Come preservare l’ambiente dell’alta quota in Karakorum?
E’ partita la missione di Survey Ambientale “Baltoro 2025” organizzata da CAAI e Mountain Wilderness grazie al prezioso appoggio di Banca Sella Holding
di Mauro Penasa – Presidente Generale CAAI
Sono ormai passati 35 anni dalla spedizione Free K2, organizzata nel 1990 da Mountain Wilderness per liberare da rifiuti e corde fisse lo Sperone Abruzzi, la via “normale” per la vetta del K2. Già allora, ad appena 13 anni dalla seconda salita della montagna, le condizioni di degrado nelle quali versava il percorso sembravano intollerabili a qualunque appassionato di alpinismo. Ben tre tonnellate di materiale erano state rimosse dalla parete fino ad una quota di 7000 metri. Questo tipo di intervento, indispensabile per contenere l’accumulo di materiale abbandonato ai campi, serve comunque solo a tamponare una situazione per sua natura degenerativa: nonostante le numerose altre iniziative di pulizia che si sono succedute negli anni, le immagini raccolte al campo 2 nel 2022 indicavano una situazione alquanto sgradevole.
Il K2 è una montagna molto ripida, difficile e impegnativa, riservata ad alpinisti preparati, ma è pur sempre la seconda vetta del pianeta ed esteticamente è l’essenza della grande montagna, una piramide imponente e perfetta. La sua salita è quindi oltremodo ambita, e porta ad una frequentazione che diventa ogni anno più pressante. Simili testimonianze sulla situazione dei campi avanzati sui Gasherbrum sembrano confermare la cattiva abitudine che gli alpinisti hanno di abbandonare quanto non più indispensabile alla realizzazione del loro sogno creando gravi problemi ad una potenziale gestione della rimozione dei rifiuti ai campi alti.
Il K2 visto salendo lungo la via normale del Broad Peak (foto Francois Cazzanelli)
Nessuna attenzione in quota e gestione alquanto superficiale sui ghiacciai lungo il percorso del trekking: con questo quadro in mente Carlo Alberto Pinelli, Accademico del CAI e Presidente Onorario di Mountain Wilderness International, ha recentemente proposto all’Accademico di organizzare un convegno internazionale sulle azioni per ridurre l’impatto degli scalatori sul mondo dell’alta quota, dirigendo in particolare l’obiettivo sul K2, per la sua importanza alpinistica e per il rilievo iconografico che riveste nell’immaginario collettivo.
Indicativamente sulla montagna si muovono tra i 150 e i 250 alpinisti per una permanenza media di 45 giorni durante la stagione di scalata, tra metà giugno e metà agosto, ma lungo il trekking, tra escursionisti, portatori e personale di staff, il numero cresce fino a sfiorare le 10000 presenze, che circolano nell’area per un paio di settimane: si tratta di una pressione antropica difficile e problematica da gestire, considerando che si sta parlando di un ghiacciaio lungo più di 80 km e di campi base oltre i 5000 metri di quota. Secondo Pinelli “da tempo si assiste al progressivo degrado della qualità ecologica, estetica ed etica del K2 e delle alte montagne che lo contornano e che racchiudono il grandioso ghiacciaio del Baltoro. Le cause principali, dovute al periodico sovraffollamento dell’area facente parte del Central Karakorum National Park, si possono identificare nelle obiettive difficoltà dell’Amministrazione del Gilgit–Baltistan a gestire i rifiuti, nei controlli carenti e comunque complessi applicabili alle spedizioni alpinistiche, nella scarsa attenzione che spesso le grandi spedizioni commerciali prestano all’integrità dell’ambiente montano”.
La situazione sul Baltoro nel 2008 era molto grave con vere e proprie zone di discarica a cielo aperto. Ora la gestione dei rifiuti è decisamente migliorata (foto Karrar Haidri)
Al ritorno della spedizione alpinistica biellese del 2024, Matteo Sella ha però testimoniato la presenza di squadre dedicate al recupero dei rifiuti sullo Sperone Abruzzi, e di come il trasporto verso valle di quanto raccolto sia sempre gestito a fine stagione dal personale del CKNP. Numerose testimonianze sembrano indicare che ci si sta muovendo nella direzione giusta, e che la situazione sia leggermente migliorata, anche ai campi in quota. Se poi si pensa alle montagne di rifiuti accumulate al Campo Base a fine stagione 2024, queste erano state debitamente rimosse per l’inizio della nuova stagione, come assicurato dai referenti sul posto.
Ancora Pinelli: “Un Convegno Internazionale per approfondire questo complesso problema dovrebbe individuare possibili e non utopistiche soluzioni sulle quali concentrarsi. Ma per evitare che il Convegno si riduca a una serie di affermazioni di principio, tanto generiche quanto inefficaci, abbiamo deciso di inviare Umberto Villotta, anche lui Accademico, in Pakistan per compiere una vera e propria inchiesta sul terreno, con l’assistenza del presidente della sezione Pakistana di Mountain Wilderness, Afzel Sherazee”.
2022 – Sacchi di rifiuti al CB del K2 pronti per il trasporto a valle (foto CKNP) I nostri incaricati hanno obiettivo di raggiungere il campo base del K2, per monitorare durante la salita le condizioni dei diversi punti di sosta, incrociando durante il percorso sirdar, trekkers, portatori e ascoltando i loro suggerimenti, in modo da mettere a confronto i diversi punti di vista – quello delle agenzie turistiche, dei portatori Baltì, degli operatori del CKNP, in un momento in cui la stagione sta terminando ed oltre il quale non sono prevedibili ulteriori interventi. Ciò consentirà di fotografare una situazione che verosimilmente è quella in effetti rilevabile a regime e sulla quale impostare ogni futura discussione.
Sottolinea Villotta: “Credo che ormai sia ben chiaro a chi vive di turismo di alta quota, si tratti di alpinismo o di semplice escursionismo, che lo sfruttamento di un bene tanto prezioso richiede attenzione e sensibilità. Finora l’inquinamento degli ambienti glaciali non ha fermato gli appassionati lungo uno dei trekking più entusiasmanti che l’alta montagna possa offrire. Negli ultimi anni è stato messo molto impegno per gestire al meglio la situazione, e parallelamente è cresciuta la consapevolezza della fragilità di queste montagne grandiose. Oggi è evidente che la loro protezione passa attraverso un’azione concertata di prevenzione presso gli utenti, di gestione ambientale della loro visita, e di ripristino progressivo delle zone alterate. Noi cercheremo di riuscire a raccogliere dati ed idee, per poterne parlare con cognizione di causa”.
Trasporto di rifiuti con i muli dall’area di raccolta al CB del K2 – 2022 (foto Yasir Abbas/CKNP)
Rifiuti abbandonati al Campo 2 sullo Sperone Abruzzi (2022 – foto Nimsdai Foundation)
Umberto e Afzel al loro arrivo a Skardu (foto Umberto Villotta)La missione, partita in questi giorni, è stata ricevuta dall’ambasciatrice italiana in Pakistan Marilina Armellin, ed è in seguito volata a Skardu da dove inizierà il viaggio sul Baltoro. Al termine, Sherazee e Villotta saranno impegnati in una nutrita serie di incontri per approfondire l’argomento con i dirigenti governativi del Gilgit-Baltistan e con i rappresentanti del CKNP. In base alle informazioni raccolte si valuterà l’opportunità di contattare i ministeri federali interessati al Turismo e alla Tutela Ambientale, al fine di ottenere il loro futuro supporto.
Al termine del progetto ci si augura di avere a disposizione un report finale completo ed aggiornato sulla situazione del Baltoro da cui partire per discuterne le diverse problematiche ed arrivare alla proposta di soluzioni percorribili.
Il problema dell’impatto umano prende però sfumature diverse man mano che ci si alza di quota. La gestione dei rifiuti lungo il trekking ed ai campi alti presenta problematiche differenti e richiede specializzazioni diverse. Mentre il recupero sul ghiacciaio viene gestito direttamente dai dipendenti del CKNP e si avvale di portatori e bestie da soma che altrimenti scenderebbero sostanzialmente scarichi, lungo lo Sperone Abruzzi è necessario ingaggiare portatori d’alta quota specializzati, che lavorano in condizioni difficili e spesso pericolose. L’innalzamento delle temperature, evidente nelle ultime annate, tende da un lato a far emergere quanto sepolto da tempo, ma soprattutto espone il terreno a scariche di roccia che mettono a repentaglio la vita di chi si muove sulla montagna. E’ evidente quindi la necessità di ridurre la produzione di rifiuti per limitare le azioni di recupero.
L’Accademico Gian Luca Cavalli è appena tornato dal K2: “Il Campo Base, che a fine stagione 2024 era pieno di cumuli di immondizia, al mio arrivo a giugno era sorprendentemente pulito. E i campi sullo sperone non certo peggiori dell’anno precedente. Qualcosa si sta facendo, ma gestire il problema dall’esterno è diseducativo. E’ la sensibilità dell’alpinista che dovrebbe arrivare a mantenere la pulizia. Se durante le rotazioni ai campi alti indispensabili per acclimatarsi quanti scendono si preoccupassero di recuperare qualche rifiuto, a fine stagione i problemi sarebbero molto meno evidenti. Sarebbe opportuno formare gli ufficiali di collegamento sul tema specifico, in modo che siano loro a sensibilizzare gli alpinisti”.
Gli alpinisti si sentono in naturale diritto di ergersi a paladini della montagna, l’amato terreno dei loro sogni, e rimuovono con fastidio l’idea di essere proprio loro una grave causa di degrado. Nel nome di leggerezza e sicurezza personale sui terreni rischiosi, gli alpinisti sono i primi ad approfittarne per abbandonare il materiale quando diventa un peso inutile per la salita. Non c’è bisogno di andare sugli 8000, lo vediamo nei nostri bivacchi, quelli dove solo gli scalatori possono mettere piede: tutto ciò che non serve viene abbandonato, trasformando in breve un rifugio di importanza fondamentale in quello che può essere percepito come un immondezzaio.
Più persone circolano, maggiori i problemi. A meno di un cambio di marcia sull’organizzazione, che è un passaggio inevitabile.
Rifiuti abbandonati al Campo 2 sullo Sperone Abruzzi (2022 – foto Nimsdai Foundation)
C2 (2023, foto Tashi Lakpa Sherpa)
Negli ultimi 5 anni la cima è stata calcata da almeno 400 alpinisti, lo stesso numero di salite realizzate nei precedenti 65, a testimonianza che le spedizioni commerciali funzionano anche su una montagna davvero tecnica e per un’utenza più selezionata. Una migliore attrezzatura della via di salita si è tradotta in un sensibile aumento della percentuale di successo, con riduzione notevole degli incidenti. Verosimilmente questo porterà in futuro ad una ancor maggiore frequentazione con inevitabile incremento dei materiali che circolano sullo “Sperone Abruzzi”, e ciò richiederà una gestione oculata, anche se non si arriverà mai ad una situazione simile a quella proposta dalla salita all’Everest dal versante nepalese.
Il CAAI non è il depositario unico dell’etica dell’alpinismo. Per quanto le spedizioni commerciali rimandino ad un’idea di sfruttamento della montagna agli antipodi della nostra concezione di alpinismo, è evidente che affrontare il K2 con corde fisse e ossigeno supplementare non elimina del tutto il valore di questa salita, che rimane una delle più difficili e che, in qualunque modo si sia completata, richiede dunque rispetto. Pur rilevando che è l’avventura a garantire i maggiori compensi all’alpinista, penso proprio che senza fisse e ossigeno la salita del K2 sarebbe appannaggio di pochi, e soprattutto che ben più persone finirebbero col perdere la vita sulla montagna. Peraltro, anche con attrezzatura perfetta, è indispensabile porre ogni attenzione a preparare bene gli alpinisti per la salita al K2: altrimenti, in caso di problemi, la cosa potrebbe facilmente tradursi in un disastro.
Collo di bottiglia (2023, foto Tashi Lakpa Sherpa)L’alternativa di lasciare le grandi salite ai fuoriclasse non è in linea con la storia dell’alpinismo, che si nutre dei sogni di tanti. Così, la rilevanza socioculturale delle imprese alpinistiche vale inizialmente più di quella economica ma ben presto tende ad esserne sopraffatta. L’occupazione dei territori prima ed il loro sfruttamento poi sono infatti processi tipici della nostra civiltà. Vietare la frequentazione è una possibile soluzione per ridurre l’impatto umano, ma è molto impopolare e decisamente improponibile per i giganti della Terra: si tratta di un’ultima opzione che non verrà percorsa se non per emergenze apocalittiche.
E’ quindi necessario lavorare sugli alpinisti e parallelamente sulle agenzie: chi si occupa di portare in cima un nutrito gruppo di clienti si deve prendere in carico gli aspetti ambientali correlati, controllando il flusso di materiali in salita e in discesa, ed evitando di rovinare un bene delicato che è la base stessa della nostra passione di alpinisti…
Ogni appassionato di alpinismo non può esimersi dal compito di limitare il proprio impatto ambientale, a livello personale ma anche a livello istituzionale. La nostra storia ci chiede uno sforzo in questa direzione. Mountain Wilderness e CAAI sono da sempre impegnati nella difesa dell’etica in montagna, anche se spesso su fronti diversi. L’inquinamento delle terre alte è però un aspetto trasversale che accomuna l’azione delle due istituzioni.
Ma ben poco avremmo potuto fare su questo progetto senza l’aiuto di Banca Sella Holding, da sempre sensibile ai temi dell’alpinismo, della sua storia e interessata alle problematiche dell’alta quota, tanto più al K2. Le più belle foto di Himalaya e Karakorum ci arrivano infatti da Vittorio Sella, che visitò la montagna insieme al Duca degli Abruzzi nel 1909. Pietro, pronipote di Vittorio, nel 2024 ha ripercorso il Baltoro cercando, non senza difficoltà, di ripetere gli scatti del prozio a 115 anni di distanza, ottenendo un risultato sorprendentemente accurato. Il ghiacciaio principale non ha evidenziato variazioni importanti, al contrario dei suoi tributari laterali che si dimostrano ben colpiti dal riscaldamento globale. Davanti all’evidenza di queste problematiche Banca Sella Holding ha accettato la richiesta di appoggio di CAAI e MW, dimostrando un sicuro l’interesse per un eventuale futuro Convegno Internazionale sul tema.