CAAI

Club Alpino Accademico Italiano
Venerdì, 22 Settembre 2023 16:32

VAL GRANDE IN VERTICALE 2023

RESOCONTO a cura di Luca Enrico

L’edizione 2023 è stata quella che ha visto in assoluto più partecipanti, sicuramente grazie al meteo propizio ma anche alla vasta scelta di attività proposte.

Le presenze si sono attestate almeno su 400 persone, di cui 322 ufficialmente iscritte al raduno (ritiro pacco raduno contenente la maglietta 2023).

Come sempre grande affluenza da parte dei bambini alle due giornate di “prova scalata”; gli adulti neofiti che hanno aderito alla medesima iniziativa nella giornata di domenica sono stati 15, così come quelli che hanno partecipato alla lezione di manovre tenuta dalle guide alpine di X3 Mountain. L’escursione a cura delle sezioni CAI ha contato 27 camminatori e il “corso trad” della Scuola Nazionale di Alpinismo Gervasutti 15 allievi. Ottimo riscontro anche alla pre-serata tenutasi a Chialamberto sulla fisioterapia legata agli sport di montagna, alla cena da “Cesarin” di Breno e alla serata con l’atleta disabile Andrea Lanfri, a Cantoira, dove si è contato un centinaio di spettatori.

L’evento si è poi concluso con la classica estrazione dei premi messi in palio dai tanti sponsor, sia tecnici che legati all’economia locale. Come sempre una festa nel giardino dell’Albergo Savoia di Forno Alpi Graie, fulcro della manifestazione.

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Martedì, 05 Settembre 2023 16:15

L’EAGLE TEAM ALLA TORRE DI PADOVA

di Francesco Leardi Presidente C.A.A.I. Orientale

Giovedì 31 Agosto! Anche se con un giorno di anticipo, preludio al futuro trasferimento a Malga Ciapela, calzerebbe a pennello la canzone “Impressioni di Settembre” per il ritrovo di 11 dei 15 ragazzi dell’Eagle Team alla Torre di Padova situata presso il Centro Sportivo F. Raciti al parco Brentella di Padova; il progetto pensato e ideato dall’Accademico e Ragno di Lecco Matteo Della Bordella, sponsorizzato dal Club Alpino Italiano e dal Club Alpino Accademico Italiano, sta prendendo forma e dopo una breve pausa sulle Grigne avversata da condizioni meteo non proprio favorevoli sta spostando il baricentro ad Oriente.

20230831 103117Giuliano Bressan e Andrea Lazzaro illustrano gli esperimenti alla Torre

 

20230831 141127I ragazzi dell'EAGLE TEAN seguono con attenzione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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11 ragazzi sui 15 prescelti erano presenti alle dimostrazioni assistiti dall’inossidabile Giuliano Bressan, dal professionale Andrea Lazzaro e con l’ausilio della puntigliosa preparazione tecnica dell’Accademico e Guida Alpina Alessandro Baù.

Al sottoscritto, presente in veste istituzionale come presidente del C.A.A.I. Gruppo Orientale, competeva un semplice compito di sintesi fotografica e relazione per il sito del sodalizio; sinceramente molto emozionato al cospetto di questi giovani che “osavano” darmi del Lei, giovani tecnicamente e alpinisticamente molto preparati e motivati mi sono domandato dove si stanno spingendo arrampicata e alpinismo.

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Dopo una veloce esposizione con cartellonistica da parte di Giuliano e Andrea per l’acquisizione di nozioni tecniche si è iniziato con le prove sulla tenuta delle corde registrando i valori espressi dalla caduta del peso ad altezze variabili.

Diverse prove si sono succedute effettuate anche sulla tenuta dei moschettoni con leva aperta che puntualmente si sono strappati in monconi che hanno suscitato l’interesse dei ragazzi.

Poi si è passati, a turno, alle prove di tenuta di simulazione di caduta, indossando il salvifico guanto da lavoro per evitare spiacevoli ustioni.

Andrea LazzaroUno dopo l’altro, con esiti diversi a seconda della fisicità e forza, hanno potuto rendersi conto di quanto sia impegnativo sopportare il volo di un compagno, pur tenendo presente che la prova era effettuata in condizioni assai peggiorative rispetto al normale.

Poi si è passati alle prove di tenuta dei collegamenti delle soste in diverse modalità abilmente create da Alessandro Baù.

Trefoli, calze, Kevlar, Dyneema tutto scorreva sotto le abili mani di Giuliano e Andrea che mi sono apparsi come due ragazzi intenti in un gioco che conoscevano benissimo, pronosticando su ogni prova l’esito finale che puntualmente era quello anticipato verbalmente.

Dopo una breve pausa conviviale, che ci ha visto tutti insieme al tavolo davanti ad uno spuntino, abbiamo ripreso le prove avvicinandoci maggiormente alla realtà e cioè la tenuta del volo utilizzando mezzi diversi e vincolati alla sosta.

Alessandro Baù ha illustrato come si sarebbero svolte le prove, tecnicamente e praticamente, prima che i ragazzi a turno le effettuassero.

Al pomeriggio trasferimento per l’Eagle Team a Malga Ciapela, la meteo promette condizioni ottimali e certamente i ragazzi affronteranno le pareti con maggiore consapevolezza, quella consapevolezza acquisita grazie ad un Centro Studi che ha tecnicamente formato centinaia di alpinisti e professionisti.

 

 

 

 

 

Ragazzi dell'Eagle Team presenti alla Torre di Padova

Alessandra PratoAlessandra Prato

Camilla ReggioCamilla Reggio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Carlo FilippiCarlo Filippi

 

Erica Bonaldo e Iris BielliErica Bonaldo e Iris Bielli

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Luca DucoliLuca Ducoli

 

Marco CocitoMarco Cocito

 

 aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaRiccardo Volpiano

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Matteo MonfriniMatteo Monfrini

Matteo Sella con Alessandro BaùMatteo Sella con Alessandro Baù

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Riccardo VolpianoDaniele Lo Russo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dopo la proficua giornata in Torre i ragazzi dell'Eagle Team si sono trasferiti a Malga Ciapela, dove hanno incontrato il folto gruppo dell'Eagle Meet per scalare assieme.

Ecco qui da "Lo Scarpone" on line un breve resoconto dell'evento.

Eagle Team e Eagle Meet Ph Guido Casarotto

Il progetto EAGLE TEAM

La nascita di EAGLE TEAM

EAGLE MEET

Il Gruppo EAGLE TEAM

Mercoledì, 16 Agosto 2023 22:03

 

locandina 1

 

Il 9 e 10 settembre la sesta edizione di questo importante appuntamento.

Sul sito Valli di Lanzo in Verticale  gli aggiornamenti del programma e le tante novità su vie nuove e sistemazioni di itinerari classici nelle Valli di Lanzo.

pdfScarica la locandina in formato PDF

locandina 2 arrampicata giovani

                                                                                                                                                             jpgScarica la locandina in formato PDF

IL RADUNO

PROGRAMMA VAL GRANDE IN VERTICALE 2023  pdfscarica il programma in formato PDF

Sabato 09 Settembre:

  • A partire dalle ore 09.00 ISCRIZIONI AL RADUNO e consegna del pacco partecipazione presso il piazzale dietro l’Albergo Savoia di Forno Alpi Graie.
  • ARRAMPICATA sulle pareti del Vallone di Sea e della Val Grande, in autonomia e sotto la responsabilità di ciascun partecipante;
  • A partire dalle ore 10.00 PROVA GRATUITA DI ARRAMPICATA RIVOLTA A BAMBINI E RAGAZZI sui massi della frazione Balme di Cantoira. A cura della Scuola di Alpinismo Giovanile “Giuseppe Lavesi”. Non vi è necessità di preiscrizione. Omaggio di partecipazione a tutti i bambini. Merenda offerta dal Comune di Cantoira a partire dalle ore 16;
  • CORSO DI ARRAMPICATA TRAD a cura della Scuola Nazionale di Alpinismo “Giusto Gervasutti”. Iscrizione obbligatoria su http://www.scuolagervasutti.it. Prova dimostrazione del nuovo attrezzo di protezione “Angel” ideato e prodotto da Alternative Current presso la Parete delle Gare di Campo Pietra
  • A partire dalle ore 10.00 SCUOLA DI DANZA VERTICALE presso il Masso di Breno a cura dell’Associazione “Evoluzionaria”. Per info e costi contattare Luca Piccoloantonio cell. 342/0526319 – mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.;
  • Ore 11.30 APERITIVO presso Albergo Savoia di Forno Alpi Graie e presentazione della nuova guida escursionistica “Escursioni nelle Valli di Lanzo” di M. Blatto, editore IdeaMontagna;
  • Ore 17.15 conferenza su “PREVENZIONE DEGLI INFORTUNI IN MONTAGNA: CONSIGLI PRATICI SUL COME EVITARLI” a cura del dott. Alessio Ricca, fisioterapista, osteopata, chinesiologo, nella sala comunale presso ex bar Alpino a Chialamberto – piazza Chiariglione, 1. Ingresso gratuito;
  • Ore 19.00 cena presso il Ristorante Cesarin, in frazione Breno di Chialamberto. Prenotazione gradita al numero 340/868.52.36;
  • Ore 21.15 CONFERENZA a cura dell’atleta ANDREA LANFRI “TOCCARE IL CIELO CON TRE DITA”. Le straordinarie avventure di questo alpinista che, nonostante due protesi alle gambe, ha raggiunto le cime più alte del Pianeta; Cantoira, Sala Polifunzionale, via Della Chiesa 8. Ingresso libero;

Domenica 10 Settembre:

Per informazioni: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

locandina 3 LANFRI

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Martedì, 01 Agosto 2023 17:53

Dall'1 al 3 settembre il Club Alpino Accademico Italiano organizza a Malga Ciapela (Marmolada) un meeting di arrampicata aperto a 35 giovani dai 18 ai 30 anni provenienti dalle Scuole Cai e di altre realtà. La tre giorni è organizzata nell'ambito della seconda settimana formativa del Cai Eagle Team

Loandina EAGLE MEET Marmolada

 

Il meeting è aperto ai più promettenti giovani alpinisti del Nord-Est, del Centro e del Sud Italia, provenienti dalle Scuole del Cai e di altre realtà e si colloca nell'ambito della seconda tornata di formazione del Cai Eagle Team.

L'Eagle Meet è aperto a 35 giovani tra 18 e i 30 anni, che devono avere l'assenso del direttore della scuola di provenienza e la normale dotazione alpinistica (roccia) completa.

L'obiettivo è quello di creare un momento di contatto e di scambio di esperienze con i giovani alpinisti di punta selezionati per l’Eagle Team. Il meeting verrà curato dal Gruppo Orientale del Caai, che metterà a disposizione i propri tutor. 

Sarà una bella occasione per scalare assieme e ricercare spunti di confronto e di crescita.

I posti sono limitati e gli interessati saranno ammessi secondo l'ordine di arrivo dell’iscrizione da inviare a Carlo Barbolini (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.), che può essere contattato anche per avere maggiori dettagli.

Lunedì, 24 Luglio 2023 20:06

Samuele Mazzolini ci propone tre itinerari di buon ingaggio e di sicura soddisfazione, corredati degli schizzi e delle relazioni aggiornate. 

Molte altre relazioni, redatte sempre  con la sua solita precisione e competenza, sul sito personale di Samuele Mazzolini.

 

Via MENHIR al Pilastro di Mezzo del Sass dla Crusc

                               S. Mazzolini su Menhir (Ph F. Piacenza)

 

 

Il pilastro di Mezzo al Sass dla Crusc è un simbolo, il luogo dove si è compiuto un passo avanti nella scalata libera. La via di Nicola Tondini e Ingo Irsara segue la tradizione di questa parete, arrampicata libera psicologicamente e tecnicamente impegnativa con protezioni tradizionali. Un altro piccolo gioiello che si va a sommare agli altri di questa fantastica parete, dove non mi stanco mai di tornare.

pdfScarica qui lo schizzo di MENHIR

                               Francesco Piacenza su Menhir (Ph S. Mazzolini)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                               Francesco Piacenza su Menhir (Ph S. Mazzolini)

 

Via ISO2000 alla Cima Grande di Lavaredo

                               Samuele Mazzolini su ISO2000 (Ph F. Piacenza)

 

Se la “Comici” è affollata questa via è sicuramente una bellissima alternativa. Gli apritori (Kurt Astner e Kurt Brugger) poi non sono certo due sconosciuti e la roccia è bella. Una bella scalata di resistenza e di sicura soddisfazione, che porta in cima ad una montagna simbolo delle Dolomiti e non solo. Gioia e bellezza, questo il ricordo di una delle tante giornate passate a scalare con Francesco Piacenza.

pdfScarica qui lo schizzo di ISO2000

 

                               Samuele Mazzolini su ISO2000 (Ph F. Piacenza)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Via ALL’OCCHIO BACCHINI  alle Torri di Monzone (Alpi Apuane)

                               Francesco Piacenza su ALL'OCCHIO BACCHINI (Ph Arch S. Mazzolini)

 

 

Sono fermamente convinto che per fare alpinismo non siano obbligatori i friends, e per fare arrampicata sportiva i fix. Chiunque salga questa bellissima via di Vigiani può fare suo questo concetto: l’esposizione non dipende dal mezzo ma da come si usa. Insomma, un piccolo capolavoro che merita di essere conosciuto e imitato, e che permette di scoprire un angolo incantato delle Apuane.

pdfScarica qui lo schizzo di ALL'OCCHIO BACCHINI

 

 

Lunedì, 03 Luglio 2023 20:02

ARRAMPICATE CLASSICHE NELLA CONCA DEL RIFUGIO F.LLI CALVI - Val Brembana

di Michele Cisana – INA-IAEE  - Le foto, salva diversa indicazione, sono dell'autore

3Il rifugio F.lli Calvi in una splendida giornata autunnale

 

In occasione del 60° anniversario della nascita della Scuola di alpinismo “Leone Pellicioli” del CAI Bergamo, nella quale svolgo la mia attività di istruttore da oltre trent’anni, con alcuni amici istruttori ho deciso di ripercorrere parte della storia della Scuola stessa ritornando sulle “orme” degli alpinisti che a suo tempo ne facevano parte. Quale occasione migliore per salire, sistemare e divulgare alcune linee su roccia da loro tracciate e ormai cadute in disuso? La scelta è caduta senza dubbio sulla conca del Rifugio Calvi, forse dopo la Presolana la zona con più storia alpinistica su roccia delle intere Orobie. Se il merito iniziale va individuato in Antonio Baroni - la grande Guida Alpina di San Pellegrino Terme che alla fine del XIX secolo salì, tra le altre cose, il Pizzo del Diavolo di Tenda lungo la sua cresta sud-sud-ovest (a lui ora intitolata) – non bisogna poi dimenticare altri grandi nomi dell’alpinismo bergamasco quali Giulio Cesareni, Enrico Luchsinger, Giuseppe e Innocente Longo, ma soprattutto Santino e Nino Calegari, Andrea Farina, Nino Poloni, Andrea Cattaneo e Dario Rota.

2I versanti settentrionali del Monte Cabianca e del Monte Valrossa dal sentiero che sale al Lago di Cabianca Questi ultimi, accompagnati in varie occasioni da diversi compagni di cordata di taratura non meno inferiore, hanno aperto negli anni compresi tra il 1955 e il 1988 diversi itinerari alcuni dei quali poi diventati classici e ritenuti ai tempi tra i più impegnativi delle Alpi Orobie! Non per nulla Santino e Andrea sono stati i precursori in Italia - e forse anche in Europa - nella creazione della prima imbracatura per alpinismo, esemplare tuttora visibile nella sede del Cai Bergamo, oltre che alpinisti di calibro internazionale, guidando spedizioni su pareti Andine ed Himalayane che, ancora oggi, sono riservate all’elite dell’alpinismo. Con questi presupposti, dopo molti anni che non ripercorrevo alcune di queste salite, non potevo che riavvicinarmi ai loro itinerari in punta di piedi e vedere che cosa mi avrebbero ancora riservato. In più occasioni ho avuto la possibilità di “rigustare” i bellissimi e facili diedri della via Calegari-Farina alla Punta Esposito, la verticalità e l’esposizione della via Longo al Pizzo Poris, la difficoltà del Gran Diedro al Monte Cabianca, la logicità della via Cesareni-Luchsinger-Zaretti al Monte Cabianca e, non ultimo, le rocce del Monte Grabiasca. Senza ombra di dubbio posso affermare che, ancora oggi, ci sono zone vicino a casa dove si può respirare l’isolamento quasi totale, scalando belle e logiche linee classiche su roccia buona, a volte ottima, a differenza di quanto molti pensino. Da qui è nata in me la voglia di creare una brochure che riportasse le relazioni aggiornate ad oggi, con fotografie e tracciati, delle salite ritenute più meritevoli di questa zona. Per “rispolverare” queste salite - indicate ad un pubblico alpinistico - si è ritenuto utile operare un restyling delle stesse che conservasse il più possibile le caratteristiche originarie, con un occhio particolare alle soste; abbiamo provveduto pertanto a sostituire tutte le soste con materiale moderno (spit fix inox ad anello) e sistemare/integrare la chiodatura originale senza snaturare l’itinerario così come creato. Altre a questo, ho colto l’occasione per salire altre tre nuove linee trad su una parete fino ad oggi arrampicatoriamente sconosciuta; sono nati così altri tre bellissimi itinerari dedicati ad alcuni amici che ci hanno lasciato. Con grande determinazione e passione, abbiamo passato ore e ore appesi in parete a ricercare gli itinerari, gettare sassi, pulire erba, ribattere vecchi chiodi originari e riscrivere relazioni, nella speranza che - chi vorrà seguire le nostre orme - lo faccia per sè stesso, per cogliere come capitato a me la bellezza di questi luoghi. Buone scalate a tutti!

4Da sx a dx: Pizzo Rondenino, Pizzo del Diavolo di Tenda, il Diavolino e Monte Grabiasca

5Il rifugio F.lli Calvi

11In avvicinamento al Monte Grabiasca

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 7La parete nord del Monte Cabianca con i tracciati delle vie sistemate (da sx a dx: via Cesareni, via XXV Alpina Excelsior, via Calegari-Betti, via Gran Diedro, via Calegari-Farina, via Carenza di iodio)

 8La parete Nord del Monte Grabiasca con i tracciati delle vie sistemate (da sx a dx: via dello sperone di sinistra, via dello sperone centrale)

9La parete nord del Pizzo Poris con il tracciato delle vie sistemate (da sx a dx: via Agazzi-Arrigoni, via Longo)

  Scarica qui la pdfBROCHURE DELLE VIE

Punta Osvaldo Esposito

1La parete nord della Punta O. Esposito con il tracciato della via Calegari-Farina

La Punta Esposito è stata, ed è tuttora, uno dei banchi di prova di generazioni di alpinisti che salivano il suo diedro nord est per cominciare a prendere confidenza con le vie di montagna. Facilità di accesso e di discesa (per i canoni Orobici…) e roccia molto buona la rendono una delle vie più frequentate della zona, anche se è difficile trovarci la coda. Una bella giornata arrampicatoria è assicurata!

Le vie:

2Il primo tiro della via Calegari-Farina

 

3Il bellissimo diedro del secondo tiro della via Calegari-Farina

 

 

 

4La cuspide al termine del quarto tiro, dove si effettua la corda doppia

 

5In sosta nella nicchia del sesto tiro

 

6Lungo la cresta sommitale

Monte Valrossa

Di recente scoperta alpinistica, la solare parete nord est del monte Valrossa riserva un’arrampicata verticale su roccia bellissima, molto rugosa e più simile al granito che allo gneiss della zona! Le sue linee fessurate, lasciate volontariamente sprotette, permettono all’arrampicatore di divertirsi con l’utilizzo delle protezioni veloci. Unico neo è la limitata lunghezza delle salite, compensata però dalla possibilità di veloci concatenamenti. Le vie sono dedicate ad alcuni amici scomparsi.

Le vie:

1La parete nord est del Monte Valrossa con il tracciato della via Flavio e Filippo

5Il bellissimo diedro del secondo tiro

 

7La partenza del quarto tiro

8Lungo la rampa/camino del quinto tiro - Ph Matteo Cornago

 

6Giochi di luce sulla fessura del terzo tiro - Ph Matteo Cornago

 

1La parete nord est del Monte Valrossa con il tracciato della via Andrea e Berto

 6Il tezo tiro della Andrea e Berto4Matteo Cornago risale il secondo tiro

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1La parete Nord Est del Monte Valrossa con il tracciato della via Claudio Rossi

2La linea logica della via Claudio Rossi

 

5Uscita in sosta sul secondo tiro - Ph Luca Natali

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

8Parte iniziale del quinto tiro

 

9Sul passaggio chiave al quinto tiro - Ph Matteo Cornago

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Monte Cabianca

Insieme al Pizzo del Diavolo e al Monte Madonnino, il Monte Cabianca è la cima più frequentata nella conca del Rifugio F.lli Calvi. La sua frequentazione è maggiore in inverno, quando gli scialpinisti si concentrano sui suoi pendii per approfittare della bella discesa a nord su neve spesso polverosa o lungo il canale nord per provare l’ebrezza delle prime discese ripide. Riserva bellissime vie di arrampicata su roccia che sono state molto frequentate fino alla fine degli anni ’80, cadendo poi, ingiustamente, nell’oblio. La roccia, sugli itinerari presentati è molto buona e l’arrampicata in genere un poco atletica; la mancanza di sole e l’aria sempre frizzante ricordano che siamo in ambiente e tengono lontano le folle chiassose. Chi apprezza queste qualità, si troverà catapultato indietro di cinquant’anni…

Le vie:

1La parete Nord Ovest del Monte Cabianca con il tracciato della via Carenza di iodio

2Lungo il primo tiro della via Carenza di iodio

 1La parete Nord Ovest del Monte Cabianca con il tracciato della via Calegari-Farina

 2Lungo il terzo e quarto tiro della via Calegari-Farina

 

pdfPDF via Gran Diedro (Richiodatura: M. Cisana, G. Allevi, M. Pezzoli)

1La parete Nord Ovest del Monte Cabianca con il tracciato della via Gran Diedro

6Lungo il secondo tiro - Ph Giovanni Allievi

9Il traverso del terzo tiro

10Il bellissimo diedro del quarto tiro

1Il tracciato della via Calegari-Betti

3Sul secondo tiro della Calegari-Betti

5La variante del terzo tiro dalla via XXV Alpina Excelsior

 

 

 

 

7Alla ricerca del giusto itinerario

8Il passaggio chiave del quinto tiro

 

9Lungo il bellissimo quinto tiro

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 1La parete Nord del Monte Cabianca con il tracciato della via XXV Alpina Excelsior

 3M. Cornago alla sosta del terzo tiro2M. Cisana sulla bellissima fessura del quarto tiro - Ph Matteo Cornago

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 6La verticalità del quinto tiro - Ph Matteo Cornago

7M. Cornago sul bellissimo settimo tiro

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1La parete Nord del Monte Cabianca con il tracciato della via Cesareni

2Il camino d'attacco della via Cesareni - Ph Mattia Domenghini

 

4In sosta secondo tiro - Ph Mattia Domenghini

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

9La placca del sesto tiro - Ph Mattia Domenghini

Monte Grabiasca

Rispetto alle altre montagne della zona, il Monte Grabiasca alpinisticamente è sempre stato un poco più defilato. Ciò è dovuto al fatto che, generalmente, la roccia sulle sue pareti è discreta con presenza di molto detrito. La frequentazione è più elevata in inverno, lungo i canali presenti sulla sua parete nord. Nonostante tutto, la vecchia via Longo e la nuova linea da noi salita meritano una visita, se non altro per prendere confidenza con la “vera” roccia Orobica.

Le vie:

1La parete nord del Monte Grabiasca con il tracciato dello sperone centrale

 7Lungo la fessura del sesto tiro - Ph Mattia Domenghini4Secondo tiro - Ph Claudio Gambardella

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2La placca del primo tiro - Ph Mattia Gambardella

 

6La fessura del sesto tiro - Ph Mattia Domenghini

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1La parete Nord del Monte Grabiasca con il tracciato della via dello sperone di sinistra

2La roccia orobica sul secondo tiro della via dello sperone di sinistra - Ph Silvio Gambardella

 

3Sul secondo tiro della via dello sperone di sinistra - Ph Silvio Gambardella

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

5Mare di nubi dalla vetta del Monte Grabiasca - Ph Silvio Gambardella

Pizzo Poris

Il suo spigolo nord per anni è stato il banco di prova di molti alpinisti bergamaschi che volevano confrontarsi, anche in inverno, con la verticalità della linea aperta dai fratelli Longo nel 1931. Negli anni successivi sono nate molte altre vie, tra cui la stupenda Agazzi – Arrigoni che, se fosse lunga qualche tiro in più, non avrebbe nulla da invidiare ad alcune grandi classiche delle Alpi! Il lungo avvicinamento tiene lontani i “climber”.

Le vie:

  • pdfPDF via Longo (Richiodatura: P. Cogato, M. Pezzoli, R. Ghilardi, M. Galbusera)

1La parete Nord del Monte Poris con il tracciato della via Longo

2Il camino di attacco della variante Calegari alla via Longo - Ph Michele Pezzoli

3Sul tiro chiave - Ph Michele Pezzoli

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

5Mare di nubi dalla vetta del Pizzo Poris - Ph Michele Pezzoli

 

1La parete nord del Pizzo Poris con il tracciato della via Agazzi-Arrigoni - Ph Web

2La splendida linea seguita dalla via Agazzi-Arrigoni - Ph Giovanni Allevi

4Il primo faticoso tiro della via Agazzi-Arrigoni - Ph Giovanni Allevi

 

6La linea di salita del secondo tiro - Ph Giovanni Allevi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Falesia del Rifugio F.lli Calvi

In occasione della sistemazione delle vie di roccia sulle pareti circostanti, è stata chiodata da Michele Cisana una piccola falesia a 5 minuti dal rifugio, con itinerari facili e ben protetti, che permettono di passare qualche ora pomeridiana a divertirsi o provare manovre di autosoccorso (altezza parete circa 15m).

Le vie:

  • Bianca   5a
  • Sofia       4c
  • Emma   5b
  • Petra     5c/6a

6La falesia del rif. F.lli Calvi

 

 

Sabato, 01 Luglio 2023 21:38

Il CLUB ALPINO ACCADEMICO ITALIANO

ed il GISM (Gruppo Italiano Scrittori di Montagna)

invitano alla proiezione del filmato

PIK LENIN, LA SPEDIZIONE DELLA RINASCITA

Giovedì 6 luglio 2023 ore 21

presso il Centro Polifunzionale “Nuovo Cinema Palmaro”

Via Prà 164 - Genova Prà Palmaro

Organizzazione a cura del CAI ULE Sottosezione di Sestri Ponente

e Associazione Nuovo Cinema Teatro Palmaro

Patrocinio Regione Liguria Assessorato al Tempo libero

In rappresentanza del CAAI e del GISM sarà presente l’accademico Serafino Ripamonti, alpinista, giornalista e scrittore.

Il film è presentato da Francesco Cassardo, medico e alpinista, che ci racconterà questa sua spedizione, realizzata dopo l’incidente (da qui la “rinascita” del titolo) che lo aveva coinvolto sul Gasherbrum VII e che viene raccontato nel libro “Sdraiato in cima al mondo” di Cala Cimenti.

La serata è finalizzata alla realizzazione di un Progetto di promozione sanitaria in Karamoja (Uganda) che sarà presentato da Cassardo e che si pone come obiettivi la fornitura di attrezzature (acquisto di 2 ecografi) e competenze, con un corso di formazione da parte di volontari, tra cui lo stesso Cassardo, per il personale sanitario locale.

A supporto del pdfprogetto sanitario, parallelamente ad esso e peraltro mirato alla ricerca di sponsor, Cassardo lancia anche un progetto alpinistico, una volta tanto non alla ricerca di prestazioni sportive estreme, denominato pdfAFRICAN LION che prevede la salita dei 5.000 del continente africano (Kilimanjaro, Kenya e Ruvenzori).

Così scrive Francesco:

“Nel corso delle mie spedizioni in Pakistan, su Gasherbrum II nel 2018 e su Gasherbrum VII nel 2019, è maturata l'idea di sfruttare le mie competenze mediche per portare anche un aiuto alle popolazioni incontrate lungo il mio cammino verso le grandi montagne. Nel 2019 però, mentre ero in discesa con gli sci dall'inviolato Gasherbrum VII, ho purtroppo avuto un incidente che mi ha visto precipitare per la parete e che ha richiesto una complicata operazione di soccorso. Ovviamente, dopo, ho dovuto affrontare un lungo percorso riabilitativo ma l'anno scorso sono riuscito finalmente a prendere parte ad una nuova spedizione, sempre con gli sci, sul Pik Lenin in Kyrgyzstan e ora sono pronto per nuove sfide.
Questa estate andrò in Africa per un nuovo progetto alpinistico/medico.
Con due associazioni abbiamo scritto un progetto di cooperazione che, come medico, mi porterà in Uganda per promuovere ed insegnare l'utilizzo dell'ecografia clinica. L'ecografo è infatti uno strumento estremamente utile ed economico per ottenere informazioni per inquadrare al meglio un caso clinico, soprattutto in un territorio con pochi mezzi come quello africano.
Già che andrò sul territorio africano però, conto di dare vita ad un progetto alpinistico che avevo ideato con il mio compagno di cordata Cala Cimenti, ossia la scalata delle montagne africane che superano i 5000 metri di quota (Kilimanjaro, Monte Kenya e Ruwenzori), una dietro l'altra in circa un mese, ad agosto.
Come esiste lo Snow Leopard (titolo conferito a coloro che riescono a scalare le 5 montagne di 7000 metri del territorio ex-URSS – l’ unico italiano ad averlo ottenuto è stato proprio Cala), questo progetto prenderà il nome African Lion."

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Regione Liguria Assessorato al Tempo Libero

Sabato, 01 Luglio 2023 20:36

Il CLUB ALPINO ACCADEMICO ITALIANO

da' il proprio patrocinio alla

Serata dedicata all’alpinista ITALO MUZIO

a cura della Sezione Ligure Genova del CAI

Giovedì 6 luglio ore 21 presso la sede del CAI Sezione Ligure in Galleria Mazzini 7-3 Genova 

con il patrocinio di REGIONE LIGURIA Assessorato Tempo Libero

Nel corso della serata sarà proiettato il filmato “La Cresta del Leone”.

(da libro Carrel, p. 109). Il Picco Muzio è stato scalato per la prima volta solo il 3-4 settembre 1953, ad opera di Carrellino (Luigi Carrel), a sinistra nella foto, di don Luigi Maquignaz e Italo Muzio. Archivi Antonio Carrel, Valtournenche.(da libro Carrel, p. 109). Il Picco Muzio è stato scalato per la prima volta solo il 3-4 settembre 1953, ad opera di Carrellino (Luigi Carrel), a sinistra nella foto, di don Luigi Maquignaz e Italo Muzio. Archivi Antonio Carrel, Valtournenche.Italo Muzio (1906-1982), l’alpino del mare, è la storia di un sestrino che, “in anni ormai remoti e non facili come sono quelli che vanno dagli Anni Venti al secondo dopoguerra, scopre la sua passione per la montagna. Diventerà Guida del Cervino (1954) e qui, insieme a un mito come Luigi Carrel, effettuerà una lunga serie di scalate e di prime ascensioni sia sul Cervino che nel gruppo del Monte Rosa.

Proprio sul Cervino, Italo Muzio il 3 settembre 1953 realizzò, con Luigi Carrel e Don Louis Maquignaz, la prima salita della q. 4191 sul versante sud che proprio a lui venne intitolata: il Picco Muzio per l’appunto.

In alcune ascensioni gli sarà compagno di cordata il savonese Carlo Taddei, anche lui autore di una via nuova al Cervino sulla repulsiva parete ovest con L. Carrel (Carrelino) dal 19 al 22 agosto 1947, con due bivacchi in parete fra bufere di neve, scariche di sassi, gelo e vetrato per novanta ore complessive di salita, alpinismo d’altri tempi…

Durante la serata verrà presentato il libro “Italo Muzio, l’alpino del mare” scritto da Silvio Rezzano che sarà presente in sala. Partecipano il giornalista e scrittore Enrico Martinet e Fulvio Scotto Presidente del CAAI Gruppo Occidentale.

Silvio Rezzano nasce a Sestri Levante il 28 Febbraio 1958, diplomato al Liceo Classico Federico Delpino di Chiavari e laureato in Storia presso l’Università di Genova. Ha praticato per anni l’alpinismo partecipando nel 1984 ad una spedizione in Pamir e raggiungendo la vetta del Pik Lenin (m 7.134) in solitaria.

Ingresso libero anche ai non soci CAI

 

 

 

Muzio Alla bene e meglioFotoBarmasseCervino correttaLa parete sud del Cervino con nel settore destro il triangolo grigio del Picco Muzio. Da ds, giallo=Cresta di Furggen, azzurrino=via di Hervé Barmasse, verde=Via dei Ragni, giallo=Via dei Fiori, bordò=Padre Pio prega per tutti, rosso=I Tre Moschettieri, blu=via Barmasse-De Tuoni, giallo=via Carrel alla parete sud (con diramazione gialla a ds, via al Picco Muzio del 1953).

Muzio Barmasse 7690L’itinerario sul Picco Muzio aperto da Hervé Barmasse in solitaria (foto Barmasse) Dal 6 al 9 aprile 2011 Hervé Barmasse ha raggiunto la vetta del Picco Muzio aprendo una nuova via lungo i 700 m del grande pilastro della parete sud-est, raddrizzando notevolmente la via dei Ragni e vincendo il pilastro nella sua linea più impressionante

Si ringrazia gognablog.sherpa-gate per le foto

 

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Regione Liguria Assessorato al Tempo Libero

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Martedì, 27 Giugno 2023 12:20

                                           

IL NUOVO MATTINO APPENNINICO

Dalla seconda metà degli anni 70 ad oggi

di Massimo Marcheggiani

Le foto, salvo diversa indicazione, sono dell’autore

Le realizzazioni degli anni passati hanno lasciato il segno nella comunità alpinistica che orbita sulla montagna più intrigante dell'intero Appennino Centrale. Il Gran Sasso, a differenza di qualsiasi altro massiccio appenninico, si dimostra montagna dalle mille sfaccettature e potenzialità. La qualità della roccia, soprattutto al Corno Piccolo, non trova alcuna concorrenza in nessuna altra montagna o parete al di sotto del Po. La prima metà degli anni 70, al di là dell'apertura dei nuovi itinerari, vede una intraprendenza generale nei più giovani che si avvicinano all'alpinismo e che si confrontano con le salite più all'avanguardia del momento compiendo prime ripetizioni e un maggiore interesse verso la pratica invernale messa in atto non più sui tradizionali canali o poco più, ma rivolta ad affrontare la verticalità e la difficoltà tecnica delle salite, segno evidente e chiarissimo di una crescita a tutto tondo della maturità alpinistica in centro Italia.

1Monte Morra. Massimo Risi a metà anni 70

2Palestra di Ciampino (Roma) P.L. Bini a metà anni 70

 

3P. L. Bini sulla via del Vecchiaccio, 1977

 

A Roma il CAI e la SUCAI stanno vivendo un periodo molto intenso sotto la vivace presidenza dell'Accademico Franco Alletto. La scuola di alpinismo intitolata a Paolo Consiglio, prematuramente morto di malattia in Himalaya, tiene costantemente corsi di roccia da cui escono più o meno bravi scalatori. Intorno al CAI intanto orbitano anche “cani sciolti” a volte irriverenti verso il sodalizio nel quale non si riconoscono.

Chi scrive, tutt'altro che irriverente, non sapeva neanche dell'esistenza del Club Alpino e fu testimone oculare della ventata straordinaria che aleggiava nell'aria.

Nel 1976 ero vestito rigorosamente da “alpinista” con pantaloni alla zuava e maglione rosso, tutto fatto da mia madre (che se avesse saputo cosa andavo a fare tutte le sante domeniche mattina uscendo all'alba, col cavolo me li avrebbe fatti...) e per la prima volta mi approcciai alla palestra di roccia del Monte Morra con il mio amico Massimo Risi. Cielo grigio e minaccioso ma attaccammo lo stesso la via “Marino” di 3° grado e da bravi autodidatti, passamontagna calato sulla testa, con i piedi in grossi scarponi rimediati e la nostra corda bianca da ferramenta, scalammo per una trentina di metri impiegando molto tempo. Iniziò una leggerissima pioggerellina e ci spaventò. Non conoscendo la tecnica della corda doppia riscendemmo in arrampicata, prima l'altro Massimo e poi io che ero un po’ più bravo. Impiegammo tempi biblici e nel frattempo oltre ad essersi aperto un po’ di cielo, erano arrivate frotte intere di romani. Risate e tanto vociare ci crearono un po’ di imbarazzo e vergogna, ma quando uno dei tanti ci passò accanto, arrampicando in tuta da ginnastica, scarpe Superga ai piedi e per di più slegato, ci saremmo sotterrati perché ci chiese se eravamo degli speleologi. Ce ne andammo con diversi interrogativi, guardando decine di cordate arrampicare con scioltezza, velocità e allegria e vestiti tutt'altro che da “alpinisti”.

Si! Qualcosa di grosso stava succedendo e noi ci sentimmo medioevali.

 

Possiamo anche usare il termine Nuovo Mattino, ma in realtà era l'inizio di una vera e propria Nuova Era.

5Le spalle del Corno Piccolo da Ovest

4Da sinistra V. Plumari, M. Marcheggiani, G.P. Picone

 

8M. Marcheggiani sul tiro di 7° del “Vecchiaccio” - Ph C. Crisafulli

5ALa parete Nord del Corno Piccolo - Ph Damiano Fagiolo

6ARif. Franchetti e parete Est del Corno Piccolo

In centro Italia il fulcro del rinnovamento veniva senza dubbio da Roma. Il numeroso ambiente giovanile soprattutto universitario e in parte di provenienza sinistro/borghese faceva riferimento alla SUCAI della sezione capitolina. All'interno del nutrito gruppo dove cominciava a comparire qualche rara presenza femminile, diversi scalatori si facevano già notare ma al Monte Morra, che era il riferimento primario per chiunque scalava a Roma e provincia, viaggiava come una meteora un ragazzino di 17 anni: era normale restare basiti e a volte sgomenti nel vedere “sto tipo” che con scarpe da tennis Superga ai piedi e tuta ginnica saliva e scendeva, saliva e scendeva, saliva e scendeva in velocità ed eleganza fuori da ogni canonico schema tecnico. Quasi sempre rigorosamente slegato riusciva a coprire anche 2000 metri di dislivello in una manciata di ore. Si chiamava e si chiama Pierluigi Bini, e la sua straordinaria attività, pure concentrata in soli 4/5 anni, rivoluzionò però e rese moderno l'alpinismo anche in centro Italia quando già in Dolomiti si vedevano realizzazioni e personaggi assolutamente all'avanguardia. Uno per tutti Enzo Cozzolino (a cui Bini fu paragonato) il fuoriclasse triestino che sbalordiva con le sue ancora oggi memorabili scalate.

43Vito Plumari e P.L. Bini in Dolomiti nel 1977 Bini era un fuoco d'artificio; in Dolomiti ripete in velocità moltissimi itinerari, realizza prime ripetizioni e prime solitarie (Gogna in Marmolada, Fachiri alla Scotoni e tante altre) molto spesso in gran parte slegato.

Al Gran Sasso mette in ombra chiunque con le sue ripetizioni in tempi sbalorditivi e i numerosi concatenamenti sulla magnifica roccia del Corno Piccolo, ma quello che lo distingue è la sua visione “oltre”. Riesce a vedere quello che non era mai stato visto e così è il primo ad avventurarsi su placche mai percorse prima e con protezioni rarissime. Non possedeva friends, dotato di qualche nuts, martello e una manciata di chiodi si avventurava su terreni ritenuti allora “impossibili” e nel frattempo realizzava anche molte prime solitarie. Bini era quasi sempre in compagnia di un personaggio a dir poco “caratteristico”. Un uomo piccolo e magro di quasi sessanta anni, vestito in modo vetusto e sdrucito con dei baffi un pò ingialliti e capelli lunghi impomatati. Indossava un vecchio casco da motociclista e ai piedi anche lui calza le scarpe da tennis Superga. Vito Plumari, questo è il suo nome ed è un bidello ormai in pensione. Possiede due moto BMW e una Opel Manta con cui scorrazza il suo amico Bini e qualche altro raro amico senza automobile (compreso chi scrive) verso le pareti. Un leggero morbo di Parkinson gli muove costantemente la testa e parla, parla, parla ininterrottamente in un siculo-italiano a volte incomprensibile. Scala quasi sempre da secondo con Bini spesso richiamando l'attenzione altrui urlando esclamazioni divertenti e goliardiche.

6BRif. Franchetti e parete Est del Corno Piccolo

6CParete Est del Corno Piccolo

7M. Marcheggiani sul tiro di 7° del “Vecchiaccio” - Ph C. Crisafulli

 

 

9Il Paretone del Gran Sasso

11I pilastri del Paretone - Ph Igor Brutti

12La parete Est dell'Anticima Orientale - Ph E. Pontecorvo

E' l'estate del 1977 quando Bini in compagnia dell'inseparabile bidello e di chi scrive, alle primissime armi, apre la sua prima via al Gran Sasso introducendo per la prima volta il 7° grado in Centro Italia: pochi metri sull'ultimo improteggibile tiro di corda, con difficoltà però mai viste fino ad allora. La via, chiamata il giorno stesso “via del Vecchiaccio” in onore dell'improbabile compagno di avventure Vito, diventerà la via più ripetuta dell'intera montagna. Il difficile tiro (quasi sempre evitato dai più) con il suo tratto estremo a 10 metri dalla sosta sarà il “test” di coraggio per anni per numerosi scalatori. Oggi, l'abuso degli spit ha snaturato questo e diverse altre sezioni di parete relegandolo a un normale tiro come tanti altri.

Dopo il “Vecchiaccio” Bini apre soltanto altre quattro/cinque vie che per qualche anno resteranno lo spauracchio per molti scalatori. Nel '79 mette piede per la prima e unica volta sul Paretone del Gran Sasso mentre la sua attività è concentrata principalmente al Corno Piccolo. Apre (in parte) uno degli itinerari più difficili del momento: è il “Diedro di Mefisto”, che supera l'angusto antro tra il quarto e il terzo Pilastro del Paretone. La paternità di questa salita, che ancora oggi è una via temuta, in realtà dovrebbe essere attribuita agli ascolani Antonio Mari e suo fratello Dario. Durante la prima ascensione, infatti, Bini e Gianpaolo Picone dovettero rinunciare poco oltre metà via a causa di una caduta di Picone che riportò la frattura di una caviglia e dovettero rinunciare scendendo in corda doppia fino alla base. I fratelli Mari ripeterono sì la parte più difficile già percorsa, ma furono loro in pratica i primi salitori, visto che la parte superiore di oltre duecento metri è una sezione ancora difficile e con una uscita piuttosto friabile.

                               Il difficile diedro di Orient Express - Ph Arch. Marcheggiani

                               L'improteggibile ultimo tiro di Orient Express - Ph Arch M. Marcheggiani

 

25Caruso e Marcheggiani in apertura su Cavalcare la tigre - Ph Arch M. Marcheggiani

                               La parete Est di Pizzo Intermesoli

14Gli strapiombi della Farfalla - Ph Igor Brutti

16Il Paretone da Sud

 

18Torrione Cambi, parete Sud

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19La parete Nord del M. Camicia d'inverno

26Caruso in apertura sul traverso di Cavalcare la tigre Se Bini avesse continuato ad arrampicare sicuramente avrebbe potuto firmare altre notevoli aperture ma così non è stato; ciò non toglie però che aveva messo un marcato punto al tradizionale alpinismo e spalancato ulteriori porte a nuovi orizzonti. Era quindi nell'aria un testimone da raccogliere! Non sarebbero stati i romani della SUCAI o gli istruttori della ormai consolidata scuola di alpinismo che era stata intitolata al grande Paolo Consiglio a raccogliere l'ipotetico testimone, fu invece uno sparuto gruppetto di ragazzini romani, bravissimi, disinibiti che sulle orme di Bini cominciarono a ripetere le sue vie e ad aprirne numerose altre di elevata difficoltà. Luca Grazzini, Maurizio Tacchi, Marco Forcatura, Giuseppe e Roberto Barberi, Luca Bucciarelli sono solo alcuni dei nomi di una generazione di intraprendenti scalatori che aprono decine e decine di importantissimi itinerari oltre a ripetizioni di alto livello non solo sulla montagna di casa ma anche in Dolomiti. Il Gran Sasso si rivelava una miniera aperta ma ancora da scoprire! La mentalità acquisita e dimostrata attecchiva ormai in tutti gli ambienti orbitanti intorno a questa grande montagna.

Contemporaneamente a Bini compare sulla scena un altro importante protagonista: Giampiero Di Federico, abruzzese di Chieti e un pò meno giovane di Bini, praticava un alpinismo più tradizionale ma alzava anche lui la sua asticella delle difficoltà. Giampiero diventa Guida Alpina ed esce alla ribalta per alcune sue prime invernali di cui parleremo in altro capitolo, ma contemporaneamente ripete e apre itinerari di grande classe. E' il primo a ripetere in solitaria la via “Mario-Caruso”del '59 al 4° Pilastro del Paretone, poi apre con Giustino Zuccarini la “via Rossana” sulla parete Est del Corno Piccolo superando difficoltà molto elevate su fessure aggettanti. Successivamente apre la strapiombante “via del Trapezio” con Pasquale Iannetti superando difficili sezioni in artificiale dove fanno uso di enormi cunei di legno appositamente preparati. Gli Aquilotti del Gran Sasso non stanno certamente con le mani in mano sulla loro montagna: aprono a ritmo quasi annuale vie nuove, cominciando dal “Gran Diedro” e la “Aquilotti 79” al quarto Pilastro del Paretone e lo “Spigolo delle Guide” alla prima spalla del Corno Piccolo con la costante presenza di Lino D'Angelo ed Enrico De Luca, ambedue Guide Alpine e indiscussi leader nel gruppo degli Aquilotti.

 

21L'altipiano di Campo Imperatore

27Una cordata sulla bellissima Icosaedro

 

                               Daniele Marcheggiani sulla via Amore-Gambini alla seconda spalla

31Dopo il lungo traverso della Aquilotti 75, 2° spalla

32Emilio Onidi sulla Aquilotti 75, seconda spalla

33Ultimo splendido tiro su Aquilotti 72, seconda spalla

34ATipica arrampicata del Gran Sasso

 

34BMatteo e Loretta su Zarathustra, 1° spalla

I DIECI ANNI CHE CAMBIANO L'ALPINISMO AL GRAN SASSO

E' in atto un'accelerazione quasi spasmodica nella ricerca e apertura di nuove vie, anche se il bello deve ancora venire. Iniziano gli anni 80, e sulla grande montagna appenninica c'è un fermento che non si era mai visto prima. Fabio Delisi, Massimo Marcheggiani e Giampaolo Picone compiono la probabile prima ripetizione del primo Pilastro al Paretone che è il più facile dei quattro ma il più lontano da raggiungere; Fabio Delisi e suo fratello Cristiano, ambedue Guide Alpine, mettono piede per la prima volta dopo oltre 20 anni sulla repulsiva parete Est dell'Anticima Nord della Vetta Orientale ed aprono una misteriosa seconda via sulla parete, la via “Paola Banissoni” che non risulta quasi mai ripetuta se non dallo stesso Fabio Delisi in solitaria.

35Matteo e Loretta su Zarathustra, 1° spalla

40Anna Perone sul traverso de L'Arco, parete Nord C. Piccolo

 

36M. Marcheggiani su un improteggibile traverso inventato, 1° spalla - Ph S. D'Annibale

37AG. Santangeli sull'ultimo tiro della Aquilotti 72

                               R. Lancissi sulla via Agnelli-Leone alla Vetta Occidentale

          Torrione Cambi. A. Caramoni sulla via Asterix - Ph Giulia Ferri Di Federico ed Enrico De Luca nel frattempo compongono una cordata forte ed affiatata. Aprono una intelligente e bellissima via sul “monolitico” Monolito completamente in libera; Massimo Marcheggiani compie la prima solitaria e forse prima ripetizione della via “Aquilotti 79” al quarto Pilastro del Paretone e pochi giorni dopo apre una via nuova (Naudanda) completamente senza corda nè altro sulla parete Est del Corno Piccolo. Sul quasi dimenticato Torrione Cambi i giovanissimi fratelli Barberi con Stefano Finocchi aprono “Asterix” con un bellissimo ed esposto traverso dichiarato di 7° grado con protezioni classiche.

Qualcuno si accorge finalmente che esiste, nella vicina e bellissima valle Maone, la parete Est del Pizzo Intermesoli. Questa montagna presenta una grande bastionata di roccia eccellente, con l'unico neo che questa si interrompe su dei prati ripidissimi, quindi senza una vetta vera e propria e dalla quale scendere su ripidissimi prati non proprio con le mani in tasca. Dopo le sporadiche sortite degli ascolani Bachetti, Fanesi e pochi altri ora è il romano Donatello Amore a ri-scoprire e aprire diversi itinerari molto logici, eleganti e difficili come la “via Simona” al terzo Pilastro, la “Direttissima” al secondo Pilastro che è il più maestoso e inoltre la “Torre Nascosta” al quarto Pilastro. E' proprio sul secondo Pilastro di Intermesoli che Gianpiero Di Federico con Enrico De Luca apre una delle salite ancora oggi più impegnative dell'intero massiccio usando solo protezioni tradizionali: dichiarano per la prima volta nella storia del Gran sasso l'8° grado nella sezione più complessa. Di Federico dopo un primo tentativo fallito si allenò specificatamente a secco per risolvere il passaggio chiave. Siamo ormai nella proficua estate del 1982: Maurizio Tacchi e Paolo Abbate, fattisi le ossa sulle difficili placche aperte da Bini, aprono due magnifici itinerari: la “via Zarathustra” e la “via Ichosaedro” sulle perfette placche e fessure della prima e seconda Spalla del Corno Piccolo. Nel mese di Luglio il clou viene però raggiunto da Paolo Caruso e Massimo Marcheggiani con l'apertura in due tempi di “Cavalcare la Tigre”: modernissima e all'avanguardia questa via supera in arrampicata mista artificiale e libera estrema un enorme pancione monolitico in piena parete Est del Corno Piccolo, prosegue poi su un lungo ed espostissimo traverso protetto da un unico spit e un paio di chiodi.

44Vito Plumari, alias “il Vecchiaccio"

 

46Gianpiero Di Federico - Ph Arch. Di Federico

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

47Antonio Mari - Ph Arch. CAI Ascoli Piceno

 

48Cristiano Delisi in apertura su Aficionados, prima Spalla - Ph Filippo Iacoacci

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

49Fabio Deisi

 

50Tiziano Cantalamessa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Con le corde degli anni 80 era pressoché impossibile una eventuale ritirata dopo superata la volta strapiombante. Cavalcare la Tigre insieme a poche altre sarà e ancora oggi è un banco di prova assoluto. Due mesi dopo Fabio Delisi con Giovanni Bassanini e Simone Gozzano apre la “Via dei Poeti”, probabilmente più difficile della vicina Tigre, superando tetti e strapiombi ma chissà perché quasi mai ripetuta, forse perché la spettacolarità di Cavalcare la tigre è assolutamente unica.

Sulla parete Est della vetta Occidentale del Corno Grande momentaneamente dimenticata, Giuseppe e Roberto Barberi (soprannominati “i vermi”) con Stefano Finocchi e Paolo Abbate aprono la strapiombante ed atletica via “Beppe Aldinio”.

Nell'estate del 1983 sulle lontane propaggini est del Gran Sasso, Massimo Marcheggiani e l'ascolano Marco Florio aprono una friabilissima via sulla parete nord ovest del Dente del Lupo (pericolosa; da non ripetere) e solo un mese dopo lo stesso Marcheggiani apre con Paola Ade una seconda via di 500 metri nel settore alto/sinistro della grande parete del Camicia dove la friabile roccia della parte bassa lascia poi, con meraviglia, spazio a roccia levigata e compattissima. Nella stessa estate anche due alpinisti del piccolo paese di Castelli, situato ai piedi del Monte Camicia si cimentano con le friabili rocce della montagna: Enrico Faiani e Francesco Di Simone aprono due distinte vie; una sul Dente del Lupo e una seconda nella parte più alta della grande parete Nord. La caratteristica che accomuna quasi tutte le vie del Camicia non è altro che la pessima qualità della roccia: da friabile a molto friabile ad esclusione della parte molto in alto, ma nonostante ciò ogni tanto avvengono rare ripetizioni.

54Roberto Iannilli - Ph Patrizia PerilliSul Gran Sasso intanto comincia a farsi vivo Tiziano Cantalamessa, autentico fuoriclasse di cui si parlerà molto più avanti nel capitolo “alpinismo invernale”. Cantalamessa è persona da raccontare: nasce ad Ascoli Piceno da una famiglia poco abbiente, smette gli studi per necessità economiche e fa l'operaio metalmeccanico portando soldi in famiglia. Si fa notare subito per la sua intraprendenza quando a 17 anni con Stefano Pagnini e poco dopo essere usciti dal corso di roccia del CAI di Ascoli Piceno, compiono la terza o quarta ripetizione della via “Marsili Panza” al Monte Camicia uscendo in vetta tra pioggia e fulmini. A soli 21 anni una brutta caduta lo inchioda a letto per mesi per una compressione toracica, lesioni alle vertebre e la frattura del polso, ma grazie a una volontà d'acciaio e una grande determinazione torna ad arrampicare con il polso ancora ingessato. Tiziano ha aspettative dalla vita che vanno al di là di uno stipendio più o meno garantito. Si licenzia, si sposa con Renata e facendo salti mortali acquistano insieme un terreno con casolare e si improvvisano allevatori. Diverse mucche da latte diventano l'impegno quotidiano, con pioggia, neve o sole le mucche sono da mungere sempre, tutti i santi giorni. Tiziano è strafelice, non smette un momento di scalare nonostante l'impegno con le bestie e il terreno da coltivare. Diventa sempre più bravo e negli anni matura la convinzione di poter vivere di montagna; si allena moltissimo, diventa Guida Alpina e in centro Italia non c'è stato professionista che abbia lavorato quanto lui, soprattutto su grandi itinerari, invernali e spedizioni. Ha lavoro in grande quantità al punto che torna a vivere ad Ascoli Piceno chiudendo l'attività di allevatore. E' persona affascinante, allegro, coinvolgente e amato. Muore prematuramente a 43 anni sconvolgendo l'intera comunità alpinistica.  

Torniamo indietro, agli inizi anni 80. Ristabilitosi dal grave incidente Cantalamessa apre due lunghissimi itinerari sul Paretone, non sui Pilastri ma sul remoto e isolatissimo fianco sinistro: la prima con Bruno Tosti superando sezioni di parete non particolarmente difficili ma con uno sviluppo di oltre 1500 metri dal forte carattere esplorativo. Nel 1983 apre con Alberico Alesi una seconda via, la “Martina” dedicata alla figlia morta prematuramente a pochissimi mesi dalla nascita. La via supera grandi e compatte placconate, strapiombi e diedri a sinistra della Farfalla, con difficoltà di 6° superiore e con uno sviluppo di 1600 metri in un ambiente che più isolato e ostile non può essere. Cantalamessa sarà indiscutibilmente il grande protagonista degli anni 80 e 90 sopratutto nelle sue performance invernali.

La stessa estate Massimo Marcheggiani e Fabio Delisi aprono una spettacolare via sulla repulsiva parete Est dell'anticima Orientale. La grande parete è percorsa soltanto da due vie che tendono a svicolare rispetto alla linea di vetta: è il 14 Maggio quando i due tracciano “Orient Express” raggiungendo la vetta per via diretta con grande intuito e logica, superando alte difficoltà con solo uso di chiodi. Una via di 650 metri che vede l'ultimo tiro di 40 metri (oggi dato di 6A) senza nessuna possibile protezione e con una esposizione inquietante. Cantalamessa ne compirà la prima ripetizione pochi giorni dopo l'apertura con il fratello Roberto e Riccardo Bessio e per circa 20 anni la via non verrà mai più ripetuta. Neanche un mese dopo Cantalamessa con Marcello Ceci apre sulla stessa parete “La riforma agraria”, una via non facile da seguire e dalla chiodatura difficile di cui Marcheggiani fa la prima ripetizione e prima solitaria due anni dopo, non avendo però certezza di aver seguito fedelmente la via nella sua seconda metà, piuttosto complessa da decifrare. Sul Torrione Cambi ancora Fabio Delisi e Marcheggiani aprono “Les freak sont chic” con un passo in placca molto duro e protetto da uno strano chiodo a pressione.

Cantalamessa e Marcheggiani di nuovo sull'Anticima del Paretone aprono “Le nebbie del Paretone”. Questa sezione della montagna, per le sue caratteristiche di grande complessità generale, vedrà praticamente sempre gli stessi, pochi protagonisti che negli anni seguenti si distingueranno anche per eccellenti realizzazioni extraeuropee (Caruso sale in invernale il Cerro Torre; Marcheggiani e Cantalamessa salgono il Fitz Roy in 26 ore no-stop, la inviolata vetta del Baghirati Karak (6702m) nel Garwal e fanno un tentativo alla via polacca alla parete Rupal del Nanga Parbat; Di Federico in Pakistan sale l'inviolato Sia Sish e apre una via nuova in solitaria sull'Hidden Peak; lo stesso Marcheggiani salirà in seguito 7 difficili vette inviolate in Himalaya).

51Da sin. G. Gianni, B. Vitale, A. di Bari, L. Bucciarelli, G. Barberi, S. Finocchi, F. Pennisi, R. Barberi alla cava di Ciampino (Roma) - Ph Foto Arch. B. Vitale

 

52Luca Bucciarelli - Ph Arch L. Bucciarelli

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il dimenticato Pizzo Intermesoli viene scoperto come una ulteriore miniera di possibilità per i fortissimi ormai ex ragazzini romani: Maurizio Tacchi, i fratelli Barberi, Luca Grazzini, Paolo Abbate, Angelo Monti e altri ancora aprono itinerari sempre più difficili dimostrando grandi doti tecniche e intuito. “Ombromanto”, “Silmarillon” “Cosi è se vi Pare” sono solo alcune delle belle e difficili vie inventate sulla eccellente roccia dell'Intermesoli. Va detto che il comodissimo accesso a queste pareti e la relativa facilità di rientro sono elementi molto invitanti per gli Alpinisti/Climber.

Nelle strutture secondarie e più basse di Intermesoli in seguito numerose vie vengono aperte in chiave sportiva, quindi sistematicità di spit e relative doppie attrezzate.

53Germana Maiolatesi Ph Arch G. MaiolatesiTornando sulla spettacolare roccia delle Spalle del Corno Piccolo, Cristiano Delisi e Luca Bucciarelli (Guide Alpine) aprono “Aficionados”, itinerario di grande difficoltà, facendo un uso molto parsimonioso di spit. Questa difficile via vedrà la prima ripetizione da parte di Germana Maiolatesi, fortissima alpinista e sci alpinista umbra, che compirà da capo cordata numerose grandi ascensioni (il Pilone Centrale tra le tante altre).

Sulle Alpi in quegli stessi anni vediamo diventare quasi una gara il concatenamento di grandi itinerari. Christophe Profit ne è stato la massima espressione, compiendo memorabili imprese di velocità. E' il 1985 quando anche sul “piccolo” Gran Sasso una vera e propria performance viene messa in atto: Luca Grazzini e Alessandro Jolly Lamberti in mezza giornata superano di fila le vie Alletto-Cravino sulla Ovest della vetta Orientale, dalla vetta scendono circa 500 metri della via Jannetta e poi scalano la via Mario-Caruso al 4° Pilastro: usciti in vetta scendono di nuovo la Jannetta e di gran carriera salgono la diretta Alessandri al 3° Pilastro, anticipando di un anno l'ancora più spettacolare concatenamento di G. Di Federico che in giornata scalerà tutti e quattro i pilastri del Paretone pur avendo scalato il giorno prima una isolata parete nella vicina Majella.

Cantalamessa e Marcheggiani successivamente salgono in 6 ore quattro differenti vie su altrettante pareti del Corno Piccolo.

I fratelli Barberi con Paolo Abbate aprono “Star Trek” a sinistra del pancione di Cavalcare la tigre, via molto logica, superando strapiombi esclusivamente in arrampicata libera e senza spit. E' un periodo davvero esaltante; non passa week end che al Gran Sasso non si parli di vie nuove, di cui ovviamente la stragrande maggioranza sul Corno Piccolo. La vecchia e nuova guardia della SUCAI di Roma è sempre meno presente mentre i giovani romani sopra citati, oltre a Germana Maiolatesi, Roberto Ciato, Romolo Vallesi, Guglielmo Fornari e non molti altri, si “sfidano” in aperture e prime ripetizioni cercando spazi tra le vie già esistenti. Nascono così “M.G. Mondanelli”, “Incontro con Camelia”, “Il filo di Arianna” e la difficile “Narciso e Placcad'oro” di Roberto Rosica che sono solo alcune tra le tante e più moderne. Ovviamente le difficoltà salgono, come sale le quantità di spit utilizzati.

Sul Paretone nel 1987 M. Marcheggiani con Lorenzo Brunelli apre “Fulmini e Saette” sulla parete Est dell'Anticima non intersecando, come sua etica, nessuna altra via preesistente, cosa che ormai quasi sistematicamente succedeva. La via supera i 650 metri di parete con difficoltà di 7° (oggi data 6B+) con solo uso di chiodi e nuts. (Il nome della via rimanda alle condizioni meteo in cui venne superata la parte alta della via).

Tiziano Cantalamessa intanto infila numerose prime ripetizioni di vie principalmente sul Paretone, dove negli anni a seguire supererà le cento ascensioni compiute anche per lavoro come professionista. P. Caruso, dopo l'apertura a spit di quattro difficili vie molto simili tra loro sullo scudo del Monolito, fa la sua ultima comparsa al Gran Sasso con l'apertura della via “Il Nagual e la farfalla”: questa supera nel punto di minor resistenza gli strapiombi de “La Farfalla” posta al di sotto dei quattro Pilastri del Paretone. Caruso, con G. Baciocco e A. Sarchi, risolve i 270 metri della via impiegando 8 (otto) giorni non consecutivi. L'impegnativa salita, risolta in arrampicata mista, ha fatto uso di spit, ancorette, copperhead e tratti in libera ed ovviamente corde fisse. Una via senz'altro impegnativa ma curiosa, che si interrompe infatti al termine degli strapiombi della Farfalla quando per logica sarebbe potuta continuare fino in vetta. Invece, da qui, i primi salitori attrezzate le doppie, ridiscesero. Una performance di ben altro spessore fu invece la prima ripetizione della via da parte del discreto e fortissimo Luca Grazzini che con Alfredo Massini superarò la via in giornata e senza la presenza di corde fisse.

55Emanuele Pontecorvo - Ph Arch Pontecorvo

A passo neanche tanto lento la “cultura” dello spit si fa largo nelle nuove realizzazioni, il che è chiaramente logico quando non c'è alternativa alcuna, ma evidentemente per alcuni apritori mettere uno o più spit equivale a marcare un territorio. La dimostrazione palese è davanti agli occhi di chiunque frequenta le pareti del Corno Piccolo: dozzine di spit a fianco di perfette, e dico “perfette”, fessure ben proteggibili diversamente e soste con catene Raumer, riducendo sezioni di montagna a mera falesia. Per cronaca va detto che diverse di queste catene negli anni sono magicamente sparite, segno evidente di un palese dissenso all'addomesticamento indiscriminato dell'alpinismo a cui mi associo senza nessuna remora. E' un discorso che chiaramente non vale per tutti: Roberto Ciato con Paolo Rocca infatti apre due notevoli itinerari sul grande Secondo Pilastro di Intermesoli con molta parsimonia di spit; “Blu Rondò a la turche” e successivamente “Blu tramonto” sono scalate molto difficili e Ciato dimostra grande capacità tecnica, mente salda ed etica indiscutibile. Sullo stesso pilastro non manca certo spazio per nuovi e intraprendenti assalti: la tendenza è ormai la ricerca delle difficoltà pure e Maurizio Tacchi, i fratelli Barberi e P. Abbate aprono dopo diversi tentativi “Terminesoli” con un solo spit nel tratto chiave. Cristiano Delisi e Luca Bucciarelli aprono invece “Forza 17” spettacolare e molto dura con misto spit e tradizionali, mentre ancora sullo stesso pilastro i due fratelli Barberi aprono “Ungoliant” in stile più che pulito. Parliamo di itinerari con difficoltà costanti, spesso di settimo grado e qualcosa di più, a conferma di un livello tecnico raggiunto e consolidato. Sulla parete Sud della Prima Spalla del Corno piccolo Roberto Rosica con F. Gianpietro e M. D'Armenio alza ancora di più l'asticella delle difficoltà con un ottavo grado su placche formidabili e spit molto lontani, dimostrando un sangue freddo non indifferente. A onor del vero però non dobbiamo dimenticare l'ottavo grado di Di Federico e De Luca aperto quasi 10 anni prima e con solo protezioni tradizionali.

Gli anni ottanta erano stati entusiasmanti, ricchi di novità e soprattutto avevano portato alla luce sempre nuovi talenti!                                    

                                                 

GLI ANNI NOVANTA

ovvero “aperture a tutti i costi”

Se qualcuno aveva vagamente pensato che ormai al Gran Sasso “tutto era stato fatto” beh, doveva ricredersi e di parecchio. Uno di questi qualcuno ero proprio io, che nella mia limitata immaginazione pensavo proprio che i giochi più importanti erano ormai agli sgoccioli.

Una difficilissima via viene aperta sul secondo Pilastro di Intermesoli ad opera dei forti fuoriclasse romani Sebastiano Labozzetta e Luca Grazzini: “Di notte la luna”, questo il nome della via, che presenta passaggi fino al 7b, rarissimi spit e un’ arrampicata molto sostenuta.

   Gli infaticabili ex ragazzini (il tempo passa per tutti!) Giuseppe e Roberto Barberi continuano la loro ricerca di spazi vergini dove inventare ancora nuove vie così come Grazzini, Abbate, Maurizio Tacchi e svariati loro compagni. Inventano “In vino Veritas”, “King Cong's crak” sui pilastri di Intermesoli, oppure “Kaisentlaia”, “Gargamella” sulle Spalle del Corno Piccolo sempre con difficoltà elevate e con spit praticamente assenti.

56Da sin. E. Pontecorvo, D. De Patre, L. Angelozzi - Ph Arch Angelozzi

Già sul finire degli anni 80 era comparso al Gran Sasso Roberto Iannilli che aveva posato occhi curiosi sulla assolata parete Est della vetta Occidentale trovando spazi ancora liberi e aprendo “Tempi postmoderni” e “Far finta di essere sani”. Iannilli vive sul mare, a Ladispoli e sembra scatenato. Trova spazi vuoti in maniera quasi spasmodica. Apre ancora “Intifada” poi “L'isola non trovata” e ancora “Il vento dell'Est”, “Demetrio Stratos”, “Senza orario e senza bandiera”, tutte sulla relativamente grande stessa parete Est, infilandosi tra una via preesistente e l'altra ma intersecandone per forza di cose diverse altre. Sul vicino Torrione Cambi non sfuggono a Iannilli altri potenziali spazi liberi; sulla assolata parete Sud apre in due giorni diversi e con Andrea Imbrosciano “Musica nova”, protetta a spit con passaggi dichiarati di 8° grado. Sempre in due giorni diversi apre “Farabundo Martì”, con Imbrosciano e Patrizia Perilli, ricorrendo anche qui a protezioni anche a spit. Sulla estrema destra della stessa parete i sempre presenti fratelli Barberi con Paolo Abbate aprono con solo chiodi e friends la bellissima e difficile “Thorin scudo di quercia”.

Agli inizi degli anni 90 la presenza femminile sui grandi itinerari era ancora una rarità, soprattutto nella conduzione delle cordate. Le rare ragazze in parete erano spesso mogli o fidanzate, che al seguito di “bravi” maschi salivano svariati itinerari ma rigorosamente da gregarie. Non era così per la già citata Germana Maiolatesi che compie un'infinità di ripetizioni importanti come Orient Express, Star Trek, Demetrio Stratos, Fulmini e saette, Il Vento dell'est rigorosamente da capocordata o a comando alternato. Germana compirà anche diverse salite invernali e difficili discese estreme con gli sci e ad oggi la sua attività al femminile non ha confronti.

Lo scatenato Roberto Iannilli, con compagni diversi apre vie su vie su qualsiasi parete della grande montagna. Sulla Est del Corno Piccolo, sulle tre Spalle, alle Fiamme di Pietra, al Pizzo Intermesoli, sulla vetta Occidentale, al Torrione Cambi, sulla vetta Centrale... ovunque Iannilli si infila tra una via e l'altra, spesso intersecandone più di una e ricorrendo con relativa parsimonia agli spit e alla scalata artificiale. In una forma quasi antagonista anche Fabio Lattavo, spesso con la compagna Luana Villani, va alla ricerca di spazi tra una via e l'altra usando anche egli spit senza tanti scrupoli. Va detto che l'avvento dell'arrampicata sportiva induce all'ingaggio sulla ottima roccia del Gran Sasso, dove ormai il concetto esplorativo è praticamente messo da parte o addirittura dimenticato.

Una meteora di nome Marco Sordini compare aprendo in uno stile encomiabile due bellissime vie; “Viaggiatore incantato” e “La forza dell'amore” sono le sue due uniche firme sulla montagna. nella seconda, con difficoltà fino al 6b+, non fa assolutamente uso di spit. Marco Sordini ci sgomenta quando, giovanissimo, si toglie la vita.

57Da sin. L. Angelozzi, A, Di Pascasio, D. De Patre - Ph Arch. Angelozzi

Mi rendo conto che a questo punto della relativa storia del Gran Sasso rischierei di fare un fac-simile di un elenco telefonico se mi mettessi a riportare la enorme quantità di vie aperte. Cercherò di filtrare a mio giudizio le salite che possano aver avuto una certa importanza sia per la ricerca esplorativa che per la difficoltà. Molte delle vie aperte, incastrate tra una via e l'altra e spesso poco o per niente d'avventura, dal punto di vista storico-evolutivo non hanno grande storia. L'ormai diffuso uso di spit e le relative doppie attrezzate che evitano astutamente il prosieguo verso un fine parete con relativa discesa, rendono queste scalate simili alle multi-pitch di falesia, sempre meno identificabili nel termine “alpinismo”.

Cerchiamo ora delle eccezioni.

Luca Grazzini e Alfredo Massini concatenano velocemente quattro vie tra le più difficili del Monolito impiegando appena mezza giornata. Come già accennato poco sopra, gli stessi avevano compiuto la prima ripetizione del “Nagual e la farfalla” in giornata (Caruso e C. avevano impiegato 8 giorni non consecutivi e corde fisse)

Roberto Iannilli nel frattempo sembra non trovare pace: scala con un ritmo serrato cercando continuamente spazi vuoti da riempire (un capitolo di un suo libro non a caso è : “Sindrome dell'apritore di vie”!) ma non trascura nel frattempo di compiere anche diverse salite in solitaria. Sulla grande parete Nord del monte Camicia Roberto sale inizialmente un pilastro situato nella parte alta della parete calandosi dall'alto e aprendo la via “Nirvana” ma quella che invece è una bella realizzazione da grande alpinismo è l'apertura di “Vacanze romane”. Insieme a Ezio Bartolomei sale dal basso la grande, friabile e a tratti erbosa parete in due giorni. Ancora Roberto, sempre con Ezio Bartolomei, ripete la via di Caruso sulla Farfalla, ma a differenza di altri ripetitori non scende in corda doppia bensì trova una continuità verso l'alto. Con difficoltà decisamente più facili dà finalmente un senso compiuto alla salita di Caruso. Roberto apre ancora vie su vie; diversi anni dopo (nel 2016) nella sua continua esasperata ricerca di spazi torna sulla parete del Camicia con Luca D'Andrea. Purtroppo vengono trovati ambedue ai piedi della parete dopo una fatale caduta. Sul monte Camicia la possibilità di alzare l'asticella delle difficoltà è un azzardo decisamente troppo elevato.

Sempre nella seconda metà degli anni 90 Massimo Marcheggiani apre due vie sul versante Sud del Paretone, a sinistra della via di Consiglio e Alletto del '57. Un accesso molto complicato e totalmente isolato porta ad uno scudo di roccia di 350 metri ancora mai salito: Marcheggiani con Gino Martorelli apre inizialmente “Capo Horn”, ripetuta una sola volta da Leone Di Vincenzo e Marco Sprecacenere, successivamente con Alberto Miele apre “I muscoli del Capitano” con difficoltà massime fino al 6° grado, protezioni veloci e senza intersecare nessun altro itinerario. La via al momento non risulta ripetuta.

Il giovanissimo teramano Lorenzo Angelozzi compie la prima solitaria di “Orient Express.

Due non proprio ragazzini, Luciano Mastracci e Marco Marziale, si dedicano quasi esclusivamente a ripetizioni estive ed invernali di alto livello e in pochi anni arricchiscono come pochi il proprio carnet. Tiziano Cantalamessa si dedica intanto esclusivamente alla professione di Guida Alpina, oltre a realizzare grandi scalate invernali per il proprio diletto. Lavora in tutte le stagioni e non solo nei fine settimana. Io stesso, frequentando il Gran Sasso in qualsiasi giorno della settimana, lo incontravo spessissimo, in parete o al piazzale di Prati di Tivo con clienti. Non c'è stata Guida che abbia lavorato con un ritmo equiparabile al suo; la peculiarità di Cantalamessa era non solo “portare” clienti, ma spesso “insegnare” ai clienti come fare alpinismo. Formava cordate che scalavano, con la sua supervisione, ma in autonomia. Bastava la sua presenza per dare imput positivi a chi cresceva alpinisticamente. Dopo oltre dieci anni di professione ad alti livelli, con salite anche in Himalaya, in Africa o in Cile, una drammatica casualità interrompe tutto. Durante la salita del Canale Jannetta a fine aprile del 1998, una imprevedibile slavina uccide tre componenti del corso che Tiziano stava tenendo. La magistratura così come i periti di parte non trovano colpe di nessun genere verso il suo operato ma è lo stesso Cantalamessa però a non assolversi e a “condannarsi”. Abbandona immediatamente la professione e l'alpinismo. Trova lavoro con il fratello Roberto nella ditta di consolidamento di pareti rocciose e qui, per un banale errore, Tiziano trova la morte e noi perdiamo un grande grande uomo e alpinista.    

Come non ricordare poi il bravissimo Stefano Zavka con il suo stile elegante e veloce? Stefano, prima guida alpina umbra, in silenzio meraviglia tutti noi quando compie la prima solitaria del “Nagual e la farfalla” il giorno del suo compleanno. Compie altre belle ripetizioni ma un tragico destino lo vede scomparire tragicamente mentre scende dalla vetta del K2.

Il Gran Sasso, ma principalmente il Corno Piccolo, nelle assolate domeniche estive di questi ultimi anni brulica di decine e decine di scalatori intenti a ripetere le ormai centinaia di vie. La maggiore frequentazione la si ha ovviamente sulle vie più garantite. Molte vie “plaisir” sono state aperte sulle pareti più comode da diversi scalatori. La presenza degli spit è chiaramente un incentivo per chi non si sente “avventuriero” e per questo a volte sulle vie più gettonate si creano ingorghi umani ma scalare al Gran Sasso è sempre fortemente appagante.

Nel frattempo nuove generazioni ogni tanto sfornano grandi scalatori che amano mettersi in gioco: uno in particolare (ma che tanto giovane non è) è il francese Bertrand Lemaire. Vero talento importato nella capitale, Bertrand nel 2008 apre con Roberto Rosica l'itinerario più duro dell'intero Appennino Centrale. “L'erba del diavolo” sul secondo Pilastro di Intermesoli aperta con pochissimi spit, chiodi e friends. Non è stata gradata. Lemaire e Rosica raccomandano a eventuali ripetitori di sapersi muovere con fermezza e a vista sul 7b, soprattutto nel tiro chiave dove una caduta potrebbe avere gravi conseguenze. La via è stata ripetuta da tre autentici e giovanissimi portenti che stanno silenziosamente portando avanti un alpinismo di grande qualità: anche Lorenzo Angelozzi, Daniele De Patre ed Emanuele Pontecorvo dopo la prima ripetizione, quasi esclusivamente in libera dell' ”Erba del Diavolo” non hanno voluto dare un grado di difficoltà.

Pontecorvo, in grande forma, nell'estate 2014 apre una nuova via sulla parete Est dell'anticima Orientale: insieme con Marco Cristell si insinua con grande astuzia tra “Fulmini e Saette” e la “Paola Banissoni” con un tracciato diretto, autonomo e molto difficile intersecando, forse, la Banissoni soltanto nei pressi della vetta. La via viene chiamata “Generazione P” (P sta per precari...?) ed è, tra la valanga di vie spesso scontate aperte sul Corno Piccolo o Intermesoli, una scossa alla staticità della ricerca e avventura ormai sopita. Soltanto Pontecorvo e una manciata di altri ragazzi oggi hanno queste qualità. Infatti, tra i pochissimi, ci sono guarda caso Lemaire e Cristell che aprono sul fianco destro della Farfalla un itinerario difficilissimo nello stile “Lemaire” che richiede loro due puntate di due giorni ciascuna per venire a capo di “Little wing”. Tra i pochissimi ritroviamo anche, e sempre non a caso, Lorenzo Angelozzi, Daniele De Patre e l'ormai veterano Andrea di Pascasio che rispondono alla chiamata aprendo, a quasi cento anni dalla prima salita del Paretone (1922), la loro via “Stesso identico umore” senza l'ombra di uno spit nonostante la elevata difficoltà della nuova via.

Dove? Sul Paretone della Vetta Orientale del Corno Grande, ovviamente!

 

Termino con queste pagine la parziale storia alpinistica della montagna più intrigante dell'intero Appennino Centrale.

Colgo l'occasione per invitare i cari colleghi accademici a visitare il Gran Sasso, sono certo che non ne resteranno assolutamente delusi.

Il mio prossimo e ultimo articolo sarà quello sull'alpinismo invernale, che ha una intrigante storia tutta sua.

  

Massimo Marcheggiani

59L'autore dell'articolo M. Marcheggiani - Ph F. Camilucci

Mercoledì, 14 Giugno 2023 18:57

 

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Giovedì 15 giugno – Teatro di Fiesole, ore 21 - Proiezione del filmato inedito della spedizione alpinistica del 1985 al Fitz Roy.

INGRESSO LIBERO fino ad esaurimento dei posti disponibili.

pdfScarica qui la locandina

 

 

 

 

 

 

Mercoledì, 14 Giugno 2023 09:36

Cima Cornella (Gruppo Roen-Cime di Vigo) spicca a nord-ovest del centro abitato di Mezzolombardo con una imponente e solare parete che raggiunge 500 metri di altezza. Si tratta di un’interessante parete dal sapore alpinistico con accessi brevi e comodi e con roccia in prevalenza buona. Dalla cima si gode di un’ ottima veduta sulla Piana Rotaliana, a Sud si può ammirare la catena dei Lagorai, ad est il Gruppo di Brenta con le sue imponenti crode e in fine a nord-est la bella Catena delle Maddalene.                                                            Questa bella parete per anni non ha mai goduto di un particolare interesse al di fuori di qualche sporadico tentativo da parte di scalatori locali. Tracciata invece qualche rara via sulle pareti di minor sviluppo adiacenti alla parete principale.

Dal 2015 in poi Franco Sartori ha manifestato una grande e costante passione per questa intrigante parete tracciando per lo più in solitaria ben otto vie, delle quali ci fornisce la relazione.

Accesso: Dal paese di Mezzolombardo in vista della parete si prosegue per la statale 43 della Val di Non per 2 km circa per raggiungere una galleria. Parcheggiare prima dell’ingresso sulla sinistra.

CIMA CORNELLA

“Via Roccato Ornella”

4 tracciati

Apritori: Sartori Franco in solitaria primavera 2015

Difficoltà: 6b/6c/ 7a+ Sviluppo: metri 470 Materiale:12 rinvii una piccola serie di friend

Avvicinamento: dal parcheggio è visibile una vecchia strada asfaltata sbarrata da una stanga. Salire per il sentiero Sat segnalato 516B per Malga Bodrina ed in breve, raggiunta una seconda segnaletica per Malga Bodrina, seguire il sentiero di destra segnalato da bolli gialli e ometti raggiungendo in breve un sentiero più marcato che sale a zig zag. Dopo pochi minuti abbandonarlo proseguendo sulla destra seguendo gli ometti e i bolli gialli fino all’attacco (ore 1 circa)
Attacco: a sinistra di una fascia di strapiombi gialli individuare un cocuzzolo con un fix alla base e una serie di piccoli tetti a pochi metri da terra dove serpeggia la via.
Discesa
Due possibilità

1 - Dall’uscita della via salire seguendo i bolli gialli in direzione Nord ed in breve seguendo sempre i bolli gialli scendere verso est raggiungendo il sentiero Cai che, seguito verso sinistra, porta a Tor di Visione e in seguito al parcheggio (ore 1.15 circa)

2 - Con due corde da 60 metri 4 calate per arrivare alla grande cengia, dalla sosta di salita con altre 6 calate si arriva alla base. In seguito per il sentiero di salita (ore 2.30 circa)

pdfScarica qui la relazione in formato PDF

 

3 Via Roccato Ornella

  

5GIULI1Giuliano e Sandro al primo tiro di Roccato Ornella (foto F. Sartori)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

7FRANC1Franco Sartori sul penultimo tiro di Roccato Ornella (foto G. Mazzel)

CIMA CORNELLA
 
“Via Bella Vista”
 
2 Schizzo Via Bellavista
 
Apritori:  Sartori Franco --  Zanetti  Antonio (Tony) 
Aperta: anno 2017
Difficoltà: 6a – 6b –  (brevi tratti  A1/A2)
Sviluppo: metri 350                  
Materiale: una corda e 12 rinvii
Avvicinamento: Come per la “Via Roccato Ornella” (ore 1 circa)
Attacco: Nei pressi della parete abbandonare i bolli gialli e puntare sotto la verticale degli strapiombi gialli per attaccare da una piccola cengia. Scritta alla base,  visibili i primi fix.
Discesa: Dall’uscita della via seguire una piccola traccia verso sinistra per 5 minuti circa poi con attenzione si trovano i bolli gialli di rientro della Via Roccato Ornella. Seguirli fino al sentiero 516B per il quale verso sinistra si rientra al parcheggio (ore 1.30 circa)
 
 

5TONYS1T. Zanetti sui tiri finali di Bella Vista (foto F. Sartori)

 

CIMA CORNELLA
“Via Attraverso il Boomerang”  
 
2 Attraverso il Boomerang
 
Apritori: Sartori Franco in solitaria inverno 2023
Difficoltà: V/VI/VII A1
Sviluppo: metri 250                            Esposizione: Sud – Ovest
Materiale: N.D.A. 2 mezze corde 15 rinvii una piccola serie di friend medio piccoli
Avvicinamento: come per “Roccato Ornella”. In vicinanza della parete abbandonare i bolli gialli seguendo in attraversata verso sinistra gli ometti che portano all’attacco, puntando ad un pianerottolo con ometto (ore 1 circa)
Attacco: sotto la verticale del grosso Boomerang evidenziato da un fix a pochi metri da terra.
Discesa: Calarsi in corda doppia con 2 corde lungo la via di salita (soste attrezzate) e rientrare per il sentiero di accesso.
 

4SANDR1S. De Paoli sul penultimo tiro della via del Boomerang (foto F. Sartori)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CIMA CORNELLA

“Via Nuovi Orizzonti”
 
2 Via Nuovi Orizzonti
 
Apritori: Sartori Franco in solitaria inverno - primavera 2022
Difficoltà: V/VI/VII/VIII A0
Sviluppo: metri 300                             Esposizione: Sud – Ovest
Materiale: N.D.A. 2 mezze corde 13 rinvii una serie di friend dal 0,75 al 3 camalot
Avvicinamento: dal parcheggio (visibile una vecchia strada sbarrata da una stanga sulla sinistra) seguire il sentiero 516B per M. Bodrina. Raggiunto in breve un bivio con un secondo cartello  per M. Bodrina ignorarlo e salire a destra seguendo gli ometti e i bolli gialli arrivando in breve su di un sentiero più marcato che sale a zig zag . Seguire poi una traccia che si stacca sulla destra seguendo i bolli gialli e gli ometti fino nei pressi della parete (30 minuti circa)
Attacco: seguire la traccia sotto la parete per giungere sotto un diedrino poco marcato. Visibili i chiodi di progressione evidenziati con cordone.
Discesa: calarsi dall’ultima sosta in prossimità del bosco con 2 corde doppie attrezzate giungendo ad una cengia (libro di via). Seguire la cengia verso destra, scendere per una paretina per qualche metro in arrampicata per attraversare in leggera salita una vecchia frana in direzione sud senza via obbligata. Dopo pochi minuti si raggiunge la traccia che porta ai vari attacchi: seguirla in discesa e passando per l’attacco della via si giunge al parcheggio (50 minuti circa)
 

4ALBER1A. Rampini sul penultimo tiro di Nuovi Orizzonti (foto F. Sartori)

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CIMA CORNELLA

“Via Titanik”
2 Titanik
Apritori: Sartori Franco in solitaria Dicembre 2021
Difficoltà: VI/VII A0
Sviluppo: metri 240            Esposizione: Sud- Ovest
Materiale: N.D.A. 2 mezze corde obbligatorie per le calate 13 rinvii 1 friend misura 0,75 e 1 misura 4 camalot
Avvicinamento: come per “Nuovi Orizzonti” (30 minuti circa) 
Attacco: seguire la traccia nei pressi della parete. Facendo attenzione si nota una piccola traccia (evidenziata con degli ometti) che si stacca e sale ed in breve all’attacco. Visibile un fix con cordone
Discesa: dall’ultima sosta di salita 3 calate in corda doppia attrezzate
1= sosta 1 chiodo 1 fix + maglia rapida m 50
2= pianta con cordone + maglia rapida m 30
3= sosta 1 chiodo 1 fix + maglia rapida m 25
Senza via obbligata rientrare all’attacco e seguire poi in discesa il sentiero di accesso.
 

                                F. Klukner sul secondo tiro di Titanik (foto Arch Klukner)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 CIMA CORNELLA

 “Via Il Cielo di Mezzolombardo”
 
2 Il Cielo di Mezzolombardo
 
 
Apritori: Sartori Franco primavera 2023
Difficoltà: V/VI+A0-A1
Sviluppo:  metri 210                                        Esposizione: Sud-Ovest
Materiale: N.D.A. 15 rinvii e 4 piccoli moschettoni  una serie completa di friend fino al 3 camalot utile una staffa a testa
Avvicinamento: da Mezzolombardo in vista della parete proseguire in direzione Val di Non per 2 km circa. Raggiunta una galleria parcheggio sulla sinistra. Visibile dal parcheggio una vecchia strada asfaltata sbarrata da una stanga. Imboccare il sentiero segnato 516B per M. Bodrina salire mantenendo il sentiero per circa 45 minuti raggiungendo un punto  panoramico con panchine (chiamato Tor di Visione ). Proseguire per un sentierino sulla destra che porta in breve alla falesia Tor di Visione. Ora proseguire inizialmente in discesa per una traccia segnata con vernice rossa e raggiunto il punto dove la traccia sale in prossimità della parete seguire gli ometti verso destra in vista della linea di salita. In breve si giunge all’attacco (ore 1.10 circa)
Nota: è possibile munirsi di permesso in forma gratuita contattando anticipatamente il signor Marco Endrizzi cell  338 3974862 per raggiungere in auto Tor di Visione salendo per una forestale dal paese Masi di Vigo seguendo i cartelli segnavia del Cai per Tor di Visione. In breve all’attacco (20 minuti circa)
Attacco:  sotto la verticale dei tiri finali che seguono la colata di roccia nera a destra di uno strapiombo individuare una specie di piccolo diedro. Chiodo con cordone a pochi metri da terra.
Discesa: in leggera salita verso nord (libro di via) si raggiunge in breve il sentiero che, percorso in discesa, porta a Tor di Visione.
 

 

 

 

 

 

 

 

CIMA CORNELLA - Tor di Visione

“ Via del Nones “

3FRANC1F. Sartori impegnato sul grande tetto della Via del Nones (foto M. Bressanini)
 
 
Apritori: Sartori Franco - Marco Bressanini  Giugno 2017
Difficoltà: V/VI/A2              Sviluppo: metri 120                 Materiale:15 rinvii  2 staffe 1 corda 
Avvicinamento: fino alla falesia seguire le indicazioni di avvicinamento della via “Il Cielo di Mezzolombardo”
Attacco: attraversare tutta la Falesia fino all’ ultimo tiro e dopo pochi metri si trova alla base una clessidra con cordone  e in alto visibili i chiodi.
Discesa: uscire dalla parete e in pochi metri si giunge al sentiero Sat 516B che riporta a Tor di Visione
 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gruppo Roen Cime di Vigo

MONTE PONTAL
“ Via Ricordando il Ragno delle Dolomiti ”
 
 
Apritori: Sartori Franco in solitaria primavera 2021
Difficoltà: V/A1
Sviluppo:  metri  320                    Esposizione: Nord-Ovest 
Materiale: N.D.A. 1  corda e 2 staffe a testa  almeno 15/20  rinvii.
Avvicinamento: Come per le vie precedenti salire per circa 45 minuti fino ad un bivio ben evidenziato da grossi ometti e con le scritte in vernice rossa Cima Cornella a sinistra e Monte Pontal a destra. Salire per il Monte Pontal seguendo gli ometti e i bolli rossi, e salendo per un crinale roccioso si arriva nei pressi della parete (ore 1.15 circa)
Attacco: Giunti sotto la parete portarsi in prossimità di un canale di scarico, vicino ad un cespuglio. Visibile alla base un chiodo con cordone ed in alto le varie protezioni di progressione.
Discesa: Dall’uscita della via seguendo i vari bolli rossi e gli ometti si giunge in 20 minuti circa a delle saline per i caprioli. Seguirle in discesa arrivando in breve ad un prato per il quale, sempre in discesa, si giunge ad un cartello in legno che indica un sentiero chiamato Battan Marco. Percorrerlo giungendo in breve sul sentiero 516B che da Malga Bodrina scende a Tor di Visione e al parcheggio (ore 2 circa)  
N.B: Salita in ricordo del grande amico e grande alpinista Cesare Maestri chiamato proprio per le sue grandi doti di scalatore il Ragno delle Dolomiti.                                                      Per ricordarlo questa è sicuramente una parete che si addice alle sue salite preferite amante delle solitarie e delle linee molto esposte e a goccia d’acqua. 

 

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                               Le Dolomiti di Brenta dalla Via Ricordando il Ragno delle Dolomiti (foto F. Sartori)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lunedì, 29 Maggio 2023 21:14

Diventa ufficialmente socio onorario del CAI Pierluigi “Gino” Airoldi, ballabiese classe 1931, Accademico del CAI e socio storico del gruppo dei Ragni di Lecco.

All’età di 92 anni aggiunge al suo già ricco palmares anche il massimo riconoscimento del Club Alpino Italiano. Ricordiamo che Pierluigi è anche Cavaliere della Repubblica e membro del Club Haute Montagne.

Per decenni ha fatto parte della squadra del Soccorso Alpino di Lecco.

L’Assemblea dei Delegati, massimo organo del CAI, nella sua riunione del 20 maggio 2023 a Biella, ha voluto nominare “Luigino” “socio onorario” con la seguente motivazione:

“A Pier Luigi Airoldi massimo esempio di alpinista non professionista che ha portato con inesauribile curiosità esplorativa e gioiosa leggerezza gli ideali del Club Alpino Italiano sulle più remote montagne del pianeta, senza mai far venir meno la trasmissione della propria esperienza a generazioni di giovani alpinisti”.

airoldi 1Da sinistra Andrea Formagnana, presidente sezione di Biella, Mauro Penasa, presidente generale del CAAI, Luigino Airoldi, Alberto Pirovano, consigliere centrale CAI ed ex presidente del Ragni di Lecco, Domenico Chindamo, vice-presidente del Gruppo Centrale CAAI - Ph Lorenzo Camocardi

 

30 1970 Monte Hubbard non una passeggiata1970 Monte Hubbard non una passeggiata

 

 Difficile sintetizzare in poche righe i punti salienti di una vita avventurosa come quella di Airoldi.

Al di là dell’intensa attività sulle Alpi, con infinite ripetizioni e l’apertura di una cinquantina di vie nuove soprattutto negli anni ‘50/’60, la parte più interessante della vita alpinistica di Luigino sono le spedizioni extraeuropee. La prima a cui partecipa è la “Spedizione Città di Lecco” guidata da Riccardo Cassin e che porta alla prima salita della Parete Sud del Monte McKinley in Alaska nel 1961. Dopo questa, partecipa ad almeno una quarantina di spedizioni in giro per il mondo, di cui le più significative sono quella in Groenlandia nel ’66, quella in Alaska nel ’70, quella in Antartide nel ‘70/71, quella in Afganistan nel ’74 (Hindukush); altre lo hanno portato in Venezuela, Perù, Terra del Fuoco, Patagonia, Terra di Baffin, Asia e Africa.

E’ stato anche viaggiatore in deserti e terre remote, come l’Antartide, raggiunta con una barca a vela nel 1970 ed esplorata a lungo.

Il Club Alpino Accademico Italiano di complimenta con Luigino Airoldi, che va ad aggiungersi agli altri Accademici già insigniti del prestigioso riconoscimento di Socio Onorario del CAI.

A cura di A. Rampini

 

 

 

 

 

 

 5 1961 McKinley linfinito salto della cassin ridge1961 McKinley - l'infinito salto del Cassin ridge - Ph Arch Airoldi

 9 1961 McKinley da sx airoldi alippi e canali1961 McKinley da sx Airoldi, Alippi e Canali - Ph Arch Airoldi

38 1971 S.Giuseppe II in Antartide1971 S. Giuseppe II in Antartide - Ph Arch Airoldi

airoldi 5Un bel gruppo di ragni e accademici Matteo della Bordella, Luigino Airoldi e David Bacci - Ph Lorenzo Camocardi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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