CAAI

Club Alpino Accademico Italiano

26-27 ott 2013 - Convegno Nazionale di TORINO - I valori dell'alpinismo a 150 anni dalla fondazione del CAI

Giovedì, 22 Ottobre 2015 18:08

Il giorno 26 ottobre,  al Castello del Valentino di Torino dove 150 anni fa fu fondato il CAI,  si è svolto il convegno nazionale del Club alpino accademico Italiano  con tema : 150 di valori e visioni nella storia dell’alpinismo.

Non ha voluto mancare   il  Presidente Generale del CAI Umberto Martini, ospite degli  organizzatori  Claudio Picco Presidente del CAAI Gruppo Occidentale e Giacomo Stefani Presidente Generale del CAAI.

In questa occasione è stato conferito il titolo di socio onorario a Bernard Ami, alpinista e scrittore francese, noto in Italia per i suoi libri e per gli articoli sulla Rivista della Montagna.

Discutere di valori e visioni tra Alpinisti, vuol dire in fondo dichiarare perché si scalano le montagne.

Perché si lavora tutta la settimana, dieci  ore al giorno, ci alza alla domenica  magari alle due del mattino per fare un’ attività al freddo, rischiosa e per niente remunerativa?

Lionel Terray scrisse il libro “I conquistatori dell’inutile”, titolo ironico ma che illustra bene quello che i non praticanti pensano dell’alpinismo.

Utile, per la Società   è ciò che crea denaro e l’alpinismo non rientra in queste attività, se non in rarissimi casi di professionisti della montagna.

Ci viene in soccorso un libretto appena uscito, che non tratta  come tema la montagna :  “L’Utilità dell’inutile” di Nuccio Ordine Professore di letteratura italiana.

In questo saggio viene messo in evidenza come molte delle più essenziali attività e aspirazioni dell’uomo, non abbiano come fine una utilità esplicita, riconducibile ad un profitto .

Viene  preso ad esempio un personaggio di Cent’anni di solitudine, il libro capolavoro di Gabriel Garcia Marquez,  che costruisce pesciolini d’oro e li vende per monete d’oro, con le quali fabbrica  altri pesciolini d’oro.

Apparentemente non c’è senso né profitto, analizzando bene c’è  il semplice piacere di realizzare qualcosa.

Ecco, mi sembra una bella metafora per dire che la maggior parte degli alpinisti, bravi, scarsi o bravissimi, hanno il piacere di immaginare, inseguire  visioni che li portano a realizzare le loro imprese, alcune sono un buon prodotto di artigianato altre veri  capolavori , tutti sono degni della loro azione.

Le visioni che hanno guidato  gli alpinisti nei 150 anni di storia analizzati al Convegno CAAI di Torino, il 26 novembre 2013,  al Castello del Valentino, sono cambiate con i tempi.

Per Quintino Sella fondatore del CAI, l’alpinismo italiano aveva il compito di riappropriarsi  delle nostre montagne in mano agli esploratori Inglesi. La sua scalata al Monviso che segue  quella di William Mathews ne è un esempio.

In sintesi poi ,l’andar per montagne doveva  educare ad un vivere sano e sobrio il popolo Italiano, appena nato.

L’epoca del sesto grado, tra le due guerre, fu una competizione anche per nazioni, dove l’arrampicata su roccia in dolomiti, in particolare, raggiunse livelli di perfezione e teorizzazione estetica difficilmente superati.

Gli anni del dopoguerra sono stati quelli di Bonatti, Mellano e tanti altri, uomini destinati alla fabbrica che hanno riscattato il proprio senso di esistenza con le loro grandi imprese sulle montagne del mondo.

Che dire della rivoluzione degli anni settanta, Gian Piero Motti dichiara “che le montagne non si conquistano ma si amano” . Devastante per la cultura di regime!

La vetta non è più la meta, ma il viaggio, la scalata, il gesto, anche su una parete che termina  su di un altipiano.

Di questo e di altro si è discusso al convegno CAAI di Torino, 150 anni di valori e visioni nella storia dell’alpinismo, la sede, il Castello del Valentino, non è casuale, è il luogo dove Quintino Sella tornato dal Monviso fondò il CAI.

Tra i relatori citiamo Pietro Crivellaro studioso di storia dell’Alpinismo e curatore della bella mostra a Biella su Quintino Sella, Spiro dalla Porta Xidias che ci ha incantato con  aneddoti deliziosi sui   gradi nomi del sesto grado, che lui ha conosciuto.

Spiro, sempre in piedi, come dice lui non si parla da seduti!… ci ha ancora una volta stupiti con i suoi 97 anni e una lucidità da fare invidia.

E poi Andrea Mellano che si definisce anarchico e dico io  visionario, primo salitore delle tre grandi nord ( Eiger, Cervino e Grand Jorasses) e organizzatore della prima gara di arrampicata a Bardonecchia dove ha tenuto a battesimo gente come Wolfang Gullich.

E infine Ugo Manera compagno di  Giampiero Motti nell’avventura del Nuovo mattino.

Già qualcuno dirà, sti vecchioni di accademici se la cantano e se la suonano?

Non siamo caduti nella trappola di recitare tra di noi il de profundis dell’alpinismo, ma abbiamo voluto ascoltare con grande attenzione Nicola Tondini, Guida alpina di Verona, che pratica un alpinismo estremo,  attuale e sulle pareti storiche come il Sass de la Cruz  ed altre in dolomiti.

Nicola è uno dei pochissimi alpinisti di punta  in grado di raccontare con efficacia il suo percorso di ricerca, le sue visioni,  che lo hanno portato ad aprire il suo capolavoro, la sua via perfetta per stile e bellezza, Colonne d’ercole sulla NO della Civetta.

L’essenza del suo pensiero è che “la storia è parte fondamentale della nostra crescita, ed è il trampolino per le nuove generazioni”.

Un grande grazie a Nicola, perché questa giornata di scambio e confronto avrà un senso  se qualche giovane grazie anche al suo esempio si chiederà il perché dell’alpinismo e avrà  voglia di provare.

Bonatti diceva : chi più alto sale, più lontano vede; chi più lontano vede, più a lungo sogna. 

Andrea Giorda CAAI

 

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