sensi ma con l'aggiunta della creatività umana può acquistare addirittura un'irradiazione più luminosa. Con un buon senso estetico per natura, montagne, vie e sentieri, nasce un equilibrio tra gli eccessivi interventi umani e la naturalezza selvaggia. La discussione sul chiodo a pressione, che viene utilizzato in modo indiscriminato per ottenere con forza dei passaggi sportivi ripidissimi, è superflua per quegli alpinisti che hanno sviluppato un vero senso estetico per la montagna e la natura e in più si sistemerebbe automaticamente il frequente incrociare e approfittare di altre vie. Probabilmente è l'unilaterale voglia di prestazione dell'uomo che nella sua tendenza dilagante verso i chiodi a pressione prende ormai strade dominanti. A questo orientamento unilaterale di prestazione si aggiunge una scena d'arrampicata orientata al consumo che carica la natura a causa della mancante creatività, non sentendosi più responsabili dell'integrità della montagna.

Non sono solo i primi salitori o “attrezzatori” di vie che possono sviluppare un senso creativo per la montagna, ma anche i ripetitori possono condividere la linea logica, sentirla e immaginare se stessi come parte promotrice di un tutt'uno. Il trekking, l'arrampicata e l'alpinismo estremo sono discipline ognuna delle quali porta con sè la possibilità per l'alpinista non solo di consumare la natura, ma di pensarla, di sentirla e di restituirla con tutta la sua anima alla montagna. Ogni singolo individuo può aumentare il senso di bellezza attraverso la sua attività e creatività in montagna.

Quando un ripetitore sale una linea ben elaborata e la vive nella sua logica interezza attraverso la forza della sua anima, lascia al prossimo che la salirà in futuro, quei sentimenti piacevoli che lo metteranno più facilmente in relazione con la natura e la roccia. Non è solo il primo salitore, ma anche il ripetitore che lascia delle sensazioni di creatività e di bellezza in montagna.

Un'etica vera che difficilmente può essere imposta all'uomo con un numero di regole, ma che ognuno da sè stesso può sviluppare a dimensioni sempre più grandi, porta al rispetto di fronte alla storia. Chi sale una via di Gino Soldà oppure una via classica di Hans Dülfer, può certamente sentire solo ammirazione nella sua anima. Se Alessandro Gogna dice che la storia dell'alpinismo in linea di massima finisce a causa del chiodo a pressione, allora ne parla con piena esperienza. I tempi di una volta con gli “scarponi” e i chiodi normali alle pareti erano accompagnati da più intensi sentimenti e l'alpinista 60 anni fa aveva bisogno ancora di parecchia capacità creativa.

Il passato, presente e futuro di una montagna

Grill Heinz

Ogni montagna non è una specie di storia? Poiché a parte i suoi sentieri e le sue vie possiede anche un’origine. La montagna calcarea è nata dal regno animale, mentre la montagna di granito è sorta dalle piante. Per questo motivo la storia delle montagne di granito è più antica rispetto a quella delle montagne calcaree. Avendo una consapevolezza per la storia, l'animo umano si riempie di rispetto e attenzione.

Non si possono paragonare i mezzi che l'arrampicatore oggigiorno sta usando per la sua prima salita oppure per la sua ripetizione, con quelli di 30, 50, oppure 70 anni fa. Tuttavia, lo scalatore può acquisire consapevolezza della storia della montagna e delle sue ascese essenziali e può usare adeguatamente i suoi mezzi che nei tempi odierni sono disponibili grazie alla tecnica e attrezzatura migliorata. La questione se uno privi la montagna della sua storia, o se si promuovano le sue caratteristiche attraverso le proprie azioni e creazioni, è probabilmente soprattutto una questione di coscienza. Questa coscienza, tuttavia, può raggiungere il miglior sviluppo attraverso un giusto esame delle domande più diverse. Il singolo individuo che si confronta davvero con la montagna, diventando consapevole della storia delle ascensioni, non può più distruggere. Per ragioni etiche che devono esistere in ogni persona pensante, sorge la domanda, su come si possa modellare la creatività nel trattare con la natura e la relazione con gli altri esseri umani, in modo che diminuisca l'orientamento consumistico e la dimensione costruttiva dell'essere umano appaia nel modo più ampio possibile. Anche se il primo salitore di una via non vive più, la sua anima comunque esiste ancora nella sua opera. Cosa vorrebbe dire quest'anima al ripetitore della sua via? Accetterebbe il primo salitore deceduto l'effetto così peculiare creato dal cambio stilistico della sua via attraverso i chiodi a pressione, estraniandola dal carattere originale, oppure preferirebbe l'interpretazione di un godimento ginnico-sportivo nei passaggi d'arrampicata? Non desidera ogni primo salitore che la sua via si distingua di più sia nello stile che nella forma, nelle possibilità di sperimentare l'estetica, nella logica dei singoli tiri e anche nella bellezza della trama della roccia?

Un'etica nella scena dell'alpinismo può dare questa possibilità e quindi l'uomo non è più solo un consumista di roccia, ma può diventare un essere creativo che, con ogni via, scopre l'ideale della storia e il suo ideale interiore di creazione.

L'etica sviluppata dall'essere umano unisce e riconcilia. Promuove la sicurezza che attraverso la sua più grande percezione apre innumerevoli possibilità creative in diversi settori dell'alpinismo. Il sole dell'etica è la massima forza trainante per la scienza e l'arte dell'alpinismo.

Così come l'alpinista boliviano vede la connessione fra l'uomo e lo sviluppo dell’umanità, si può aggiungere che ogni attività in montagna si estende un po' oltre l'ego umano e va incontro alla natura e all'uomo in modo costruttivo. Quell'attenzione che si dedica alla storia, alle vie, alle condizioni della natura e ai compagni, conduce all'aumento della creatività e rafforza la propria autostima. Se l'alpinista fa qualcosa per la comunità e per gli altri, non può più essere distruttivo. La questione etica non permette dei compromessi fra l'inquinamento ambientale, orientato al consumo e il bisogno di bellezza e connessione con la natura. Ogni essere umano porta in sé una scintilla di etica che deve accendere per far sì che diventi il fuoco di tutte le sue attività.

 

(1) 2008 DAV Congresso BergSchau a Dresda/Germania, Discussione sull'etica nell'arrampicare – Il punto di vista di Alexander Huber (in lingua tedesca), http://www.alpin.de/home/news/5145/artikel_der_standpunkt_von_alexander_huber.html

(2) L'etica di Aristotele, https://digilander.libero.it/moses/aristoeticabase.html

(3) Storia dell'alpinismo: Paul Preuss, http://www.alpinistidellambrusco.org/2012/07/storia-dellalpinismo-paul-preuss.html

(4) 1931 Luis Trenker, 10 Bergsteigergebote,

https://www.bergnews.com/service/trenkers-bergsteigergebote/trenkers-bergsteigergebote.php (sito in lingua tedesca)

(5) Alessandro Gogna – Marco Furlani, Valle della Luce, Alpinismo nelle Valli della Sarca e dei Laghi, Altri Spazi 2019, ISBN 9791220045636, pag. 52

(6) Reinhold Messner, La Vita secondo me, Casa Editrice Corbaccio 2014, ISBN 9788863808377, vedi pag. 300-307

(7) Lito Tejada-Flores, Beyond Climbing Games – Alpinism as Humanism, Summit magazine, 1990, https://www.vertikale-welten.de/download/ethik/alpinism-as-humanism.pdf (in lingua inglese)

(8) Die “Tirol Deklaration” zur Best Practice im Bergsport, https://www.vertikale-welten.de/download/ethik/tiroler-deklaration-2002.pdf (in lingua tedesca)

  1. Hans Dülfer: Morte sul fronte, https://www.alessandrogogna.com/hans-dulfer-morte-sul-fronte/ 
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