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Club Alpino Accademico Italiano

IL CAAI VISTO DA SPIRO DALLA PORTA XIDIAS

Giovedì, 19 Maggio 2016 21:01

 

IL CAAI VISTO DA SPIRO DALLA PORTA XIDIAS

Il CAAI è l’elemento più importante del CAI
di Spiro Dalla Porta Xidias
Relazione al Convegno Nazionale del CAAI (Caprino Veronese, 11 ottobre 2014)

Da quando vado in montagna e vivo per la montagna, il momento più bello, e vi prego di notare che ho iniziato nel 1942, è stato quando sono diventato Accademico.

Per me l’Accademico è l’ideale dell’uomo che va in montagna quindi, contrariamente a quanto ha detto nell’introduzione il presidente del Gruppo Orientale del CAAI, con cui mi scuso, non mi piace il fatto che il mio amico Umberto Martini, presidente generale del CAI, sia andato da una altra parte e non sia venuto qui, perché ad un certo momento io credo che gli anziani come me trovino poco confacente la poca attenzione che il CAI sta riservando all’Accademico.

Sono stato a Grado per assistere e gioire della premiazione della cordata che ha vinto il premio Consiglio, ma il giorno successivo, durante l’Assemblea dei Delegati, non vi è stato alcun momento in cui si parlasse di alpinismo, solo problemi e questioni cartacee.

In un’altra riunione dissi che temo che al posto del CAI arriveremo al CBI (Club Burocratico Italiano).

CAAI convegno nazionale 2014 194

Spiro interviene al Convegno Nazionale CAAI di Caprino Veronese. Alla sua destra Del Zotto e Gogna (ph A. Rampini)

E’ ora che il Consiglio Generale del CAI rilegga l’articolo 1 dello statuto, che recita (NdR):

Art. 1 – Costituzione e finalità 1) Il Club alpino italiano (CAI), fondato in Torino nell’anno 1863 per iniziativa di Quintino Sella, libera associazione nazionale, ha per iscopo l’alpinismo in ogni sua manifestazione, la conoscenza e lo studio delle montagne, specialmente di quelle italiane, e la difesa del loro ambiente naturale.

Detto questo, per parlare della “libertà” nel mio intervento ho messo in primo piano conoscenza ed etica, perché per essere liberi, non a parole ma internamente, bisogna sapere, conoscere che cosa è l’uomo, chi è l’uomo.

Lo ha detto Platone, l’uomo è fatto di spirito e corpo. Questa nostra civiltà dà importanza solo al corpo, invece è lo spirito che conta e contemporaneamente in ogni uomo c’è un senso di innata elevazione.

L’ho sempre detto: in tutte le religioni e in tutte le tradizioni, la sede dell’aldilà (o il paradiso per chi è credente) si sono sempre collocati in cielo. L’uomo nasce con questo sentimento di elevazione.

Il bambino messo da solo in una prateria dove c’è un masso erratico non avrà pace fintanto che non l’avrà salito.

Allora parliamo di libertà, la parola è grande ma la libertà equivale, in questo mondo in cui si tende a rendere l’uomo simile ai robot, al senso che ognuno di noi trova andando in montagna, perché quando andiamo su di essa ci liberiamo assolutamente di quelli che sono i coinvolgimenti della vita normale.

Cominciamo non solo a guardare ma impariamo a vedere con occhio diverso la bellezza, ad ammirare la natura e valutare l’altezza del monte come un simbolo, non solo come una meta di arrampicata o escursionistica; ma è senso di libertà questa scelta che noi facciamo (che non è logica)? Quando arriviamo in cima a un monte viene da chiedersi “cosa abbiamo guadagnato?”.

Ovviamente niente di materiale, niente soldi se si esclude una piccola parte di professionisti sui quali si potrebbe dibattere se siano alpinisti o atleti.

Neanche fama, perché anche un calciatore, con rispetto parlando, della serie C è più importante di un grande alpinista.

Però con l’ascesa ti sei liberato, quindi hai avuto il senso di fare cose, che non esiste più in questo mondo: seguire un tuo ideale “gratuitamente”.

Parola magica che troviamo proprio nell’andare in montagna.

L’Accademico, oltre all’ascesa, cerca la difficoltà, l’esplorazione. Questa voglia conoscitiva è la cosa più bella, si è detto che l’esplorazione della terra è finita con i grandi navigatori del ‘400 e ‘500: ebbene NON E’ VERO (molto veemente, NdR), perché l’alpinismo ha sostituito l’orizzontale con la verticale.

Ha sostituito quindi una zona più breve e più piccola ma che direttamente punta a quell’alto che è nato con noi.

Libertà è la scelta di fare un’azione; malgrado tutto, anche andando per sentieri, affrontando rischi e pericoli gratuitamente, perché può cambiare il tempo, e già questo è sufficiente in montagna. Ma ognuno di noi la affronta per l’ideale, per la gratuità; in più l’Accademico la affronta scalando, affrontando rischi maggiori; avete sentito il ricordo di questi nostri fratelli che non sono più con noi, ero amico per esempio di Giancarlo Biasin (tono commosso, NdR).

 

CAAI convegno nazionale 2014 191

Questo sta a indicare una scelta etica. Tu segui un ideale e questa è la libertà che la civiltà attuale non ci dà.

Due anni fa il nostro Presidente Generale del CAI voleva convincerci che occorre eliminare il rischio perché la società non ammette più il pericolo: ma per me il “rischio” è poesia.

Se noi si andasse in montagna raggiungendo la sommità per una scala, ciò non avrebbe senso e valore, il senso è invece volere ridiventare liberi con la libertà di scelta, preferendo andare per la via più difficile, che però è la via che ci fa sentire noi stessi.

È stato detto che l’escursionista vede maggiormente la bellezza della natura mentre l’alpinistanon sempre può, perché la sua concentrazione è rivolta all’”innalzamento”.

Ma c’è una cosa che Voi tutti avete provato e cioè che quando si scala si fa parte della natura e della parete: si entra in lei. Si È la montagna! E sempre in essa si ritrova la parte più bella dell’essere umano che è stata troppo spesso dimenticata: la Libertà”.

Quindi oggi come oggi, io penso che l’Accademico rappresenti il senso che deve avere il CAI.

Se il CAI non condivide queste ideologie le dobbiamo rivendicare noi, con queste importantissime adunate, perché gli Accademici volenti o nolenti dicano che siamo QUELLI che, come Preuss era stato chiamato proprio così, “il cavaliere dell’ideale”, siamo quelli che hanno gli ideali, perché solo chi ha un ideale è veramente libero e oltre che scalatore è anche artista e poeta.

L’Accademico è l’elemento più importante che esista nel Club Alpino Italiano.

Spiro Dalla Porta Xidias è nato a Losanna il 21 febbraio 1917 e vive a Trieste.
E’ stato sceneggiatore e alpinista e ha scritto circa 40 libri dedicati alla montagna e ai suoi protagonisti.
Traduttore di molti dei libri classici dell’alpinismo, come le opere di Pierre Mazeaud, Lionel Terray, Anderl Heckmair, Kurt Diemberger, Tony Hiebeler e Helmut Dumler.
Ha vinto 5 premi internazionali di letteratura. E’ stato direttore editoriale di Alpinismo Triestino e ha collaborato molti anni con Il Piccolo, Il Messaggero Veneto, Il Gazzettino e altre testate di alpinismo.
Socio Accademico del Club Alpino Italiano, in montagna ha effettuato 107 vie nuove su monti in Italia, Grecia, Montenegro e Norvegia. Ha fondato la stazione di soccorso alpino a Trieste, Maniago e Pordenone.
Per meriti riconducibili al soccorso alpino ha ricevuto il conferimento dell’Ordine del Cardo. I suoi incarichi lo hanno visto Presidente dell’Accademico Orientale, Consigliere Centrale del CAI e, infine, attualmente, Presidente del Gism, Gruppo Italiano Scrittori di Montagna.

Si ringrazia banff.it per l’autorizzazione a riportare la relazione

 

 

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